Il derby è stato un forte campanello d'allarme, la Champions una conferma dolorosa: in quattro giorni l'Inter ha praticamente gettato al vento quanto realizzato da gennaio, tre mesi intensi di rimonta in campionato e in Europa, carichi di adrenalina ed entusiasmo. Merito di Leonardo, senza dubbio, oggi però tra gli imputati principali del processo mediatico che vede protagonista la squadra. Un 2-5 in casa contro un avversario non certo dal pedigree prestigioso, a un passo dalle semifinali, è sale sulla ferita procuratasi contro il Milan e che sarà dura rimarginare. Ma cosa succede all'Inter? Proviamo a capirci, se possibile, qualcosa.
LEZIONI DI TATTICA - I tre mesi ad alto livello e a mille all'ora prima o poi si sarebbero dovuti pagare con un calo. Destino vuole che ciò sia avvenuto in due partite fondamentali. Casualità? Forse, di certo la squadra nerazzurra si è trovata di fronte avversari ben organizzati che hanno saputo punire i limiti palesi che da tempo si trascina e che, grazie alle vittorie e al gioco offensivo, sono stati mascherati. A livello tattico Milan e Schalke 04 hanno inflitto una dura lezione a Leonardo e ai suoi giocatori, punendoli con le armi più adeguate: compattezza e copertura degli (enormi) spazi concessi dal centrocampo nerazzurro in giù. Neanche il ritorno al rombo è servito a dare maggiore sicurezza al reparto difensivo, che si è lasciato trascinare verso il basso nel momento meno opportuno. Archiviando la sconfitta nel derby, quella contro lo Schalke ha migliaia di motivazioni che, prese insieme, motivano la debacle di Champions.
ENIGMA THIAGO MOTTA - Restando in argomento tattica, va sottolineato che Leonardo sta continuando a insistere con Thiago Motta davanti alla difesa, un esperimento iniziato nella notte di Tim Cup a Napoli e che francamente si sta rivelando al momento fallimentare. Il tecnico vuole nella posizione di vertice basso del rombo un giocatore in grado di far ripartire l'azione, ma evidentemente l'azzurro non ha questa capacità. Meglio, ce l'ha, ma palesa enormi gap sotto altri punti di vista. Innanzitutto, non ha il passo per inseguire i contropiedisti avversari e per fare schermo davanti alla difesa. In secondo luogo, se attaccato va in difficoltà a causa di una rapidità non certo eccelsa. Con questo non si vuole sminuire il valore di Motta, splendido centrocampista se piazzato dove rende meglio, in posizione più avanzata e senza questa responsabilità difensiva troppo grande per le sue capacità (e poi viene di conseguenza 'beccato' dal pubblico). Neanche mettergli al fianco altri due centrocampisti è servito a dargli l'aiuto che gli serviva, inoltre la sua tendenza a 'offendere' lo porta sovente a lasciare vacante quella posizione, una manna per l'avversario di turno (la rete del 2-2 nasce da una sua palla persa al limite dell'area opposta, ndr). Leo sostiene che Cambiasso, con i suoi tempi di inserimento, sia più utile in posizione avanzata, ma se Mancini prima e Mourinho poi lo hanno piazzato davanti alla difesa un motivo ci deve pur essere. Inoltre, anche Motta ha doti offensive rilevanti, come ha dimostrato anche in Nazionale, quindi invertire le posizioni dei due non sarebbe una grossa perdita. D'ora in avanti, insistere sull'italo-brasiliano in quella zona del campo rappresenterebbe un classico esempio di testardaggine autodistruttiva.
FRAGILITA' E SQUILIBRIO - Sembra paradossale, ma la sconfitta contro lo Schalke è figlia di episodi. Basti pensare al gol del 2-2, arrivato in un momento in cui l'Inter gestiva bene il vantaggio, o all'inizio del secondo tempo, quando prima Milito, poi Eto'o, hanno avuto la palla del 3-2 e non sono riusciti a sfruttarla. Poi, però, è emersa la fragilità difensiva di una squadra che, quando attacca, non si cautela in caso di contropiede e lascia spazi assurdi per certi livelli. Zemaniani, verrebbe da aggiungere. Le reti di Raul e l'autogol di Ranocchia sono frutto di un mal posizionamento della retroguardia, bucata centralmente nel primo caso e in velocità nel secondo, con 7 undicesimi della squadra nerazzurra lontani dall'azione e abbandonati nell'altra metà campo. Se centrocampisti e attaccanti, anche a turno, non rientrano in difesa, l'equilibrio va a farsi benedire e la a difesa, già fragile per sua natura, va in confusione (non è un caso se Chivu viene espulso in entrambe le sconfitte). Con Mourinho questo non accadeva mai. Non è una coincidenza, dunque, se l'Inter prende caterve di gol pur avendo difensori di primo livello.
AGRUMI SPREMUTI - A parziale scusante dell'atteggiamento tattico troppo impavido di Leonardo va evidenziato il momento di calo fisico dei nerazzurri. L'allenatore lo ha rimarcato a fine partita: la rincorsa iniziata a gennaio, spinta dall'entusiasmo e dall'euforia del cambio di tecnico, ha richiesto un esborso energetico non indifferente, e guai a chi sostiene che l'Inter, con Benitez, si sia riposata. Recuperare dagli infortuni, infatti, richiede sforzi notevoli. Il progetto all'arrivo di Leonardo sulla panchina nerazzurra era chiaro: cercare di dare il massimo per recuperare punti in classifica. La squadra c'è riuscita, è arrivata a portata di sorpasso ma alla fine ha ceduto a livello psicofisico nel momento cruciale, pagando dazio anche in Europa. Se a questo si aggiungono le chiamate provenienti dalla Patria, che impediscono a Leonardo di preparare bene le partite e spremono i vari nazionali (se non addirittura li mettono k.o.) la frittata è ancora più grossa. La tenuta fisica, in certi frangenti, è fondamentale, e quando viene a mancare questa anche la mente dei giocatori si annebbia e perde lucidità. Una condizione che oggi sembra attanagliare i giocatori nerazzurri.
NO AL DISFATTISMO - In giro si parla di gente ormai al tramonto della carriera, di 'senatori' bolliti che andrebbero accantonati e di scarse motivazioni. Assurdo, considerando che solo pochi mesi fa questi giocatori trionfavano in ben tre competizioni. Nessuno diventa un brocco dall'oggi al domani, anche se l'età non è più verde. È un periodo di stanchezza, quello evidentemente meno adatto, a cui si aggiunge un'impostazione tattica poco in linea con lo status attuale dei giocatori (nascosta finora dalle vittorie) e un'evidente perdita di fiducia quando le cose iniziano a girare male. Solitamente, questa squadra ha sempre reagito alle difficoltà, ne è la riprova la vagonata di punti ottenuti in rimonta e nella ripresa. Ma oggi questa forza sembra aver abbandonato i campioni nerazzurri, traducendosi in scarsa concentrazione e paralisi al cospetto delle difficoltà. Inevitabile, poi, che le accuse vadano a colpire anche i singoli. Facile in questo momento lasciarsi andare al disfattismo, alla voglia di cambiare guida, alle richieste di rivoluzionare il gruppo eccetera eccetera. Ma non bisogna dimenticare che solo a dicembre scorso nessuno avrebbe mai ipotizzato di poterle giocare certe partite con legittime ambizioni di vincerle. È andata male, molto, ma la stagione va conclusa in modo dignitoso, cercando di arrivare più in alto possibile. Rimontare il Milan è difficile, recuperare lo Schalke 04 improbabile, ma non dimentichiamoci che c'è una Tim Cup ancora in palio e l'occasione di riconquistare quella fetta di tifosi demoralizzata, che oggi vede solo nero.
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