Ha appena realizzato il gol del raddoppio nerazzurro: un colpo prepotente e arrogante, scagliato di destro -in avvitamento- e scaraventato verso la porta di Sorrentino così violentemente da rendere inutile il tentativo di deviazione del portiere, intervenuto di piede quando ormai l’attaccante era già conscio del gol. Dopo un gesto del genere, tanto sgraziato quanto efficace, Mauro Icardi sarebbe corso sotto le gradinate del “Meazza” portandosi le mani alle orecchie, incitando i festanti tifosi interisti ad urlare ancora di più. Perché c’è Maurito in campo e, se bisogna risolvere una partita in bilico, ci pensa lui. Eppure, dopo la rete contro il Palermo, niente. Testa bassa e trotterellata verso la propria metà campo, raccogliendo qua e là qualche abbraccio dei compagni. E dire che in occasione del gol di Guarin si era tuffato nel mucchio creatosi per festeggiare il colombiano, partecipando alla festa nerazzurra. No, non ha esultato. Ha voluto esprimere il proprio dissenso nei confronti di quella porzione di tifosi che l’hanno ricoperto d’insulti la scorsa settimana a Reggio Emilia, sugli spalti del “Mapei Stadium”. Oppure c’è chi sibilla che il broncio dopo la doppietta avesse come destinatario la società Inter, rea di non aver ancora trovato un accordo con il suo agente Abian Morano per il rinnovo del contratto. Due ipotesi, nessuna certezza. La verità è che Icardi, al netto di tredici gol in diciotto partite di Serie A, non si sente abbastanza valorizzato rispetto a quanto sta producendo sul campo. 

La realtà dei fatti fa da sponda alle tesi dell’attaccante argentino: il suo bottino di reti lo fa entrare di diritto nella top10 dei bomber europei, il più giovane di questa graduatoria (comandata da due alieni come Ronaldo e Messi, che hanno siglato rispettivamente 28 e 23 reti). Icardi ha una media gol spaventosa: un sigillo ogni 126 minuti, di poco inferiore a quella di Carlitos Tevez (uno ogni 123’ per il capocannoniere della Serie A) e di molto maggiore a quella di un altro attaccante top, Gonzalo Higuain (il Pipita segna un gol ogni 145 minuti). Ma è da evidenziare il fatto che pochi giocatori dell’epoca moderna possono vantare, a ventidue anni ancora da compiere, 32 gol in 75 partite di Serie A. Basti pensare che alla sua età, dei più importanti attaccanti italiani di sempre, nessuno aveva raggiunto il suo score. Inzaghi? Zero reti. Vieri? Anche lui zero. Alessandro Del Piero si ferma a 19, mentre il solo ad avvicinarsi alla media di Maurito è Francesco Totti (24). L’unico che potenzialmente avrebbe potuto fare meglio di Icardi è Mario Balotelli che, vestendo proprio la casacca nerazzurra, ha segnato 20 reti nelle prime tre stagioni in Serie A. Poi, a vent’anni, la partenza per la Premier League, dove ha racimolato altre 20 marcature in due stagioni e mezzo. Insomma, Maurito è un attaccante killer. Gioca d’istinto, è un animale d’area. Bazzicando l’area di rigore, fa suo ogni pallone. E’ famelico come solo un rapace degli ultimi sedici metri di campo può essere. Per certificare questo killer-instict, basta spulciare qualche statistica (tramite Inter-data) riguardante la partita contro il Palermo: prima di segnare il 2-0, ha toccato il pallone appena due volte. Per il raddoppio gli è bastato un tocco solo. Viaggia ad una media di un gol ogni sei tocchi di palla. Monstre. Per quanto riguarda il campionato dell’Inter, Icardi ha segnato il 40% delle reti nerazzurre: 13 su 33. Il secondo marcatore dei nerazzurri è Daniel Pablo Osvaldo, ormai prossimo a vestire la casacca del Boca Juniors. Il terzo classificato è Mateo Kovacic, che però non fa muovere la rete di una porta di Serie A da ormai due mesi: ultimo centro contro la Lazio. 

Stando ai meri numeri, Mauro Icardi dovrebbe essere un elemento inamovibile della formazione dell’Inter, amato dai tifosi e ritenuto dagli addetti ai lavori uno degli elementi fondanti della nuova Inter. Se non segna lui, chi riesce a farlo? Sta di fatto però che Maurito all’Inter non gode della stima che meriterebbe. Come mai accade questo? Per rispondere a questa domanda, bisogna spolverare un concetto che va oltre le semplici statistiche e l’aspetto quantitativo del calcio giocato. Vanno infatti presi in considerazione i cosiddetti intangibles, ovvero tutto quell’insieme di azioni e movimenti che giovano alla squadra, ma che non rientrano in alcun campo analitico. E’ quell’aspetto del gioco che fa di giocatori come Rodrigo Palacio elementi fondamentali, ritenuti inamovibili da tutti gli allenatori che ha avuto in nerazzurro. Tanto da chiedergli di giocare sul dolore, posticipando l’operazione di pulizia alla caviglia, preferendo averlo su una gamba sola piuttosto che farne a meno. Sotto questo aspetto, Icardi è totalmente da sgrezzare. I suoi movimenti per favorire l’inserimento dei compagni all’interno dell’area di rigore sono pressoché nulli, così come i giochi di sponda o gli assist (appena uno, questa stagione). Mauro gioca d’istinto e l’istinto gli dice di cercare la porta, sempre e comunque. Un animale d’area che staziona negli ultimi metri di campo e si allontana solo in casi estremi: se c’è da coprire in difesa quando la squadra si fa cogliere scoperta in caso di ripartenza improvvisa avversaria, o per raccogliere un pallone sul limitare dell’area, provando a sbattere anch’esso in rete (come contro il Bologna l’anno scorso). Icardi è una creatura che gioca da sola, quasi per se stessa. Talvolta sembra addirittura avulso dal gioco interista, come se stesse giocando una partita tutta sua. Egoista. Il suo ruolo è quello del killer solitario, del cowboy che arriva dal lontano West per risolvere la situazione. Non scende a patti con nessuno, né tantomeno cerca di facilitare il compito alla sua squadra. Tuttavia si sa che quando il pallone scotta (come a Marassi, sempre nella scorsa stagione, quando annichilì l’infervorato pubblico doriano a causa della vicenda Maxi Lopez con una doppietta) Icardi c’è. Volendo scomodare qualche paragone cinematografico, il numero nove è quanto di più simile esiste nel mondo del calcio italiano a quel Bluto di “Animal House”, interpretato magistralmente da John Belushi. Un ragazzo introverso, capace di qualsiasi cosa, che può sembrare a tratti  menefreghista (le ultime dichiarazioni rilasciate a Sportweek di certo non aiutano a discostarsi da questa opinione), ma che quando le cose si mettono male… Vanno a segno, sempre. Che si parli o meno di Pearl Harbor. Chiedetelo alla Juventus, la squadra che negli ultimi tre anni ha perso appena otto partite di Serie A: l’ha incrociata quattro volte e ha segnato cinque goal, di cui tre allo Juventus Stadium, tutti decisivi. When the going gets tough, Maurito get going. 

Il futuro, tuttavia, ad oggi è un’incognita. Il rinnovo contrattuale ancora latita, causando (come accennato poco sopra) il malcontento di Maurito. Gli screzi con i tifosi hanno inasprito ancor di più la situazione anche se ora, dopo un colloquio post-Palermo, la questione sembra definitivamente rientrata. Icardi tornerà ad esultare, ma la situazione legata al suo essere nerazzurro rimane ancora da definirsi. E, dal canto loro, all’estero tutti monitorano la situazione dell’ex giocatore della cantera del Barcellona: Liverpool, Chelsea, Manchester United e Tottenham ieri sera hanno inviato dei loro emissari a monitorare la crescita di Icardi, senza voler dimenticare l’Atletico Madrid del Cholo Simeone. E, sicuramente, chi era allo stadio non è rimasto deluso. Perché Icardi è un Gol-zilla. Quattro tiri in porta, due gol, un palo e una palla fuori. Il terminale perfetto di una squadra che sa creare gioco. Ed è proprio questo il problema: quanto è fondamentale Icardi nell’economia del gioco di Mancini? I numeri, dicono tantissimo. Le impressioni di chi guarda le partite dell’Inter non sono così d’accordo con le semplici statistiche. Così Icardi vive in un limbo: è l’unico che segna, ma anche uno dei primi imputati quando non si vince, venendo spesso ricoperto di critiche per la sua poca propositività all’interno del gioco. Mauro Icardi, oggi, è un uomo di ventun’anni con il 9 sulle spalle, 18 gol in 30 presenze e un ‘domani’ che sa di incertezza. Lui, come ama dire, se ne frega. Alza il colletto, guarda tutti negli occhi e gioca d’istinto. Cerca la rete, sempre. Uno come lui attira gli sponsor. E questo Thohir lo sa. E’ anche uno dei pochi giocatori dell’Inter ad avere un buon mercato. E anche questo è risaputo nei corridoi della sede di Corso Vittorio Emanuele II. Ausilio dice che, non dovesse arrivare la Champions League, qualcuno dovrà partire. Ad oggi, gli indizi portano a lui. Ma da qui a giugno tutto può essere. Anche che Icardi riesca a raggiungere quota venti goal. “Se arrivano i palloni…” abbozza lui. Come dargli torto? "Certo, se qualche volta ti degnassi di dare una mano a costruire la manovra saresti anche più utile", risponde chi cerca sempre e comunque di andare controcorrente. Ci sono momenti in cui Mauro Icardi è al centro dell’attenzione, elogiato da tutti, capace di risollevare l’Inter dal guado e issarla in una sola notte dal tredicesimo al nono posto. Ci sono momenti in cui Icardi si sente invece solo, con la sua maglia numero 9 sulle spalle e il bagaglio di aspettative che si porta dietro. Ma non ci sono mai momenti in cui Mauro Icardi smette di essere Mauro Icardi. E ricordate: quando il gioco si fa duro… 

Marco Lo Prato

Sezione: In Primo Piano / Data: Gio 12 febbraio 2015 alle 11:26
Autore: Redazione FcInterNews / Twitter: @FcInterNewsIt
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