Quando ti abitui a uno stile di vita agiato, è difficile pensare di poter tornare a mangiare pane e cipolla. Dopo il Triplete del 2010, l'Inter ha vissuto stagioni anonime, basti pensare che per sei volte consecutive non ha disputato la Champions League, che proprio i nerazzurri hanno portato in Italia per l'ultima volta. E in campionato il sogno Scudetto iniziava a svanire già a novembre. Poi, nel 2016, con l'arrivo al timone del club dei cinesi di Suning, il vento è iniziato a cambiare. Con Luciano Spalletti si è tornati in Champions, con Antonio Conte si è tornati a vincere lo Scudetto dopo undici anni di nulla. E dal mercato sono iniziati ad arrivare giocatori vincenti, non mezze figure che con la gloriosa maglia nerazzurra centravano poco o niente. Non facciamo nomi solo per rispetto di chi, comunque, si è impegnato per la Beneamata senza avere le doti per farlo da vincente.

La bravura della dirigenza capeggiata da Marotta ha poi fatto scudo al crollo di Suning e alla necessità di vendere nel 2021, con lo Scudetto sul petto, due pezzi da novanta come Lukaku e Hakimi. Il signor Conte ha così salutato la compagnia ed è arrivato a Milano Simone Inzaghi. E con oggettive difficoltà economico-finanziarie, la sua Inter ha iniziato a competere e a vincere. Coppe Italia, Supercoppe, secondi posti, lo Scudetto della stella, due finali di Champions League. Tutto in quattro stagioni. Anche due Scudetti persi? Sì, ma a un punto dal vincitore. I competitor cambiavano, l'Inter al vertice è stata invece una costante, che ha abituato sin troppe bene chi ora, sui famigerati social, spara veleno senza un reale perché.

Dopo l'umiliante notte di Monaco di Baviera contro il Paris Saint-Germain (l'Inter era comunque in finale di Champions) è definitivamente finito un ciclo, come sempre succede nel calcio. Inzaghi si è fatto ammaliare in maniera discutibile dai petroldollari arabi e la dirigenza nerazzurra, dopo aver accarezzato la suggestione Fabregas, blindato però dall'ambizioso Como, ha scelto per una nuova vita Cristian Chivu, uno degli eroi di quel Triplete che rimane un unicum in Italia. Chivu, uno scudetto alla guida della Primavera nel 2022 e solo tredici panchine in serie A condite dalla salvezza del Parma, ha avuto subito l'incombenza di guidare la squadra, stremata fisicamente e mentalmente, in un Mondiale per Club che non poteva portare nessun vantaggio sportivo, ma solo finanziario. Negli Stati Uniti l'Inter ha disputato quattro partite, incassando trentatrè milioni di euro. Come si dice in gergo, sorridono le casse nerazzurre, sorride il fondo Oaktree. Non hanno sorriso, invece, i giocatori in campo, in primis il Capitano Lautaro Martinez che, dopo la sconfitta con il modesto Fluminense e la conseguente eliminazione agli ottavi dell'anomalo torneo, ha bombardato il quartier generale, per dirla alla Mao-Tse-Tung.

Lautaro, che sembra aver deciso di rimanere interista a vita, ha smentito deifinitivamente davanti ai microfoni delle tv interessate chi pensava che il gruppo nerazzurro fosse impermeabile a qualsiasi scossone. No, quell'unità di intenti che aveva portato la squadra a eliminare in Champions formazioni oggettivamente superiori come Bayern Monaco e Barcellona, si è sciolta come neve al sole. Frutto della batosta subita nella finale di Monaco o già dopo lo Scudetto perso e nella marcia di avvicinamento alla gara più importante della stagione, l' “io” ha iniziato a prevalere sul “noi”? La non prestazione, tanto per usare un eufemismo, contro il PSG, fa propendere per la seconda ipotesi.

Sotto accusa Hakan Calhanoglu e la sua presunta voglia di Galatasaray, ma sotto accusa anche altri che, evidenziando dolorini più o meno veritieri, hanno abbandonato i compagni in America per farsi immortalare in situazioni meno stressanti, come ad esempio una partita a padel. Insomma, sono iniziati a volare gli stracci. In altri tempi, questo avrebbe significato l'inizio della fine. Ma ora l'Inter ha raggiunto uno status, dovuto alla indubbia forza di molti suoi giocatori e alla autorevolezza della società, che può trasformare la resa dei conti in un nuovo propellente per ripartire con la mentalità vincente che ha contraddistinto le ultime sei stagioni. Servirà ringiovanire, è chiaro, ma le prime mosse di mercato con settanta milioni già spesi, sembrano far ben sperare in tal senso. Cambierà qualche interprete, ma non dovrà cambiare lo status quo di un club nato per competere, non per vivacchiare.

Sezione: Editoriale / Data: Sab 05 luglio 2025 alle 00:00
Autore: Maurizio Pizzoferrato
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