“Il gol nella finale di Coppa America contro il Messico a Bogotà ce l'ho nel cuore. Ho sempre ammirato Bergomi come giocatore e poi anche come persona, arrivare all'Inter e indossare la sua numero 2 è stato un onore”. Parla così Ivan Ramiro Cordoba, intervistato oggi da SkySport24.
Come è stato arrivare dalla Colombia ed entrare a far parte dell'Inter?
"Entrare dentro l'Inter non si acquisisce immediatamente, bisogna capire bene la storia di questo club e ci riesci solo dopo un po' di anni. Ma i tifosi ti fanno capire subito qualcosa. Poi è importante il confronto con i compagni che sono lì già da un po', così come i personaggi storici della società a partire dai magazzinieri per finire magari a un presidente come Moratti. E sono queste cose che ti fanno sentire più attaccato alla maglia".
Su Mourinho.
"Mourinho è stato l'allenatore che ha potuto dare quella marcia in più di cui avevamo bisogno per raggiungere un obiettivo che cercavamo da tanto tempo. Con la sua intelligenza e la sua esperienza, ha saputo aggiustare alcune situazioni. Diceva sempre che i dettagli erano fondamentali per vincere la Champions League e così è stato: non lasciava nulla al caso. José difensivo? No, sapeva sia attaccare che difendere. Dico che era un grande stratega: durante la settimana, si lavorava per un obiettivo in ogni piccolo allenamento. E poi in partita te lo ritrovavi. Lui arrivava due-tre ore prima ad Appiano per preparare la seduta, preparando tutto nei minimi dettagli. La sua miglior qualità? La lettura della partita. Comprendere le fasi di un match e scegliere i giocatori adatti a quel momento. Poteva lasciare un giocatore in tribuna e poi metterlo in campo titolare nella semifinale di Champions".
Gli attaccanti più difficili da marcare in Italia?
"Con la maglia dell'Inter, direi Shevcenko. Ma Ronaldo il Fenomeno è stato il più forte di sempre, lo affrontavo in nazionale".
Su Messi all'Inter?
"Beh, fosse così... Sarebbe anche un messaggio di un'Inter che vorrebbe puntare al massimo. Andrebbe fatta quindi una lettura più generale, che non si fermerebbe al solo acquisto di Messi. Anche perché uno così, ovviamente, farebbe comodo a chiunque".
Il centrale difensivo più forte attualmente?
"Vado sul sicuro: dico Skriniar e poi De Vrij. Hanno dimostrato entrambi di essere da Inter. Godin ha fatto la storia ovunque, ma se devo sceglierne solo uno oggi direi Skriniar".
Com'era giocare contro Ibrahimovic?
"Molto difficile. Giocatore che faceva sentire il fisico, ma anche molto tecnico. Dovevi anticiparlo e non dare punti di riferimento: a uno come lui, gli basta pochissimo per farti male. Ti sposta con un braccio e non lo prendi più".
I derby in Argentina per chi ha vestito la maglia del San Lorenzo?
"Sono sentiti tantissimo. Atmosfere caldissime, con i tifosi che talvolta si danno appuntamento per scontrarsi. Sono partite molto molto particolari. E poi tutto si trasmette in campo. Ad esempio, a La Plata, uscendo dagli spogliatoi sei proprio attaccato ai tifosi che ti insultano ferocemente. Poi sta a ciascun giocatore saper incassare: io, per dire, mi caricavo".
Sul numero di maglia.
"Il 2 è sempre stato per me molto speciale, anche se da piccolo giocavo in attacco. A maggior ragione quando sono diventato difensore. In nazionale, la maglia era stata ritirata dopo la morte di Escobar e fu riconsegnata a me dopo due presenze. All'Inter, ho dovuto aspettare sei mesi per indossarla perché quando arrivai a gennaio ce l'aveva Panucci. Poi è stato lui a dirmi di chiederla ai magazzinieri quando sapeva che sarebbe andato via".
Qualche rimpianto per la carriera?
"Se proprio devo essere pignolo, rimpiango di non aver vinto la Supercoppa europea. Ma soprattutto, il grande rimpianto è stato quello di smettere e non poter giocare più in una squadra che amo come l'Inter".
La miglior partita in nerazzurro?
"Essendo difensore, penso a qualche gara in cui si fanno dei salvataggi. Era quello il mio compito. Ricordo in particolare una partita contro la Roma a San Siro, in cui ho salvato un gol fatto di Montella: non so bene come ho fatto, ma ho portato via tutto – pallone e Montella – e ho evitato la rete".
Cosa ne pensi di Bastoni?
"Non ricordo Materazzi da giovane, ma forse si potrebbe paragonare a lui anche per via di essere mancino".
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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