Probabilmente nessuno fra dieci anni si ricorderà del risultato dell’Inter contro il Livorno. Non ce ne vogliano Mazzarri e i ragazzi ma il 9 novembre 2013 rimarrà la partita del ritorno in campo del Capitano. Vorrei soffermarmi sul gesto spontaneo di un uomo che si emoziona dopo 25 anni di carriera esattamente come fosse la prima volta. Non te l’aspetti da un ragazzo che torna in campo a 40 anni suonati a 7 mesi dalla rottura del tendine d’achille, e non torna come un giocatore preparato per fare la “passerella” davanti ai suoi tifosi ma per correre e saltare birilli esattamente come 7 mesi prima. Il secondo gol di Nagatomo nasce da una sua azione sulla fascia con tanto di protezione palla, dribbling e assist a Kovacic. Voglio fare un salto indietro a giugno, esattamente il 29. Il posto era lo stesso, stadio San Siro, il contesto completamente diverso. Concerto di Bon Jovi. Non storcete il naso davanti a questo confronto assolutamente personale ma serve per far capire fino in fondo il mio concetto di base. Stadio esaurito. Alla quarta canzone il Meazza sfodera la sua arma segreta, una coreografia incredibile che paralizza tutta la band. Bon Jovi si ferma, non riesce più a cantare, guarda ammirato lo stadio e le persone che lo stanno riempiendo, poi prova a ricominciare a cantare ma senza successo. All’improvviso il cantante del New Jersey lascia scivolare delle lacrime sul suo viso, piange, ci ha provato a trattenersi ma non ce l’ha fatta. In quella coreografia che ripercorreva tra stelle luminose e flash dei cellulari tutta la sua fantastica carriera c’era tutto l’affetto dei suoi fans, ma c’erano anche anni di sacrificio, di fatiche, di porte in faccia ripagate dall’amore della gente per quello che lui ha fatto e continua a fare. Incredibile vedere come una persona che gira il mondo, canta da 30 anni per 265 giorni l’anno davanti al pubblico di tutto il mondo possa ancora emozionarsi davanti a tutto ciò senza essere capace di fare diventare la cosa una routine. Questa è la differenza tra un uomo normale e un grande uomo, la capacità di vedere il bello anche nel semplice, di vedere la particolarità di un momento unico.

Ecco, per il capitano vale la stessa cosa. 40 anni, record su record di presenze e vittorie. Dopo un infortunio così sarebbe stato semplice e forse saggio dire basta, eppure eccolo li Javier a sudare e faticare anche per un solo momento, per un solo minuto ancora in campo. 7 mesi di fatica per assaporare il sapore salato ma gioioso di una lacrima per un applauso del suo pubblico. Minuto che diventerà molto più lungo dopo sabato e lacrime che dovranno aspettare ancora un po’ per scendere di nuovo dai suoi occhi. Grande Capitano!!

Sezione: Editoriale / Data: Gio 14 novembre 2013 alle 00:00
Autore: Filippo Tramontana / Twitter: @filotramo
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