Nessuna sorpresa, il tifoso nerazzurro sapeva già come sarebbe finita" si legge nell'atto conclusivo dello scorso editoriale di FcInterNews.it in riferimento al drammatico epilogo del discorso Mondiali per l'Italia di Roberto Mancini. Un discorso che per tanti versi ha spesso rimandato a quella Inter che tanto sta facendo bramare i nerazzurri nel recente periodo. Costruire, creare, sbagliare... e nel calcio è risaputo: gol sbagliato fa sempre rima con gol subito. Con la Macedonia l'Italia, come l'Inter, ha costruito, ha creato, ha sbagliato... e come da copione ha subito gol, al 92esimo. Due tiri in porta, un gol. È la dura legge del calcio, o per meglio dire una delle tante dure leggi del calcio, quella secondo la quale spesso e volentieri raccogli meno di quanto semini. Raro il contrario, e nelle rare volte in cui accade, è inevitabile che a rimanere nelle memorie è quasi sempre quando il raccolto risulta inferiore rispetto alla semina, mai il contrario. D'altronde nessuno, o quasi, sognerebbe mai di mettere in discussione l'Europeo portato a casa dall'Italia lo scorso luglio. Un'Italia fatta praticamente dagli stessi uomini che lo scorso giovedì hanno mancato l'appuntamento più atteso degli ultimi otto anni e ancor di più dopo la già clamorosa assenza al Mondiale di Russia del 2018, edizione nella quale gli azzurri furono i grandi assenti per via di quel maledetto Italia-Svezia del novembre 2017.
Lo 0-0 di San Siro aveva dato ragione all'1-0 della Friends Arena, regalando alla storia un verdetto amarissimo: per la prima volta l'Italia non si qualificavano al torneo di calcio più importante del mondo. Un terremoto dal magnitudo altissimo che lasciava presagire una scossa tanto forte da radere al suolo il sistema che faceva ben sperare in una rifondazione. Rifondazione che, mano a fatti e numeri, come si poteva sospettare non è mai realmente avvenuta e al contrario, ben mascherata da un susseguirsi di riforme che pian piano hanno finito per relegarla in un dimenticatoio. Mai più una Caporetto del calcio, mai più un Italia-Svezia, si era detto. Ma il mai fa presto a tramutarsi e dimenticare non equivale ad eliminare il problema e come ogni problema occultato piuttosto che risolto all'alba del Mondiale della rivalsa, velo di Maya spezzato ed eccolo il problema: tornato in superficie e più grande e spaventoso che mai. Eppure oggi, seppur indignati, demoralizzati, preoccupati e un tantino spaventati da una tale pochezza, rivangare e infierire risulterebbe persino banale: il verdetto del Barbera tant'è e non ammette rimedio. Non sul momento almeno. A giudicare dalle parole spese nelle ultime quarantotto ore infatti non sembrano esserci particolari mea culpa provenienti da palazzo e, come da marchio tipicamente made in Italy, il primo a finire sul banco degli imputati è (quasi esclusivamente) il tecnico.
Punto e a capo e come se non bastasse la pandemia, la crisi economica, le proposte di Super League e Mondiale ogni due anni, club che faticano all'inverosimile e chi ne ha più ne metta, la seconda grande tragedia del calcio italiano si è appena consumata nel più totale disincanto di molti al quale fa da contraltare una paurosa inconscienza circa gravità e peso della cosa. Un ancien régime che continua a persistere ad urti e bombardamenti da ogni dove che sembra godere di una corazza valida però solo a tenersi strette cariche e poltrone, senza mai riuscire a trovare una soluzione valida ad un decadimento che non può più essere mascherato. Una sorpresa che in questo caso coglie persino gli interisti, da sempre disillusi, che al contrario di quanto visto in campo lo scorso giovedì, in quella sorta di déjà-vu che per lunghi novantaquattro minuti ha rimandato a quella Inter che tanto fa disperare: a differenza di quanto accaduto in Nazionale, fortunatamente per i nerazzurri, il régime in auge ha goduto di una rifondazione che porta il nome di Beppe Marotta, condottiero dalle spalle larghe che dal suo arrivo ha portato in Viale della Liberazione solidità ed efficienza che gli italiani oggi invidiano persino al netto della parabola discendente in campionato degli ultimi tempi che lascia perplessi.
A tre giorni da quel maledetto triplice fischio che ha ri-catapultato una Nazione intera dall'alto delle stelle al più basso punto delle stalle, il quesito resta lo stesso di quella triste sera del Barbera: servirà quest’ultima ed ennesima umiliazione, arrivata all’indomani di un sorteggio di quarti di finale Champions orfano di italiane, a smuovere animi e poltrone? Probabilmente, ancora una volta no. E probabilmente ancora una volta, passate tristezza e rabbia che si acuiranno a novembre prossimo, torneremo a credere che il problema principale del calcio italiano sia riducibile esclusivamente a VAR o pirateria, dimenticandoci di questo 24 marzo '22, cause e conseguenze annesse. E allora sì, che oggi, in attesa dell'incontro con la Turchia, in programma per martedì prossimo e valevole come una sorta di muro del pianto degli esclusi, pensare a Juventus-Inter appare quasi una sorta di panacea.
Autore: Egle Patanè / Twitter: @eglevicious23
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