Come la prima volta, ancora una volta. Dopo qualche giorno di ritardo dettato evidentemente dalle circostanze sportive e non che hanno contraddistinto questa stagione, l’Inter ha finalmente varato la sua campagna abbonamenti per la stagione 2025-2026, la prima del dopo Simone Inzaghi. Lo ha fatto con un claim che ‘poteva andare meglio’, con nuove formule, nuove opportunità, anche nuove ‘clausole’ relative alle cessioni delle tessere e soprattutto con dei vincoli che coinvolgono gli abbonati al secondo anello verde, universalmente nota come Curva Nord. Quanto è successo nei mesi scorsi, con l’inchiesta Doppia Curva e tutte le conseguenze drastiche alle quali sia l’Inter sia il Milan hanno dovuto fare fronte, ha portato ad una nuova stretta, l’ennesima, ancora più perentoria, con la formulazione di un codice etico e mosse atte a sgretolare eventuali scorie del passato con secchi ‘niet’ ai cosiddetti ‘tifosi non graditi’.
Pugno di ferro, visto dalla prospettiva societaria, obbligato, dovuto e necessario, e sotto certi aspetti iniziativa anche importante per avvallare l’idea di allontanare qualunque alone di pericolo possa minacciare o inquinare l’ambiente dello stadio, provvedimenti che erano auspicabili anche prima. Ma della quale però ad oggi è difficile valutare quelle che saranno le conseguenze future in tema, ad esempio, di atmosfera; non volesse il cielo, tanto per dirne una, che sulla lunga distanza si arrivi ad avere un ambiente tale per cui vedere una partita a San Siro possa dare adito ai ‘pasionari’ dell’anti-demolizione del Meazza per avere una carta in più da aggiungere alle loro tesi, ovvero quella di salvaguardare il centenario impianto per farne una sorta di duplicato extra-large del Teatro alla Scala… Al di là delle battute, di scenari più o meno distopici, del romanticismo e di quant’altro, in attesa di capire le prime risposte da parte della tifoseria (le prime reazioni appaiono positive), ogni tifoso, abbonato allo stadio o alle pay-tv, pagante di biglietti alla bisogna o che si limita ad osservare la situazione a distanza, si pone inevitabilmente una domanda: che Inter vedrà la prossima stagione?
Inutile, quasi autolesionista, rimarcare come la squadra nerazzurra arrivi da un devastante finale di stagione. Su quanto accaduto in campo e soprattutto su quanto successo subito dopo il triplice fischio dell’ultima partita dopo la quale si pensava, pia illusione, di abbassare la saracinesca su una stagione dove al momento di fare l’euro non solo è mancato l’ultimo centesimo ma la colonna delle altre 99 monetine è implosa su sé stessa sparpagliandosi in ogni dove, sono stati versati fiumi, anzi, oceani di parole. Adesso si è alla fase della ricostruzione, dei rapporti interpersonali prima ancora che del gruppo chiamato ad affrontare la prossima annata. Giocoforza, per il momento tutto è affidato alle indiscrezioni quando non alle uscite social dei giocatori che rispondono ai compagni scambiandosi battute, e non è un caso che in questi giorni i protagonisti principali siano stati alcuni di quelli finiti un po’ nell’occhio del ciclone in queste giornate concitate successive alle parole di Lautaro Martinez e all’opinabile precisazione messa sul tavolo da Beppe Marotta in quel di Charlotte.
Tutto scorrerà in questi 13 giorni che precedono il raduno della squadra di Cristian Chivu, che il 26 luglio si ritroverà per iniziare una preparazione necessariamente rapida e anche un po’ raffazzonata, si spera col minor impatto possibile sui primi mesi. E vedremo quali saranno gli accadimenti in quel sabato che poi, alla fin fine, tanto lontano non è: per prima cosa, vedremo con quale spirito varcherà il cancello della Pinetina Hakan Calhanoglu, sicuramente il più al centro del mirino di critica e pubblico dopo tutto il rincorrersi di voci e dichiarazioni che lo hanno visto protagonista. La volontà dell’Inter è chiara: se arriva, allora non parte più, perché comunque il turco rappresenta uno dei perni di questa squadra. Ma la situazione forse è ancora lontana dal definirsi chiusa, perché comunque la frattura non sembra del tutto sanata e il rischio che possa crearsi un gioco ad alta speculazione resta minaccioso all’orizzonte.
Arriveranno anche i reduci dell’ultimo campionato, e saranno tanti perché nonostante la serie di delusioni inanellate la volontà è quella di mantenere pressoché inalterato il blocco del quale comunque la qualità rimane sostanzialmente inalterata, anche se tutti avranno un anno in più sulla carta d’identità e per tutti vanno valutate le scorie lasciate da un’annata… così. Poi, ci saranno i nuovi giocatori: quelli già messi sotto contratto, perché sì, al di là di battute e considerazioni fuori dal contesto, l’Inter i suoi investimenti li ha già fatti e anche mettendo sul tavolo svariati milioni. Come poi risponderanno sul campo si vedrà, certo è incredibile sentire che a stagione nemmeno iniziata Luis Henrique, arrivato e subito gettato nella mischia senza nemmeno avere il tempo di conoscere i meccanismi, venga etichettato già come bidone, dimenticando magari il fatto che Denzel Dumfries, che ora è un idolo della folla, partì a stento ed ebbe bisogno anche dell’abbraccio fraterno di Danilo D’Ambrosio ad Empoli per uscire dal bozzolo.
In attesa di capire se Petar Sucic confermerà le buone sensazioni fornite negli Stati Uniti e se Yoan Bonny ripagherà la fiducia di Cristian Chivu che già lo ha testato a Parma, adesso le attenzioni sono tutte sul nuovo innesto per la difesa. Il nome, in questo senso, è uno e uno solo: quello di Giovanni Leoni, il 18enne difensore esploso quest’anno proprio a Parma, dove ha impressionato tutti per grinta, determinazione e capacità. L’Inter lo adocchiò già l’anno scorso quando era alla Sampdoria, ma alla fine decise di cambiare rotta virando su Tomas Palacios: a conti fatti, una scelta incomprensibile, e ora che il prezzo di Leoni è inevitabilmente lievitato rispetto alla scorsa estate la polemica viene facile, ma del senno di poi, saggezza popolare recita, sono piene le fosse.
Piuttosto, è utile sottolineare come l’Inter, che deve necessariamente operare in uscita in primo luogo per liberare slot nell’organico e riequilibrare di conseguenza il costo rosa, per aprire le porte a Leoni pensi, secondo le ultime voci, a preparare il campo per l’avvicendamento con Francesco Acerbi. E questo è un segnale forte: perché Acerbi ha rappresentato in questi anni una colonna di tutto il sistema nerazzurro, ma in un’Inter che vuole in qualche modo accelerare il processo di rinnovamento in attesa di quel 2027 che si rivelerà data fatidica ad ogni livello, è innegabile che si guardi con attenzione a ciò che i giocatori possono dare. E la staffetta tra l’esperto Acerbi, che però potrebbe pagare un dazio ancora maggiore alla carta d’identità quest’anno, e un giovane talento come Leoni, uno che ha dimostrato comunque di reggere il peso del confronto con campioni di livello (aspettando, nel caso, il crash test Champions League), rappresenterebbe una vera e propria rivoluzione copernicana. In campo e nelle strategie.
L’Inter vuole Leoni? Assolutamente sì. L’affare alla fine si farà? Lo scopriremo solo vivendo, anche perché col Parma persiste una differenza tra domanda e offerta. Quello che è certo è che Leoni, romano di nascita ma padovano di totale adozione, e che nei giorni scorsi ha completato l’iter per il conseguimento della maturità, sul campo i suoi esami li ha già ampiamente superati. E anche se solamente 18enne, per lui non è lontano il momento di puntare ad una bella laurea sul campo. Per tracciare magari la strada verso un'Inter che rispecchi un po' il suo nome, con una N in meno...
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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