"Aggressività, verticalità, pressione. Sì, ci sono punti di contatto. Anche se ognuno dei due allenatori interpreta la pressione a modo proprio. Gasperini la applica a tutto campo, il suo “uomo su uomo” è un marchio di fabbrica riconosciuto che gli ha permesso di arrivare in alto con l’Atalanta e, adesso, con la Roma. Chivu viaggia in una direzione simile, ma meno esasperata, diciamo così: la pressione alta e la riaggressione permettono alla sua Inter di creare superiorità in attacco non appena recuperato il pallone, ma dietro la squadra rischia meno. La Roma invece accetta di esporsi ai pericoli, ma la solidità difensiva dei giallorossi li riduce al minimo. Più che nello stile di gioco, però, trovo che Gasp e Chivu siano simili sotto un altro punto di vista: la personalità. Entrambi sono capaci di entrare con grande facilità nella testa dei giocatori". Queste le considerazioni di Fabio Capello che sulla Gazzetta dello Sport ha anticipato i temi di Roma-Inter di sabato prossimo.

Su Chivu.
"Chivu, prima di diventare l’allenatore dell’Inter, aveva alle spalle l’esperienza con la Primavera nerazzurra e una manciata di panchine col Parma in Serie A, in molti consideravano la scelta dell’Inter una scommessa rischiosa ma non io. E sa perché? Perché certe qualità non hanno bisogno della gavetta. In questo senso mi rivedo in Chivu: anche io, prima di allenare il Milan, avevo lavorato solo nelle giovanili e mi ritrovai a guidare un gruppo di campioni che aveva vinto tutto".

E allora, come si fa a fare clic in un gruppo così?
"I concetti fondamentali sono due. Primo: cambiare tatticamente ci sta, perché è giusto che l’allenatore dia la sua impronta, a patto di non esagerare. Lo spogliatoio di una grande squadra va maneggiato con estrema cura, sensibilità e intelligenza tattica, e Chivu all’Inter lo sta facendo: ha ritoccato senza stravolgere, ha chiesto cose semplici perché a gente come Lautaro, Bastoni e Barella non puoi chiedere la luna all’improvviso. Seconda cosa: lavorare sulla testa dei giocatori e convincerli che quello dell’Inter non è un ciclo finito, che hanno tutti ancora molto da dare. Non a caso l’Inter oggi sembra rinata".

E i giocatori sono sempre più coinvolti.
"Ho letto le parole di Mkhitaryan sulla Gazzetta : “Scoprire la formazione a tre ore dal calcio di inizio non è qualcosa che deve piacere o non piacere, va accettato e basta”. Ecco, questo è l’esempio perfetto di un allenatore che dalla squadra ottiene le risposte giuste perché ha toccato i tasti giusti. Si chiama rispetto del lavoro, e mi pare che nell’Inter di Chivu questo non manchi. La sua Inter è in fase di espansione: più gioca e più migliora, adesso manca una vittoria in uno scontro diretto".

E Pio Esposito?
"Lui è un patrimonio nazionale e un tesoro che l’Inter deve tenersi stretto. Basta guardarlo giocare e il quadro è chiarissimo: vede il gioco, si muove a meraviglia, ha colpi da centravanti vero. Magari è ancora un po’ troppo altruista, ma ha tutto il tempo per migliorare. E se va così veloce... Sabato, a Roma, io lo schiererei titolare insieme a Lautaro".

Sarà anche Koné contro il club che aveva praticamente messo le mani su di lui.
"E avrebbe fatto benissimo: Koné è di un’altra categoria, se manca lui manca un bel pezzo di Roma".

Anche senza Koné, però, l’Inter in mezzo va di nuovo a tutta.
"Verissimo, ho rivisto i veri Barella e Calhanoglu. La stagione passata andavano piano, ora sono più tonici, più cattivi, Chivu li ha rigenerati. E Sucic è un bel colpo".

Sezione: Copertina / Data: Mar 14 ottobre 2025 alle 08:56 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
vedi letture
Print