"Venezia è una bella squadra, ma non ci pareggerei". Questo il labiale di Inzaghi, colto al minuto 73', il quale rivolgendosi al suo vice Farris comandava con l'ultimo filo di voce rimastogli gli ingressi in campo di Sanchez, Dumfries e Vidal. I tre subentrati sarebbero serviti a dare la scossa in attacco e a centrocampo, nella ricerca di un 2-1 che per l'ennesima e tormentata partita (siamo nel catalogo del genere 'Pazza Inter') stentava ad arrivare. Il fatto che lo stesso Vidal sia chiamato ad aumentare i giri della squadra la dice tutta sulla condizione in quel momento dell'Inter, forse meno lucida e brillante rispetto ad altre prestazioni, sicuramente stremata, come ammesso da Inzaghi, soprattutto mentalmente dall'ultimo tour de force, con le sfide di campionato contro Lazio e Atalanta, non proprio le ultime della classe, e quelle di Supercoppa contro la Juve e Coppa Italia contro l'Empoli, entrambe finite nei super-tempi supplementari. Sabato a San Siro, però, il cronometro dell'arbitro Marchetti si sarebbe dovuto fermare ben prima del 120'.

Meno d'accordo con i propositi del tecnico nerazzurro, la sorprendente squadra di Zanetti (Paolo rimasto a casa causa Covid e non Javier che seguiva con la solita apprensione in tribuna) parcheggiava sin da inizio match al posto del famoso bus una fila di gondole a protezione della propria area. Per gli ultimi tentativi d'assalto Inzaghi manda in gioco anche la carta Vecino in sostituzione dello stanco e già diffidato Brozovic: l'uruguaiano, per dirla con Spalletti, regala altri strappi che consentono all'Inter di aumentare il volume di uomini in zona gol. E alla fine, tra l'8 interista, Sanchez, Perisic e Vidal, la prende... Dzeko, il Cigno volante di Sarajevo che, in barba ai suoi 35 anni e 10 mesi, al 90' si ritrova ancora una riserva di energie per saltare più in alto di tutti, sovrastando nel derby aereo il milanista Caldara e mirando all'angolino alla destra di Lezzerini: è 2-1 (finalmente) e tutti vanno ad abbracciare il bosniaco, ma riavvolgiamo il nastro e ri-gustiamoci l'azione. Prima mi era sembrato di vedere un Maicon.

Olandese di Rotterdam e non brasiliano, al terzo assist in Serie A dopo Bologna all'andata e Udinese, il quinto stagionale se includiamo quello realizzato in Champions League contro lo Sheriff a San Siro e il più recente in Coppa Italia con l'Empoli, per una volta ci sarà concesso di soprannominarlo Denzel Maicon. Un azzardo? Certamente, dato che il cammino da fare, come lo stesso Dumfries concorda, è lungo e prevede full immersion di studi non solo per crescere nel ruolo imparando al meglio gli schemi di Inzaghi, ma anche per potersi destreggiare con le interviste in italiano (non ci accontentiamo delle foto dei libri di grammatica sui social). A proposito, il vero Maicon, che proprio come Dumfries iniziò la sua carriera all’Inter all'età di 25 anni, finì la sua prima stagione nerazzurra (2006-2007) raggiungendo quota 9 assist e 3 gol considerate tutte le competizioni. Insomma, per le reti messe a segno ci siamo già e anche il bottino degli assist a metà stagione segue la scia dell'ex 13 interista, che però straccia l'ex PSV nel numero delle Heineken stappate al termine di una vittoria.

Tornando all'ultimo duello contro il malcapitato Ullmann, la tecnica messa in mostra da Dumfries sembra una fedele imitazione del Colosso. Alla sgroppata con tre tocchi e finte in rapidità è seguito il cross prelibato verso il centro dell'area, un pallone morbido e calibrato a scavalcare il tentativo di chiusura in tackle del difensore austriaco e il raddoppio di Fiordilino. Non parliamo quindi solo di velocità e qualità nella giocata, ma anche e soprattutto della semplicità nel costruirla, la skill che distingue un esterno anche ottimo da una potenziale macchina sforna assist e gol. Dumfries è obbligato a volare basso, anche se, come da lui stesso dichiarato a fine match, "sono qui da tempo ed ormai so quello che devo fare in campo", discorso diverso per il Cigno volante Dzeko che può continuare a svettare fino al 90' dove gli altri non arrivano. Per i compagni, due settimane di riposo erano proprio ciò che ci voleva per recuperare le forze e la brillantezza prima del derby del 6 febbraio contro il Milan, inizio del nuovo tour de force che vedrà i nerazzurri affrontare di seguito anche Roma, Napoli, Liverpool e Sassuolo. Chiunque, guardando il calendario, avrebbe già il fiatone.

Sezione: Editoriale / Data: Lun 24 gennaio 2022 alle 00:01
Autore: Daniele Alfieri
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