Una vagonata di polemiche, voci di corridoio, insiding gratuito, spifferi dall'interno e dopo ieri sera l'Inter si ritrova al secondo posto. Alla fine è bastato tornare in campo per spazzare via giri di parole e polemiche fuorvianti e forzate, tipiche del rapporto tra Inter e media italiani. Una classifica momentanea, certo, ma che oggi è ben più gradevole all'apparenza rispetto a quella del giorno prima. Primo tempo classicamente sottotono, poi la reazione caparbia in avvio di ripresa, come accaduto a Verona. E, udite udite, la capacità di non attendere speranzosi il corso degli eventi, ma di allungare nel punteggio per coprirsi le spalle da un tramonto di gara in affanno. Vittoria che restituisce il sorriso all'ambiente e ai tifosi, ma che non può cambiare la percezione di quanto sta avvenendo sui campi italiani e che inevitabilmente ha pesato anche sui risultati dei nerazzurri dopo la pausa obbligatoria.
È lapalissiano come la stagione dell'Inter sia finita da tempo, forse dal pareggio contro il Sassuolo che ha messo definitivamente fine a ogni residua speranza di centrare il bersaglio grosso. Secondo, terzo o quarto posto evidentemente non conta nulla, basti pensare che lo stesso Marotta nel pre-partita ha sottolineato un concetto semplice quanto illuminante: i nerazzurri hanno dovuto riprendere a giocare, non voluto. A volerlo erano altri che ora devono leccarsi le ferite. E se dalla dirigenza all'ultimo dei magazzinieri non c'era più alcuno stimolo a riprendere dopo il lockdown, come pretendere risultati e prestazioni? Certo, sono professionisti e devono dare sempre il massimo. Ma qui non si tratta di calcio, è tutto un altro sport. E lo confermano risultati anomali, partite in cui i valori reali vengono ribaltati e i risultati sorridono a chi corre di più (l'Atalanta che domina a Torino, per esempio). La conseguenza è una classifica stravolta e per nulla realistica, ma che serve per mettere un punto a questo torneo. Oggi è piacevole e legittima, più di ieri sicuramente. Ma domani?
Le prestazioni dei calciatori, che si dividono tra chi vorrebbe ma non c'è la fa e chi francamente non ha più stimoli pur potendo fare bene; le scelte di Conte che come ieri sera vanno al di là della ricerca del mero risultato, quanto piuttosto rappresentano messaggi per proprietà e calciatori stessi in vista della prossima stagione; il fatto che ormai si parli più di futuro che si presente a ogni latitudine e ci sia sempre una polemica dietro l'altra che esula dal campo. Tanti, troppi ingredienti che falsificano pesantemente un campionato che fino alla caduta dell'Olimpico l'Inter aveva condotto con personalità e meritevoli ambizioni. Poi, quel virus che ha cambiato la vita di tutti e inevitabilmente ha tolto un senso al pallone per molti. Fino allo stop forzato, pur se in mezzo a mille difficoltà, Conte aveva raggiunto risultati ottimi, tallonando quando non superando la Juventus fino all'exploit della Lazio. Sarebbe scorretto dimenticare la lunga lista di infortuni che hanno inficiato il cammino nerazzurro e che l'allenatore, in un modo o nell'altro, ha saputo mascherare senza tuttavia lesinare frecciate alla società che non gli ha dato gli strumenti necessari per competere fino all'ultimo, forse annusando il calo che si sarebbe poi verificato.
Oggi siamo qui a valutare un operato, quello di squadra e allenatore, indecifrabile. Risultati altalenanti figli di prestazioni da calcio estivo, senza mordente, con giocatori scarichi mentalmente e fisicamente e altri dal futuro incerto se non addirittura segnato. Ovvio che le aspettative del tifoso restano alte, perché alla fine pur non essendo calcio vero ne è una rappresentazione realistica e un filo di delusione continua ad aleggiare nonostante la vittoria di ieri contro il Toro. Ma il fatto che un gruppo all'altezza della Juventus fino a febbraio oggi sembri distante anni luce dai bianconeri, deve far riflettere. Conte come sempre anche ieri ha fatto suo malgrado a meno di giocatori preziosi (Lukaku, il sempre più fondamentale Barella, il Sensi del 'che te lo dico a fare'), e al contempo ne ha lasciati fuori alcuni attesi come potenziali titolari, preferendo chi aveva le pile un po' scariche dopo Verona. Scelte che col senno di poi hanno pagato, più di precedenti occasioni, ma che lasciano inevitabilmente qualche punto interrogativo.
Checché se ne dica, il progetto iniziato la scorsa estate non è finito. Lo sarebbe se Conte decidesse di andarsene perché insoddisfatto, o se il club non ne assecondasse le indicazioni (non tutte, ma buona parte). Questa è solo un'inutile fase di chiusura del cerchio, in cui l'obiettivo Champions è stato raggiunto e bisogna trascinarsi fino al termine di questa stagione. E in questa fase sarà necessario proseguire nella scelta dei giocatori necessari, salutando chi è arrivato per portare l'Inter in Champions (missione compiuta) ma non può andare oltre. In modo meno brusco rispetto a quanto chiesto dalla Curva Nord, ma va fatto per quel famoso step di crescita. Per ora, godiamoci una classifica irreale ma quanto meno più gradevole del giorno prima.
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
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