"Al mio segnale, scatenate l'inferno". Parole di Massimo Dicimo Meridio (al secolo Russell Crowe), in una delle più celebri scende de 'Il Gladiatore', capolavoro di Ridley Scott. Oggi il segnale, per quanto ci riguarda, arriva da Pechino, ed è un messaggio che arriva dalla Commissione per le Riforme e lo Sviluppo del governo cinese. Non conoscendo il mandarino, riassumo: gli investimenti all'estero di aziende locali saranno sottoposte, anche nel 2018, a limitazioni e controlli. Che si tratti di entertainment, real estate o sport. Un documento pubblicato il 31 gennaio e arrivato quasi casualmente in Italia pochi giorni fa. Ma di timing e il percorso frega nulla, è sufficiente sfruttare queste indicazioni governative per riempire siti, trasmissioni tv e pagine di giornali e indicare l'Inter come vittima designata di restrizioni finanziarie. Con una proprietà cinese, in altre parole, sarà proprio la società nerazzurra a patire il giro di vite del Partito Comunista di Pechino. Niente soldi da Zhang Jindong e un'altra estate di mercato all'insegna della creatività e della povertà, con obbligo di cessioni per non rimanere immobili e guardare le altre che spendono e spandono. L'inferno, per il tifoso interista.

Doverosa premessa: sabato sera c'è una delicata trasferta a Marassi contro il Genoa, dove da anni l'Inter prende ceffoni. Però sembra che la questione più importante sia il mercato futuro. Peccato, perché come direbbe Piero Ausilio la squadra è ancora in linea con gli obiettivi e c'è da difendere il terzo-quarto posto che vale il piazzamento Champions. Un salto temporale alla prossima estate sarebbe giustificabile con l'Inter ottava e ormai out da qualsivoglia serio obiettivo. Ma di questi tempi altro non è che uno spreco gratuito di energie. Detto ciò, torniamo alle 'cattive novelle' dalla Cina. Il documento di cui sopra ha scatenato l'inferno ma anche la verve creativa degli organi di informazione, che già prospettano il decadimento delle ambizioni nerazzurre per il futuro. Niente soldi anche la prossima estate, rosa difficilmente migliorabile (perché non si potrà spendere, in questo caso) e navigazione ancora a vista. Che ci sia o meno da giocare la Champions League, poco importa. Un modo esemplare di cavalcare e rafforzare le paure e l'ignoranza di molti tifosi interisti, soprattutto quelli più pessimisti a riguardo. Ignoranti perché ignorano (cit.), non nel senso dispregiativo del termine.

Non mi sono mai laureato in economia, marketing o finanza. Con i numeri ho sempre avuto un rapporto conflittuale. Senza la guida de Il Sole 24 Ore, non saprei neanche dove iniziare a leggere un bilancio. Eppure, dal mio basso osservatorio, ascoltando chi la materia la mastica e non chi si improvvisa esperto contabile pur avendo un diploma al classico, credo di aver capito una semplice regola: a prescindere dal fatto che l'Inter riesca a chiudere il bilancio a zero entro il 30 giugno e ad anticipare l'uscita dal settlement agreement, in attesa di auspicate riforme sui paletti, non sarà possibile investire sul mercato, tra cartellini e stipendi, più di quanto l'azienda sia stata in grado di ricavare. In parole più semplici: anche volendo e potendoselo ampiamente permettere, zio Zhang non potrebbe staccare un assegno da 300 milioni per portare all'Inter fior di campioni la prossima estate, a meno che FC Internazionale non possa certificare ricavi ben più ricchi. Chi ancora pensa che si possa procedere come ai tempi dei patron vecchia maniera, per esempio Massimo Moratti, che spendeva per grandi giocatori lasciando il bilancio in rosso e poi ripianava di tasca sua, è completamente fuori strada. Non si può più fare. Oggi si spende solo se il bilancio dà il via libera.

Ed è proprio su questo che a Nanchino stanno lavorando: accrescere i ricavi. E da quanto ho percepito la strada è quella giusta, visto che l'Inter è tra i club che ha registrato l'impennata più significativa rispetto alla stagione precedente. A questo, più che alle notizie provenienti da Pechino, i tifosi interisti dovrebbero prestare maggiore attenzione. A questo devono fare affidamento per essere ottimisti in vista del futuro, ignorando gli allarmismi e il terrorismo mediatico che scattano al primo spiffero proveniente dall'Asia. Ammesso e non concesso che il Governo abbia messo le ganasce a Suning sul fronte Inter, ed è tutto da verificare perché non c'è nulla che lo confermi, il progetto in Italia prosegue come da strategia iniziale. Il club nerazzurro, grazie alle attività marketing in corso all'estero, sta crescendo in modo significativo sul fronte ricavi, condicio sine qua non per poter 'camminare con le proprie gambe', come spesso ripete il CEO Alessandro Antonello. Quello che avviene, in poche parole, anche nelle big d'Europa che si permettono di staccare assegni da 8 zeri, a distanza siderale oggi dalla realtà italiana.

Non ho la presunzione di sostenere che sia tutto rose e fiori, né di illudermi che i tempi per tornare a investire cifre esorbitanti per un campione siano brevi. Non so neanche se il controllo sugli investimenti all'estero possa influire su eventuali ricche sponsorizzazioni da imprese cinesi verso l'Inter, né se il progetto stadio, che sia un rinnovato Meazza o un impianto alternativo, possa subire dei ritardi in quest'ottica. Ma ho la certezza, in barba agli esponenti del #SuningOut, che la proprietà stia facendo tutto il necessario per valorizzare il proprio investimento a prescindere da slogan o presunto attaccamento alla maglia. Ed è una garanzia per il tifoso stesso, che all'Inter è legato da fili più emotivi e sentimentali. Spiace che nonostante una situazione facilmente leggibile anche da inesperti di marketing applicata allo sport la gente si faccia sviare da una campagna mediatica finalizzata alla ricerca testarda della polemica o dello scoop, il più delle volte anti-nerazzurra per scelta.

Sarebbe comunque cosa buona e giusta che dalla Cina arrivassero, al pari delle direttive sugli investimenti all'estero, anche indicazioni sul progetto finanziario avviato da Suning che possano zittire malpensanti e malfidenti. Evidentemente le dichiarazioni di Antonello non spostano gli equilibri, eppure lui conosce bene il polso della situazione e ha un notevole background nel settore finanziario-sportivo. Ma le sue parole, evidentemente, non aumentano i click, lo share o le tirature dei giornali. Alla fine, le vere limitazioni non arrivano da Pechino, ma riguardano l'informazione e si autoalimentano qui in Italia.

Sezione: Editoriale / Data: Ven 16 febbraio 2018 alle 00:00
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
vedi letture
Print