"Vedere una gara di Serie A oltreconfine è una via crucis senza meta". Lo ha detto a Radio 24 Andrea Agnelli, presidente della Juve e numero uno dell'Eca, in riferimento al poco appeal che il calcio nostrano vanta all'estero. Precisando però che il belpaese non è un fattore che frena i piani espansionistici dei top club: "Io non sono d'accordo sul tema che l'Italia sia un limite per Juve o Inter, anzi: dovessimo ricominciare ad avere un piano di sviluppo per il calcio italiano, il vero valore che si può liberare in Europa risiede qui da noi. C'è maggior potenziale di crescita, visto che la Liga è un mercato saturato avendo sfruttato il Barcellona; il modello tedesco ha limiti di distribuzione, mentre la Francia vive per un club (Psg ndr). Quindi, laddove ci sono passione e grandi marchi storici, serve una grande strategia. Ogni settimana c'è una partita esportabile globalmente".

A proposito di grandi partite, domenica sera, c'è quella con la p maiuscola. Il derby d'Italia, soprannome più che mai azzeccato in questo preciso momento storico: la Vecchia Signora e la Beneamata, infatti, si daranno battaglia a Torino, ma in uno stadio deserto che per gli effetti dell'allarme Coronavirus allargherà virtualmente la sua capienza da 40mila posti a una platea nazionale. Un big match che si giocherà per milioni di persone solo sul piccolo schermo, l'unico mezzo disponibile per gustarsi con gli occhi i 90' più importanti della stagione in chiave scudetto. A patto che si sia abbonati a Sky, visto che l'utopistica iniziativa di proporre Ronaldo vs Lukaku in chiaro è rimasta irrealizzata nel Paese in cui non si deroga alle leggi, in questo caso quella Melandri, solo se la causa è giusta. Il rimbalzo di responsabilità sull'infrangere per una domenica la regola che disciplina la commercializzazione dei diritti televisivi del calcio partorirà il solito nulla di fatto. Uno Juve-Inter 'not for everyone', per utilizzare il claim della stagione nerazzurra. Anche se questa volta l'esclusività di uno scontro diretto a porte chiuse non è un vanto, ma un danno di immagine per tutto il sistema calcio italiano: lo spettacolo più atteso del torneo, con tutti gli annessi e connessi ambientali nell'ospitare il grande ex Antonio Conte nella sua vecchia casa, si giocherà in un 'acquario' surreale. La potenza massima sprigionata dai due principali colossi italiani verrà neutralizzata da una causa di forza maggior, questa volta non dipendente da chi governa la Serie A. Senza voler mischiare impropriamente il tema vitale della salute e della sicurezza di un popolo di fronte al Covid-19 con quello meno impellente del valore del brand del massimo campionato italiano nel mondo, è comunque bene far notare come certe emergenze evidenzino i problemi che magari, in tempi di pace e tranquillità, vengono nascosti sotto il tappeto. Per esempio, che senso ha proporre Juve-Inter in contemporanea al Clasico Real Madrid-Barcellona, ovvero ciò che un appassionato di calcio non vorrebbe mai perdersi per nessuna ragione? La scelta, al netto dell'imprevedibilità dei sorteggi dei calendari e dagli impegni di coppa che congestionano le settimane dei top club, è quantomeno miope.

Sicuramente non la strategia vincente auspicata da Agnelli, che ha parlato di big match da esportazione a patto di confezionarli in un contesto strategico condiviso dall'intero sistema. Il Coronavirus è un'epidemia vera che si fa metafora anche per i padroni del calcio: lo sport più bello del mondo è il più popolare unicamente grazie al pubblico, senza il quale avrebbe poco senso. E' alla gente che si deve pensare prima di studiare qualsiasi decisione. Che sia irrimandabile come chiudere uno stadio per evitare il diffondersi di un virus o lungimirante per aprire le porte a un'audience più allargata che sia contagiata solo dallo spettacolo. "Bisogna capire che modello di calcio vogliamo, non nell'interesse di un solo club. Per evitare che i bambini di oggi fra 10-15 anni si disaffezionino, bisogna capire cosa attrae, cioè le grandi partite", le parole che guardano al futuro di Agnelli. E in questo momento di catastrofismi sparsi, il bisogno di pensare a un domani migliore è praticamente vitale. Nella vita di tutti i giorni, ma anche nel calcio. 

Sezione: Editoriale / Data: Gio 27 febbraio 2020 alle 00:00
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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