La madre di tutte le partite non avrà il contorno che merita. Juventus-Inter si giocherà a porte chiuse a causa di questo maledetto virus di cui abbiamo capito tutto o niente, ma che sta mettendo in ginocchio non solo la credibilità del campionato di calcio, bensì, cosa più grave, l'economia del nostro paese. L'Inter, dopo essere stata costretta a non scendere in campo contro la Sampdoria, ha già testato giovedì sera la triste realtà di giocare una partita di calcio senza il sostegno della gente, senza l'ingrediente principale del carrozzone, ossia il pubblico. Contro il Ludogorets la Beneamata ha svolto con serietà il compito assegnatole, già agevolato dalla vittoria per 2-0 in terra bulgara, vincendo anche nel silenzio irreale del Meazza, qualificandosi così senza patemi per gli ottavi di finale di Europa League dove troverà gli spagnoli del Getafe. Un avversario da non sottovalutare, quinto nella Liga, ha avuto il merito di sorprendere eliminando addirittura l'Ajax, semifinalista di Champions la scorsa stagione.

Ma l'Europa Legue, che l'Inter ha il dovere di tentare di vincere, ora può aspettare. Domani a Torino i nerazzurri sapranno se sia ancora lecito sognare in campionato o se bisognerà accontentarsi di lottare per una piazza alle spalle di chi vincerà a maggio lo scudetto. Ci si domanda in queste non certo piacevoli ore di vigilia se lo Stadium bianconero senza i suoi fedelissimi possa essere un vantaggio per l'Inter. La logica dice si, visto che da quando è stato costruito quell'impianto sulle macerie del “Delle Alpi”, la Juventus ha costruito proprio nel suo fortino gran parte delle fortune. Sappiamo anche che contro l'Inter l'ambiente sarebbe stato surriscaldato per quella che è stata, è, e rimarrà, una sfida che va al di la del semplice confronto calcistico e abbraccia mille e più motivazioni. Sappiamo anche che l'accoglienza riservata ad Antonio Conte avrebbe rappresentato una partita nella partita e che il giorno dopo intere pagine di giornali e servizi radiotelevisivi l'avrebbero raccontata.

Di contro l'Inter di Conte, per stessa ammissione del suo allenatore, per rendere al meglio ha bisogno di avere l'adrenalina a mille e l'ambiente ostile avrebbe caricato oltre misura i giocatori in maglia nerazzurra. Lo stadio vuoto racconterà invece un'altra partita, dove conterà moltissimo come i protagonisti in campo riusciranno a mantenere a livelli massimali, concentrazione e motivazioni. L'Inter è stata la prima squadra a battere la Juventus nel suo stadio. Era il 3 novembre 2012, l'allenatore si chiamava Andrea Stramaccioni. I bianconeri terminarono il primo tempo in vantaggio per 1-0, ma poi i nerazzurri si scatenarono nella ripresa vincendo per 3-1 con doppietta di Milito e sigillo finale di Palacio. Al fischio finale 40 mila persone ammutolite e l'Inter in massa a festeggiare sotto il settore ospiti in delirio. Si trattò di una grande gioia e di una forte emozione, quella vittoria sembrava potesse essere l'inizio di qualcosa di grande e invece si trattò di una cocente illusione.

Da quel giorno, allo Stadium l'Inter ha rimediato molte sconfitte e qualche pareggio, le decisioni arbitrali hanno spesso rappresentato un fattore a loro favore, ma quasi sempre si è avuta la sensazione di timore riverenziale verso un avversario che invece devi affrontare mostrando i denti e non l'occhio spento. La Juventus di Sarri ha indubbi problemi, la sconfitta di Lione lo ha confermato. Non c'è sintonia tra squadra e allenatore, probabilmente la scorsa estate si sono incontrati due dna irrimediabilmente diversi. Ma è pur sempre la Juventus prima in classifica, la Juventus zeppa di campioni, la Juventus che quando vede nerazzurro inizia ad agitarsi perché per loro questa partita rappresenta un grande motivo di rivalsa contro chi, a loro dire, ha causato il calvario chiamato calciopoli. Ecco perché, anche senza cori contro e nel silenzio irreale, l'Inter dovrà avere la voglia di dare tutto, proprio tutto di quello che ha in serbo, per ottenere il risultato che i tifosi nerazzurri sognano.

Sarà difficile, ma si può fare. Dobrebbe rientrare Samir Handanovic, per il resto deciderà uomini e modulo Antonio Conte, il grande ex che ora ha lo stemma del Biscione sul petto. E lo mostrerà fiero a Torino, anche se chi pregustava una notte di fischi e insulti, si dovrà accontentare di urlare davanti ad una Tv.

Sezione: Editoriale / Data: Sab 29 febbraio 2020 alle 00:00
Autore: Maurizio Pizzoferrato
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