Intervenuto ai microfoni di Radio CRC, l'ex arbitro Paolo Casarin analizza così diversi temi legati agli arbitri: "Il mio rapporto con i giocatori è sempre stato buono. Io credo che l’arbitro faccia parte della partita e ha il compito di capirla, contrariamente a quanto ci si raccomandava ai miei tempi sulla figura degli arbitri che doveva comandare la partita.
È un errore storico il lavoro che è stato fatto dalla FIFA agli inizi del novecento dove la parola d’ordine per un arbitro era “Io comando in campo”. Io sono esattamente il contrario. L’arbitro deve arbitrare con il dialogo e con fermezza, ma senza esagerare. Altrimenti si va a finire ad una figura piena di autoritarismo che il calcio non prevede.
Il calcio è un grandissimo gioco che si basa su una palla ed un gruppo di persone che se la passano e se la contendono. Il calcio è un gioco essenziale e anche sociale poiché ci sono l’unione, il gruppo e il contendersi il pallone, per finire la partita stringendosi le mani, compreso all’arbitro che talvolta sbaglia. Questa è la mia visione dopo tanti anni. Ormai ho 85 anni e sono più di sessant’anni che in qualche ruolo faccio parte del mondo del calcio e dell’arbitraggio che amo e capisco sempre di più con il passare del tempo.
Oggi c’è persino la numerosa presenza di giocatori non italiani che si integrano e giocano nel nostro calcio. È bellissimo vedere che ci sono squadre composte da giocatori che provengono da tutto il mondo. La mia è stata una vita avventurosa. Ho lavorato all’estero numerose volte e mi allenavo persino nei paesi dove ho arbitrato. Ho dormito persino in treno per tornare dal Brasile e allenare una partita tra Torino e Juventus. Ho persino arbitrato in 20 paesi in Africa, che conosco bene.
L’arbitro è stato messo in difficoltà dopo il mondiale in Italia. Addirittura nell’edizione della Coppa Italia del 1996-97 furono adottati due arbitri in campo, uno per ogni metà campo, per rispondere alle richieste della FIFA sull’esigenza del futuro del calcio e della TV che era più precisa, attenta e crudele di ora dove un arbitro non bastava. Due arbitri, però, dimostravano due arbitraggi completamente differenti e non potevano cooperare insieme.
È difficile omogeneizzare la figura dell’arbitro poiché ognuno di loro vuole essere differente a suo modo e non accetta le opinioni dei suoi colleghi e amici. Questa cosa è negativa e non si riesce a ridurre e a far scomparire per fare in modo che gli arbitri facciano gruppo e siano attenti alle disposizioni. Le regole sono facili, sono 17 ma in realtà sono due. Lo spirito del gioco pretende che non si debba giocare in modo tale da demolire e ferire l’avversario. Quindi, bisogna fare grande attenzione ai falli e alle scorrettezze dei giocatori e che non si rompa all’incolumità dell’avversario.
Le regole 11 e 12 sono quelle fondamentali. L’arbitro deve essere bravo a capire se impedisce ad entrambi i giocatori di giocare e che non si danneggiano a vicenda. Nella mia carriera ho vissuto un momento tragico con Antognoni e sono stato in tribunale per questo. Bisogna fare in modo che i giocatori giochino in maniera energica, senza danneggiarsi a vicenda. I rigorini non ci devono stare nelle competizioni. Non è possibile che la finale di un mondiale sia deciso da un rigorino. Nel calcio si è sempre chiamata alla massima punizione per un rigore dove l’episodio era chiaro, evidente e volontario, ovvero una cosa che non si poteva modificare alla base delle regole.
A partire dal 1950 fino al 1990 gli arbitri concedevano lo stesso numero di rigori in un campionato con lo stesso grado e tipo, ovvero con la percentuale di 0,25. Eravamo tutti uguali, concedevamo un rigore ogni quattro partite. Io voglio bene agli arbitri anche adesso, ma ogni tanto li prenderei a calci nel c…. Siamo passati da 120 a 187 rigori concessi in una stagione in pochi anni. Ci sono dei rigorini che fanno ridere. Sono dei regali!
Gli arbitri credono di aver raggiunto il top della loro capacità in poco tempo, ma arbitrare è difficile. La velocità del gioco è salita oggi rispetto a qualche anno fa quindi bisogna ancora impegnarsi. L’arbitro non raggiunge facilmente il top della sua qualità se non lavora continuamente senza entrare in collisione con gli altri e senza essere diverso.
Il VAR ha il compito di correggere e non di cancellare l’arbitro. A volte ho l'impressione che ci sia la voglia da parte del Var di prevaricare sull’arbitro di campo. L’arbitro sul terreno di gioco vede più di ogni televisione per quello che è in grado di vedere.
La televisione non è la regina di tutte le decisioni. L’arbitro di campo può cogliere l’intensità dell’intervento e la velocità con cui esso avviene. Di fronte ad un errore clamoroso che avviene in area di rigore, una volta che è accertato, deve essere corretto. Non vedo che in tutta Europa si interviene così tanto tra Var e arbitro, non si arbitra in maniera uniforme in tutta Europa. Ci deve essere uniformità tra gli stati europei. È inutile cambiare le regole, il calcio ha bisogno di correttivi ma non si deve stravolgere tutto. Ricordatevi che il calcio è un gioco forte, veloce e deciso che deve portare sù le emozioni delle persone presenti. Il calcio è sempre stata una cosa forte. Tu meriti di fare gol se superi l’avversario, mettetevi in testa questo".
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