Si intitola "Lautaro, El Toro de Bahia Blanca' il reportage giornalistico realizzato da Sky Sport per andare alla scoperta delle origini del capitano dell'Inter che si è appena laureata campione d'Italia. Mario Martinez, papà dell'attaccante, ha aperto le porte di casa sua, piena di cimeli del figlio, al giornalista Gianluigi Bagnulo: "Da piccolo lo chiamavano Maravilla, oppure Pelusita, in quanto figlio del Pelusa, che sarei io - le parole di Martinez senior -. Ai tempi del Racing la sua caratteristica era la potenza, da lì nacque il soprannome, poi anche per come festeggiava i gol incrociando le mani. Non ha sbagliato a decidere di fare il calciatore. La mamma è quella che ha sofferto di più il distacco, è un po' come se ti rubassero il figlio. Ricordo che andava a vedere la sua camera vuota, a volte metteva a tavola anche per lui sapendo che il piatto sarebbe rimasto vuoto. Fu molto difficile all'inizio, ma sapevamo che quello era il suo sogno ed era sul punto di realizzarlo. Ebbe un momento di fragilità in cui disse 'voglio tornare a casa' quando era al Racing. L'Inter? C'erano almeno dieci squadre interessate o che avevano fatto un'offerta. Ma noi siamo sempre stati tranquilli, ci siamo sempre confrontati come famiglia in questi momenti, ha sempre chiesto la nostra opinione. Poi arrivò la proposta concreta dell'Inter, non abbiamo dubitato neanche un momento. Non è per tutti essere capitan di una squadra top come l'Inter, ora lui ha la possibilità di comandare lo spogliatoio, fare discorsi pre-partita, caricare i compagni. Con la personalità che ha penso possa farlo, mi sento molto orgoglioso di lui e anche tranquillo perché nessuno gli ha regalato nulla per avere questo privilegio. La distanza fa sentire la sua mancanza, ora con i nipoti ancora di più. Li vediamo con le videochiamate tutti i giorni, ma capisci che ti stai perdendo qualcosa".
Prende la parola José Bilbao, ex presidente del Liniers: "Ha sempre avuto una luce speciale, quasi angelica. Se guardavi un allenamento, finivi sempre per ammirare lui". Poi è il turno di Carlos Quintero, ex allenatore del Liniers: "Aiutava a risolvere qualsiasi problema. nei derby mi diceva che non aveva problemi a vestire la maglia 10, e puntualmente faceva gol".
Il discorso riprende con le parole di Fabio Radaelli, scopritore di Lautaro, racconta da cosa fu colpito quando lo vide per la prima volta: "Lo vidi in uno dei tanti viaggi che facevamo in Argentina a caccia di giovani talenti, ciò che mi porta al Liniers è che lì sono sempre cresciuti grandi giocatori. Se mi trovavo in zona, andavo sempre lì. Il giorno in cui lo notavo si stava allenando con la selezione giovanile in un altro campo, fummo certi da subito che quel ragazzo, che catturò la nostra attenzione per diverse giocate, era quello che noi definivamo di 'Classe A'". Gli fa eco Diego Huerta, ex capo scout Racing: "Aveva un grande controllo di palla con cui si girava subito era incredibile. aveva una potenza incredibile in corsa nonostante non fosse altissimo".
La chiosa è affidata inevitabilmente a Diego Milito, colui che gli ha passato formalmente il testimone al Racing: "Rimarrà una foto molto bella di quel momento unico, ho ancora in testa quando lui fa i primi minuti in prima squadra proprio al mio posto. Non pensavo che avrebbe seguito le mie orme, andando all'Inter, nonostante credessi sarebbe diventato un campione. A distanza di anni lo ricordo con affetto. Ricordo che dopo ogni allenamento si fermava, guardava noi più grandi, chiedeva consigli. Gli voglio benissimo, abbiamo sempre avuto un grandissimo rapporto. Parlavamo non solo di calcio, di quello che un attaccante deve fare in campo, ma anche di come bisogna essere leader con l'esempio. Sono tutte cose che sta dimostrando ora. L'Inter? Non ho dovuto convincerlo ad andare all'Inter quando ero dirigente al Racing, il presidente stava cercando di chiudere il suo passaggio in Europa ma non riusciva a fare accordi con altri club. A quel punto, suggerii io l'Inter perché sapevo che Zanetti e, soprattutto, Ausilio lo seguivano. Non ho fatto tanto, ho chiamato Pupi chiedendogli se volessero ancora Lautaro, dopodiché ha chiamato Piero e hanno accelerato venendo in Argentina. Hanno fatto un grandissimo affare. Ora ci scambiamo messaggi quando sono a Milano, ma lo lascio tranquillo perché so che ha una famiglia. Cerco di stargli vicino nei momenti di difficoltà come attaccante, quando magari non segna per 2-3 partite: un messaggino di appoggio so che può aiutare. Da argentino, sono molto fiero di lui".
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