Addio. Chi ne sa, i bene informati, quelli che ci raccontano retroscena e dettagli, sembra non avere dubbi: la storia d'amore tra Antonio Conte e l'Inter finirà dopo appena un anno e qualche mese. Un lungo addio, una separazione diluita dalla coda esaltante di stagione, culminata con la delusione di Colonia. Un percorso, quello dell'Inter di Conte, fatto di tanti picchi e pochi bassi; varie luci e qualche ombra. L'allenatore salentino ha certamente restituito al club blasone e appeal anche europeo, giocandosi al massimo l'Europa League sfruttando la chance di poter pensare solo all'impegno continentale senza l'impiccio del campionato. Dura capire se anche con la Serie A tra i piedi si sarebbe arrivati all'ultimo atto: non ci sarà mai controprova. Però intanto il fatto resta e dice che, dopo anni, la squadra è tornata ai vertici, in Italia e in Europa. Certo, è mancato l'ultimo passo. Vero, più di un calciatore ha pagato pegno (da Skriniar a Eriksen). Insomma, l'Inter non era perfetta e non lo è ancora. La seconda fase della stagione resta falsata dalle contingenze e tutti noi abbiamo vissuto una sorta di realtà parallela. Ma per altri versi, quello che abbiamo visto in campo va comunque incamerato e analizzato come calcio "vero".

Si sente parlare di "Inter poco europea" per via della difesa a tre, quasi come ci fosse l'idea di speculare e basta sul risultato. Chiedetelo a Bayer Leverkusen e Shakhtar Donetsk, prese a pallate dai nerazzurri tra quarti e semifinali. La verità è che l'Inter ha raggiunto in questa stagione un livello alto in ogni settore. Per completare la mutazione e tornare davvero nell'elite, servirebbero innesti che innalzino la qualità della rosa e non un semplicistico passaggio alla difesa a quattro. Ma, come dicevamo anche mesi addietro, la crescita è evidente, e lo è a 360 gradi. Un lavoro partito da lontano quello di Suning, che ha iniziato a raccogliere i primi frutti con Spalletti con la riconquista di un posto in Champions e proseguito poi con Conte consolidando il proprio valore in Italia e rispolverando il brand in Europa.

Inutile dedurre o immaginare scenari dopo le dichiarazioni dell'allenatore pugliese. Le sue parole sono state tanto forti quanto misteriose: di fatto, non si conoscono le reali ragioni per questo strappo che – dicitur – dovrebbe portare all'addio. Di certo, ci saranno dissidi davvero radicati: Conte non è un pazzo che lascia un ottimo lavoro a metà solo per sterili ripicche. Questo al di là della ragione o del torto: se i protagonisti non ci rendono partecipi dei contenuti, si può solo osservare l'evento senza avere la possibilità di giudicare. In molti indicano Massimiliano Allegri come futuro tecnico nerazzurro: una scelta intelligente vista l'esperienza e la capacità di tenere dritta la barra dell'ex centrocampista del Pescara. Uno che sa adattarsi alle varie situazioni sia a livello di ambiente che tattico. Allegri è uno che semplifica il calcio e che sa gestire gruppi di grandi giocatori, come accaduto al Milan e alla Juventus. Il toscano, sulla panchina dell'Inter, non partirebbe da zero, ma potrebbe proseguire senza scossoni il lavoro di chi l'ha preceduto, smussando qualche angolo e potenziando quelle qualità ancora inespresse, magari anche grazie all'aiuto del prossimo mercato.

Insomma, l'Inter oggi è squadra vera, prossima alla maturazione. Ecco perché, pensando a Conte e al lavoro svolto in questi mesi, ci viene in mente un verso di chi come Fabrizio De André sapeva tradurre la poesia in musica: "È stato meglio lasciarci che non esserci mai incontrati".

Sezione: Editoriale / Data: Mar 25 agosto 2020 alle 00:00
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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