Tifo spaccato in casa Inter, e stavolta è vero. Non li abbiamo contati uno per uno, ma la sensazione tangibile ci restituisce una realtà evidente: da una parte ci sono gli interisti felici di vedere Antonio Conte sulla panchina nerazzurra e dall'altra altrettanti interisti per nulla contenti di un ex juventino al comando della loro squadra. Un sentimento, quest'ultimo, acuito dal benservito dato dalla società a Luciano Spalletti, che alla fine della fiera si è saputo calare nell'interismo e ha centrato la Champions per il secondo anno di fila. Tutt'altro che banale.
Qualche editoriale fa, mi ero permesso di parlare in prima persona, senza rispettare la prima regola di ogni buon editorialista: non parlare mai in prima persona. Adesso tocca ripetersi, anche per rispondere proprio a me stesso. Era il 16 aprile quando evidenziavo il mio secco "no" a Conte, sostanzialmente per due motivi: tecnico e ambientale. Tecnico non perché Conte fosse uno sprovveduto – tutt'altro –, ma perché la sua idea di calcio è parecchio diversa da quella di Spalletti, e quindi si tratta di ripartire quasi da zero a livello di concetti. Ambientale per le ovvie origini bianconere, perché Conte non ha solo allenato la Juventus, ma ne è stato anche capitano da giocatore e grande alfiere nel corso degli anni, senza lesinare uscite pubbliche non propriamente simpatiche su argomenti quali il 5 maggio 2002 e Calciopoli.
Ebbene, ammetto di essere stato avventato. Innegabile un condizionamento dovuto alla grande stima nutrita per Spalletti. E non cambia l'idea secondo la quale il tecnico toscano avrebbe meritato di giocarsi un altro anno di Inter con un mercato svincolato dai legacci del settlement agreement, con una rosa di maggior qualità e senza limitazioni alla lista Uefa. Però faccio un passo indietro e dico che la precipitazione nei giudizi spesso conduce a sbagliare. E che le scelte vanno prese sempre a mente fredda, tenendo presente l'obiettivo finale. L'obiettivo finale dell'Inter è quello di vincere, poche storie. Evidentemente, la società ha un visione più dettagliata di tutte le dinamiche interne. E, altrettanto evidentemente, si è considerato terminato il ciclo di Spalletti: troppe frizioni, troppi pregressi per ripartire con brillantezza e slancio. E si è deciso di voltare pagina. Un po' la stessa ricetta utilizzata quando si sostituì Zaccheroni con Mancini e quando poi si passò dallo stesso Mancini a Mourinho. Scelte che lì per lì sembravano crudeli, ma che poi si rivelarono azzeccatissime. C'è chi teme la juventinizzazione dell'Inter. Un processo che però dovrebbe avvenire solo per due persone, seppur importanti, come un amministratore delegato e un allenatore? Non scherziamo. Al limite, ci sarà un'interizzazione di Marotta e Conte, e non il contrario. Un qualcosa di già visto con attori diversi. È storia, non ci inventiamo nulla.
Adesso la lancetta pende dalla parte di Conte. E non perché fa comodo così, ma perché stanno venendo a galla dei motivi più che validi. Si nota un grande feeling tra l'allenatore salentino e la società, dal presidente Zhang a tutto il resto della dirigenza. Un'unità d'intenti che forse si era perduta con Spalletti. Per non parlare della squadra: già si pregusta la ghiotta occasione non solo di portare top-player a Milano, ma anche quella di rilanciare e riportare al massimo livello alcuni elementi già in organico e ultimamente un po' appannati. Insomma, tutta una serie di indizi che depongono a favore dell'approdo di Conte. Non ultimo l'approccio dell'ex c.t. azzurro a livello mediatico: parole subito chiare, nette, che non lasciano spazio a incomprensioni. E il fatto che la tifoseria juventina adesso lo consideri un nemico non è altro che un assist gigante per il mondo interista, che avrà un motivo in più per cercare di dimenticare il passato e guardare solo al presente (e al futuro). Conte, visto sotto un'altra luce, sembra davvero l'uomo in grado di rilanciare l'Inter e dare la svolta attesa da anni. Mai essere avventati: lezione sempre valida e da custodire. Brava la società ad anticipare i tempi e a intercettare correttamente le esigenze.
Ora non resta che aspettare il commento di Pavel Nedved che magari, dopo Marotta, vorrà bollare anche Conte come "non juventino". Sarebbe perfetto.
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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