“Pallone in acquaaa!”… non siamo a Venezia ma a Milano, al numero 115 di via Ripa Ticinese, prima casa dell’Inter. Allenamento o partita sospesi e via alle operazioni di recupero da parte di un socio pronto su una barca per catturare con una rete l’oggetto ludico nel Naviglio Grande, prima che galleggi fino alla Darsena. Si gioca su un campo “di patate”, raggiunto con il tram 19, con la segatura sulle aree, senza spogliatoi, ci si cambia e ci si lava a casa (o in cortile per i meno fortunati) e gli spettatori sono a bordo campo. Per tutto il 1908 i neonati nerazzurri disputano solo amichevoli con qualche, prevedibile, sconfitta. L’esordio ufficiale dell’Inter avviene all’Arena, l’anfiteatro voluto da Napoleone Bonaparte nel 1807, concessa in uso dal Comune per i mesi invernali, il 10 gennaio 1909, contro il Milan. Freddo cane, partita combattuta, polemiche arbitrali, poche decine di spettatori e vittoria ai più esperti rossoneri (2-3) ma qui si vince anche il primo scudetto della storia (1910). Un vuoto stanzone come spogliatoio, il prato, chiamato allora “pelouse”, è utilizzato anche per altre manifestazioni: concorsi di equitazione, esibizioni teatrali, il circo di Buffalo Bill, incontri di rugby, persino battaglie navali e gare di canottaggio dopo avervi fatto affluire l’acqua.
Serve un impianto e lo si trova in affitto (2.000 lire l’anno) alla periferia (allora) orientale della città fuori Porta Monforte in via Goldoni 61, vicino alla chiesa di Santa Croce, e sarà intitolato, nel ’28, al capitano-allenatore Virgilio Fossati morto nella Grande Guerra. Per i giocatori non è facile raggiungerlo, solo il difensore Francesco Casartelli abita a due passi, tanto che è soprannominato “el terzin de la giesa”. E’ inaugurato il giorno di Capodanno del 1913 con un’amichevole contro la Lazio vinta 3-1 e la stampa ricorda che “è la prima volta che una squadra di Roma è venuta ad incontrarsi con una consorella dell’alta Italia”. Gli spettatori si autotassano e pagano una lira per il prato, tre per le tribune in legno; tribune che crolleranno sotto il peso della folla, centinaia i feriti, il 15 giugno del 1930 prima di Ambrosiana – Genova 3-3, partita che porterà il terzo scudetto con la tripletta di Peppino Meazza.
I nerazzurri tornano all’Arena da campioni d’Italia e con il nuovo nome imposto dal fascismo, mentre il Milan dal settembre ’26, grazie al presidente Piero Pirelli, ha trovato casa a San Siro dopo aver girato per sette campi (nel derby d’inaugurazione l’Inter vince 6-3).
“Da piazza Duomo all’Arena andèmm a pée, per San Siro ghe voeur una vita!” è lo scherno dei bauscia ai cugini casciavit. Ma il calcio diventa fenomeno di massa, l’Arena con i suoi 15.000 posti e la gente arrampicata sugli alberi non basta più, il nuovo impianto è basilare per le partite di cartello. Col Bologna davanti a 40.000 spettatori (471.000 lire record d’incasso) il 2 giugno ‘40 arriva il 5° scudetto, otto giorni prima dell’entrata in guerra dell’Italia. Si proseguirà con l’alternanza tra i due stadi fino 1947 ma l’Inter lascerà definitivamente l’amato piccolo anfiteatro solo il 10 dicembre 1958, dopo il 7-0 contro il Lione in Coppa delle Fiere (…il freddo rende d’acciaio il campo e mette a rischio la digestione dei 4.000 spettatori!). San Siro passerà al Comune e vedrà la realizzazione del secondo anello (’55), dell’illuminazione per le notturne (’57), del tabellone elettronico (’67), delle poltroncine e della copertura (’90). Lì nasce la Grande Inter di Angelo Moratti e mago Herrera che conquisterà in serie campionati, rimonterà il Liverpool e batterà il Benfica sotto l’acqua in finale di Coppa dei Campioni (27 maggio 1965), trionferà in Coppa Intercontinentale. “A Giuseppe Meazza espresso dal suo cuore generoso il popolo di Milano intitola questo glorioso stadio più volte illuminato dalle sue gesta d’atleta”, il 2 marzo 1980 San Siro diventa ancor più nerazzurro. Seguiranno tante lacrime di gioia e alcune di dolore, dal gol scudetto di Mozzini alla Roma alla cavalcata dell’Inter dei record di Trapattoni, dalle finali di Coppa Uefa alla magica notte del 20 aprile 2010, quella di Inter – Barcellona 3-1, a martedì sera... Fin qui la storia.
Oggi per competere non basta il restyling del Meazza, c’è l’assoluto bisogno di uno stadio di proprietà il cui nome è già scritto lassù: il nome di un terzino goleador che portava la maglia numero 3 ed un giorno è diventato presidente.
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