In una porzione di campionato giocato in un mese anomalo e a temperature anomale per il calcio, può succedere tutto e il contrario di tutto. Stai ancora maledendo i due punti in tre partite gettate al vento con Sassuolo, Bologna e Verona, poi ti giri un attimo e ti accorgi che l'Inter, dopo aver battuto il Torino, ha scavalcato la celebrata Atalanta (che ieri ha strapazzato il Brescia), raggiungendo la Lazio al secondo posto a -8 dalla Juventus capolista quando mancano sei giornate al termine del campionato. I numeri non dicono tutto, ma molto sulla competitività di una squadra. Questa Inter, quattro sconfitte in campionato come la Juve, ha il secondo attacco più prolifico insieme alla Lazio, dopo l'Atalanta, e la seconda difesa meno battuta con due reti incassate più della Juventus.
All'Inter segnano molto gli attaccanti, ma anche i centrocampisti e difensori. Non è un opinione degli ottimisti a prescindere, ma un fatto. L'Inter ha blindato la possibilità di giocare la prossima stagione in Champions League con molte giornate di anticipo rispetto alle ultime due stagioni terminate, per i tifosi, con il defibrillatore accanto. Bastano questi dati per smentire anche abbastanza agevolmente chi tenta di insinuare che, con Antonio Conte, non sia cambiato nulla rispetto ad altre gestioni tecniche. Insisto nel pensare che gli anti-Conte sempre e comunque, siano fortemente condizionati dall'antipatia per il personaggio che ha la colpa di essere stato prima capitano e poi allenatore di una squadra storicamente nemica, calcisticamente parlando.
Antonio Conte un grande difetto ce l'ha, è l'egocentrismo che lo porta a pensare che tutto gli sia dovuto solo perche in possesso di un curriculum dove le vittorie sono numerose e quasi sempre ottenuto al primo colpo. Ma il martellamento verso i suoi datori di lavoro rappresenta anche la sua forza, l'allenatore che riesce a farsi accontentare avrà sicuramente più successo di quello che non riesce a essere supportato dalla società.
“È normale che dopo alcune partite non vinte, si lasci andare in alcune sue dinamiche comunicative”, ha detto nel prepartita di Inter-Torino Giuseppe Marotta che conosce molto bene il soggetto. È vero che i due vengono da un altro mondo rispetto a usi e costumi dell'interismo duro e puro, ma questo vale anche per la proprietà, il mondo è cambiato e il calcio, piaccia o no, segue le trasformazioni. Bene per l'Inter, dunque, che due grandi professionisti che sanno come si vinca, abbiano scelto i colori nerazzurri per proseguire il percorso, affiancati al meglio da una proprietà solida come Suning.
Conte, dopo la vittoria con il Toro, ha esternato chiaramente il suo pensiero, dichiarando di sentire dal club l'apprezzamento per il lavoro che sta svolgendo, aggiungendo di essere anche disposto a prolungare il contratto triennale firmato nel giugno 2019. Nello stesso tempo, ha tenuto a precisare come non sia il tipo che rimanga in un posto a dispetto dei santi e di non voler rappresentare un peso per l'Inter. Conte, nonostante siano veri e genuini gli attestati di stima nei suoi confronti, probabilmente ha captato come all'interno della società ci possa essere qualcuno che, seppur in minoranza, inizi a mostrare segni di insofferenza verso un personaggio sicuramente di difficile gestione e ha lanciato la sfida: o con me per far tornare l'Inter alla vittoria o contro di me. La seconda opzione aumenterebbe automaticamente le possibilità di un divorzio anticipato.
A mio avviso un club che ha avuto la bravura di ingaggiare un tecnico del genere, difetti compresi, se lo deve tenere stretto, cercando di supportarlo al meglio in sede di mercato. La nota stonata al momento riguarda purtroppo quello che è stato un colpo di mercato dell'Inter a gennaio. Parliamo di Christian Eriksen che non sarà il profilo ideale per i meccanismi di gioco contiani, ma che potrebbe e dovrebbe comunque essere il giocatore ideale per migliorare qualitativamente la squadra e rappresentare il tasso di imprevedibilità ad una manovra che a gioco lungo non può avere come basi solo forza, corsa e aggressione.
Durante il lockdown Conte ha lavorato sul giocatore danese, ha modificato il sistema di gioco inserendo l'ex Tottenham dietro le punte. A parte qualche sprazzo, Eriksen non ha risposto presente. Si vede a occhio nudo come il danese sia talentuoso e abbia un rapporto privilegiato con il pallone, ma sembra mancare il fuoco dentro, la determinazione nel voler dimostrare di essere il top player che i tifosi dell'Inter aspettano da troppi anni. Eriksen sta facendo molta panchina perché Conte non guarda in faccia a nessuno e se non rendi, non basta il pedigreee a garantire una maglia da titolare.
Ma c'è tempo per riprendersi la scena, magari già da domani a Ferrara contro la Spal. Basta crederci.
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