Dopo il classico appuntamento con Open VAR, che stavolta ha setacciato due giornate di campionato, si è tornati a parlare del calcio di rigore non assegnato all'Inter contro la Fiorentina al 54', per evidente e plateale trattenuta di Pietro Comuzzo al collo di Pio Esposito. Episodio che ha fatto e fa tutt'ora discutere, a maggior ragione dopo la pubblicazione del dialogo tra la sala VAR di Lissone, dove erano presenti Davide Ghersini e Daniele Chiffi e l'arbitro di campo, Simone Sozza. Vale la pena ricordare che, benché alla fine l'Inter vincerà 3-0, in quel momento si era ancora sullo 0-0 e poteva essere un episodio chiave.

Durante la trasmissione su DAZN, il designatore Gianluca Rocchi ha preso una posizione netta sulla questione, sottolineando il doppio errore della squadra arbitrale al Meazza. Sozza innanzitutto avrebbe dovuto vedere e assegnare il rigore in diretta. Perso questo passaggio, dalla sala VAR avrebbero dovuto, avvalendosi di immagini piuttosto chiare, convocarlo all'OFR per farsi un'idea più chiara, in particolare nel momento del loro dubbio. Invece non è successo nulla di tutto ciò e il dialogo tra le parti è piuttosto preoccupante, perché estrapola nei dettagli il modo in cui questo grave errore si è sviluppato. Si parte da quando il pallone termina in fallo laterale e ci si prende il tempo per valutare quanto accaduto:

VAR 1 (a Sozza): Aspetta un attimo, check in corso.

VAR 2 (a Sozza): Aspetta un attimo.

SOZZA (parla con i giocatori): "Vai via, vai via. Calma Dodò, oh!

VAR 1: Fammene vedere un'altra.

VAR 2: Inizio a darti questa.

VAR 1: Lo tiene.

VAR 2: Ti do anche la Goal Line, te la faccio vedere adesso. Ti faccio vedere anche la polecam rallentata.

VAR 1: Sì.

VAR 2: Vedi anche all'inizio da quando partivano, da quando prendevano il pallone.

VAR 1: Da qui? Allora qui non ho nulla. Vai avanti.

VAR 2: Aspetta un attimo Simo (Sozza, ndr).

SOZZA: Sì sì.

VAR 1: Ok, ok. Questo non è bandiera, su questo? Vai falla andare, falla andare. Qui non ho nulla.

VAR 2: Sì.

VAR 1: Cosa fa Esposito?

VAR 2: Ti faccio vedere cosa fa Esposito dall'inizio?

VAR 1: Vai, perfetto sì.

SOZZA (ai giocatori): Possibile fallo.

VAR 1: Cosa dici, è da check? Per me va bene così. Check completato, puoi giocare

SOZZA: Ok, perfetto. Grazie ragazzi.

Cosa emerge da questo scambio tra le parti? Che innanzitutto il primo pensiero di Ghersini e Chiffi è capire se Esposito commette qualche irregolarità. Come se la priorità fosse cercare il pelo nell'uovo per vanificare il fallo di Comuzzo sulla punta dell'Inter. A fronte dell'evidenza, però, in sala VAR i due responsabili si pongono giustamente il dubbio che possa essere necessario un check, ma poi con uno sguardo d'intesa (ipotizzabile, mancando ulteriori parole) decidono che va bene così. Un check frettoloso in cui emerge la perplessità sul contatto in area ma che non porta alla convocazione di Sozza al monitor, contro ogni protocollo. Perché non è stato fatto l'ultimo step? Da cosa dipende questa fretta di chiudere il check pur avendo il dubbio che ci sia un'irregolarità? Dubbio che è confermato dalla domanda di Ghersini a Chiffi: "Cosa dici, è da check?", quasi a non volersi prendere la responsabilità di una decisione netta e preferendo nascondersi dietro una non decisione. Quando sarebbe bastato, nel rispetto delle regole, affidare l'ultima parola all'arbitro di campo. Esattamente quello che non è accaduto anche a Napoli, in occasione del rigore per i padroni di casa in cui il direttore di gara si fida di quello che lui non ha visto ma che hanno visto i colleghi.

Qui si va oltre la valutazione di un episodio, qui si resta nel pieno tema del protocollo VAR che non viene rispettato e all'Inter è accaduto due volte nel giro di quattro giorni. Rocchi giustamente non può nascondersi davanti alle telecamere e deve biasimare pubblicamente i responsabili, ma la sensazione è che ci si limiti alle critiche solo dopo che il danno è stato commesso, senza provare preventivamente a evitare che ciò accada. Così però le polemiche sono destinate ad aumentare a vista d'occhio, perché una reprimenda o uno stop punitivo per gli arbitri che sbagliano non restituiscono punti alle squadre che li perdono così o credibilità al campionato. Il protocollo dovrebbe essere l'unica questione insindacabile nell'uso del VAR, demandando al buon senso di chi decide la valutazione degli episodi. Ma nei sopra citati casi è proprio il rispetto del protocollo che viene a mancare, perché se chi ha l'ultima parola non viene chiamato al monitor di fronte a episodi dubbi significa che c'è intenzione di decidere in altro modo. E i retropensieri affluiscono copiosi...

Sezione: Copertina / Data: Gio 06 novembre 2025 alle 14:34
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
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