Essere interisti non è per tutti. Non lo è mai stato. Non è una cosa facile, non è una passeggiata. Non è come tifare Juventus, con la certezza che prima o poi tornerai a vincere e con periodi di magra abbastanza circoscritti nel tempo. Non è come tifare Milan, dove sai che comunque vada troverai un motivo per gioire (il club più titolato al mondo o quello che vi pare). Non è nemmeno come tifare Roma, Napoli o Fiorentina, realtà più strettamente radicate sul territorio. Per tifare Inter serve una grande dose di stomaco e sopportazione. Ma quando arrivano, poi, le gioie sono davvero immense. Lontana ormai anni luce la sbornia del Triplete, l'Inter è tornata bruscamente sulla terra. Il 2013 è stato un anno da incubo e il 2014 sembra iniziato sotto auspici non molto diversi, addirittura peggiori. Tre partite giocate dall'epifania a oggi, un solo punto, un solo gol segnato, zero vittorie e ovviamente zero calci di rigore. 21 gare senza penalty a favore, appena due rigori in quasi 50 gare.
In questi giorni mi sono trovata spesso a discutere di questo argomento con dei compagni di tifo, ma non solo. Quando le cose vanno male c'è chi sente il bisogno di sfogarsi e chi invece preferisce chiudersi in se stesso, chi ostenta indifferenza e chi invece aumenta esponenzialmente il numero di post sui social network, cercando di spiegare e di spiegarsi i motivi di questo tracollo inspiegabile avuto da due mesi a questa parte. Quanto pesa realmente un episodio arbitrale nell'economia di una stagione? Fa bene chi sostiene che vadano sottolineate solo le carenze della squadra oppure è corretto soffermarsi anche sugli episodi arbitrali che da qualche tempo stanno compromettendo il rendimento della squadra? L'interista medio è 'strano' anche per questo. Per quanto per anni il refrain più diffuso sia stato quello che voleva gli interisti 'piangina' per natura, sempre pronti a giustificare i fallimenti della squadra con l'accanimento arbitrale, negli ultimi tempi io nel tifoso nerazzurro ho riscontrato proprio l'atteggiamento opposto. "La squadra gioca male, la rosa è scadente, non ci si può mica attaccare agli arbitri", la linea di pensiero che va per la maggiore nell'ultimo periodo. Una linea di pensiero con cui penso di poter essere d'accordo, ma solo a metà.
E' vero, i torti arbitrali presi da soli non bastano a giustificare una non vittoria. Ma gli arbitri, piaccia o meno, fanno parte del gioco. Se un calciatore sbaglia un gol fatto per tre partite di fila, l'allenatore lo relega in panchina preferendogli in compagno più in forma. Con gli arbitri questo accade molto, molto di rado. Esempio: Calvarese, dopo lo scempio in Udinese-Inter di Coppa Italia, è andato ad arbitrare Roma-Genoa, rendendosi anche lì protagonista di un episodio controverso come l'espulsione di Matuzalem. Analizzare l'operato arbitrale non vuol dire necessariamente vederci della malafede, semplicemente constatare come da qualche tempo gli episodi vadano sempre in unica direzione. Chiamatela sfortuna o come volete, ma l'arbitro non si può omettere dall'analisi a tutto tondo di una partita.
Non esiste una regola che vieti agli arbitri di fischiare calci di rigore una squadta che gioca male o che imponga agli stessi direttori di gara di annullare gol perfettamente regolari. Se il criterio di assegnazione di un penalty fosse l'apprezzamento del gioco espresso da parte dell'arbitro, tanto varrebbe abolirli. Detto fra noi, non è che in Italia ci siano molte squadre che praticano calcio champagne. La storia di questo campionato, ma non solo, è piena di squadre che nel momento più complicato hanno vinto partite grazie a episodi (attenzione, non sto parlando di favori o di episodi necessariamente dubbi). Perché le partite si vincono anche così. Anche perché, diciamocelo, il morale che ti dà una vittoria sofferta, magari fortunosa, non te lo dà un'altra vittoria.
Sarebbe bastato convalidare il gol regolare di Nagatomo o concedere uno qualsiasi dei rigori clamorosi negati nelle sfide precedenti e la classifica nerazzurra avrebbe assunto connotati decisamente differenti. Con 5-6 punti in più si sarebbe agganciata la Fiorentina e anche il Napoli sarebbe stato abbastanza vicino. Con conseguenze positive per l'entusiasmo e per l'ambiente. Così non è stato, la zona Champions a oggi è una chimera così come la possibilità di portare a Milano giocatori di spessore sfruttando l'appeal che solo la massima competizione europea sa dare. Insomma. dagli arbitraggi non si può prescindere quando si analizza una partita, senza che questo implichi necessariamente una malafede di fondo.
Autore: Alessandra Stefanelli / Twitter: @Alestefanelli87
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