Interismo o professionalità? E' questo il dilemma. La ghigliottina della Nord ha scelto le sue prime vittime: il nome è lo stesso, Marco. I ruoli ampiamente differenti. Branca e Fassone, due personalità diverse. Legati da una rottura condivisa: quella con la Curva, la voce più autoritaria del tifo nerazzurro. Una contraddizione vera e propria, su cui si regge - alla base - una grandissima insoddisfazione nel vedere l'assenza dei risultati. Tutto nacque la notte del 9 marzo: si festeggiavano i 105 anni dell'Inter, nella trattoria La Madonnina di Milano. Un Moratti vulcanico, strigliò squadra e dirigenti con parole forti visti gli ultimi risultati deludenti. E così, innescato da un tifoso, fece eco alla richiesta di "società più interista". Una richiesta travisata e mai ripresa dallo stesso presidente. Nonostante tutto però, quell'espressione ha toccato un nervo scoperto in casa Inter. Ha rispolverato il fantasma di Lele Oriali, resuscitando la necessità di avere qualcuno (chiaramente interista) pronto a metterci la faccia in determinate occasioni. "Società interista", parole come musica. Un po' come quando ascolti alla radio quella canzone che ti legava alla tua storica ex: una mancanza, un vuoto dentro, che in casa Inter ha un nome e un cognome, Josè Mourinho.
E così, "con tutto il rispetto per Paolo Bonolis", si finisce per fare la caccia alle streghe. Primo nome della lista: Marco Fassone, il direttore generale. Per lui, un passato che ha il sapore di "peccato originale". Juve, Napoli e poi finalmente Inter. Moratti lo ha chiamato per rilanciare il marchio in chiave commerciale. Nuovo stadio, sponsorizzazioni e relazioni internazionali. E' arrivato a luglio: l'Inter aveva già ben avviato l'operazione con la China Railway Construction Corporation per la costruzione di un nuovo impianto di proprietà. A Marco Fassone è toccato soltanto sigillare l'accordo, convincendo la nota azienda e i suoi soci a puntare forte sull'Inter. Ma la burocrazia cinese si è messa di traverso nell'operazione, impedendo a contratti firmati, una seconda fase (quella di azione). E già qui l'insoddisfazione della piazza, che comincia ad associare il nome di Fassone a uno dei maggiori flop nel binomio calcio-economia degli ultimi anni. Fassone non demorde, continua a lavorare a testa bassa: non tralascia la vicenda (c'è nero su bianco sui contatti, si sta lavorando su un'alternativa alla penale, una sponsorizzazione?) e continua a incontrare altre figure (come la Mabetex) perché la costruzione dello stadio, come lui stesso ha confermato "è all'ordine del giorno". Tanto lavoro, tra tante difficoltà. L'Inter non è una società facile, Marco Fassone - pur non catturando in maniera unanime simpatie nel cda - si distingue per la sua grande professionalità. Ma poi quell'Inter-Roma, quello striscione, quella maglia. Una foto scattata in un momento di giubilo nell'ambiente bianconero, fatta uscire da un personaggio poco raccomandabile, una scritta a cui aveva fatto poco attenzione. Ma come ha detto lo stesso Conte, come insegna il leggendario Mourinho, la tua squadra del cuore è quella in cui militi. Un gesto di leggerezza, fatto anche per catturare le simpatie di una città non sua. Un po' come quando salti al coro "chi non salta è rossonero" dopo una vittoria in finale di Champions League e ti chiami Mario Balotelli. Paragone azzardato, che nasconde forse qualche verità.
Ma siamo sicuri che la parola "interista" faccia rima con la parola "progetto"? Fatemi capire. L'Inter è sempre stata accusata di essere una squadra gestita dall'umore e dalle idee del suo tifoso numero uno, il suo presidente. Scelte di rabbia (le tante rivoluzioni) e scelte senza raziocinio (bidoni acquistati a prezzi esorbitanti). L'ultimo in ordine di tempo a finire in braccio al boia, è stato Marco Branca. Lui non ama i microfoni e le telecamere, ma è un interista vero. Gli chiedono se esista uno straccio di bozza per il progetto Inter, ma dimenticano che da quando è responsabile dell'area tecnica - esattamente dal 2003 - qualcuno in corso Vittorio Emanuele ha dovuto ampliare la propria bacheca per eccesso di trofei. Tante le operazioni valide, tante quelle sbagliate. Ma non può essere capro espiatorio di una curva intera, non lo merita. Il problema dell'Inter è alla base: Moratti è solo, non riesce più a parare le mille pressioni che arrivano dal mondo Inter. Ecco perché si sta cercando in maniera forsennata un nuovo socio. Un eventuale ingresso nelle quote azionarie aggiungerebbe serietà e rigore a una società fin troppo sezionata in ruoli e responsabilità. Marco Fassone ci sta lavorando e sta avendo diversi incontri. Entro l'inizio dell'estate dovrebbe incominciare a muoversi qualcosa di concreto: due le strade, una russa e una mediorientale (si parla di una quota che oscilla tra il 10% e il 15%). Ma permane un grande ottimismo, quello stesso ottimismo che tiene apparentemente salde le poltrone più traballanti. Apparentemente, perché Moratti strizza l'occhio altrove e con ricorrenza lo fa in direzione Parigi. Occhi puntati su Leonardo per una svolta epocale. Perché cambierebbero molte cose, si rischierebbero di perdere diversi pezzi. Eppure il passato di Leonardo, lo conosciamo tutti. Professionalità o interismo? Tifosi, le due cose vanno di pari passo.
Autore: Mario Garau / Twitter: @MarioGarau
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