Non c'è cosa peggiore che arrivare a un derby da favoriti: perché nulla è più scontato, in questi casi, di un pronostico ribaltato. Certe notti San Siro stravolge gli umori, le sensazioni e gli equilibri fino a restituire vita a chi sembrava non averne. Immaginate un derby in cui l'Inter, oltre ad essere favorita, si gioca la possibilità di agganciare la Juve e riprendersi il primo posto battendo i cugini per la quarta volta di fila in una stracittadina. Immaginate poi un primo tempo folle in cui l'Inter nella sua versione peggiore, indolente e svogliata sembrava volersi buttare via riuscendo nell'impresa di rendere magnifica la squadra di Pioli. Immaginate poi che in due minuti cambi tutto e che alla fine ne esca una sceneggiatura che a Los Angeles stanotte premierebbero altro che con l'Oscar: più probabilmente con una stella sulla Walk of fame.

Un derby epico vede l'Inter affondare per poi riemergere con la forza di una creatura mitologica che si strappa di dosso le catene, con lo strapotere di chi è sembrato, a questo punto, aver scherzato per 45 minuti lasciando al Milan l'illusione di poter giocare bene e vincere. Per poi colpire quasi con naturalezza e senza nemmeno troppo sforzo. Da 0-2 a 4-2 in un derby è cosa da consegnare ai libri di storia: i ragazzi di Conte lo hanno fatto e alla luce di tutto, quei primi 45 minuti orribili paiono persino belli, perché funzionali a spiegare la follia di una ripresa in cui Lukaku e compagni sono andati a prendersi l'Oscar. Alla Scala del calcio.

Conte sorprende, o forse no, con le scelte inziali: Eriksen fuori dall'11 titolare dimostra che in questa gara, il tecnico vuole affidarsi a chi non ha bisogno di rodaggio ma conosce a memoria schemi, meccanismi e ritmi. I primi 45 minuti, però, dimostrano che, in questo derby, probabilmente schemi, meccanismi e ritmi non li ha nessuno dei nerazzurri in campo. Perché l'Inter è indecisa, impacciata, quasi timorosa. Il Milan, al contrario, ha davvero, come chiedeva Pioli alla vigilia, la faccia di Zlatan Ibrahimovic: una faccia determinata, cattiva, convinta.

I rossoneri, messi benissimo in campo, aggrediscono e attaccano sfruttando gli inserimenti di Kessie e le sovrapposizioni continue di Theo Hernandez, Calhanoglu, Rebic e Castillejo. Muovono palla avanti e indietro per poi trovare spazi e combinazioni con giocate e triangolazioni su cui l'Inter spesso riesce a chiudere solo in extremis, per togliere giusto l'ultima conclusione agli avversari. In fase di impostazione poi, con Brozovic marcato a uomo da Calhanoglu, l'Inter non sa quasi dove girarsi, come muoversi, da chi andare.

In tutto il primo tempo Donnarumma trema solo per un colpo di testa di Godin a fil di palo sugli sviluppi di un corner e per un destro centrale di Vecino dopo un'azione inventata dal nulla da Lukaku che sulla destra brucia Romagnoli e mette in mezzo un pallone che l'uruguaiano non angola abbastanza. Ma l'Inter non crea e non costruisce, a differenza del Milan che si va a prendere il meritato vantaggio prima con Rebic che sfrutta una torre di Ibra e un'uscita incerta di Padelli e poi con lo stesso Ibra che di testa, da due passi, dopo aver mandato al bar Skriniar certifica il fatto che l'Inter in questo derby, ci sta capendo più nulla che poco.

Un derby giocato così male, senza idee, senza voglia, senza cattiveria è l'antitesi di Conte, della storia stessa dell'Inter, delle sue aspirazioni e di un primo posto in classifica distante tre punti che dovresti voler andare a prendere a costo della vita. E probabilmente nello spogliatoio Conte deve aver toccato le corde del sovrumano per risvegliare i suoi dal torpore e dal nulla cosmico visto quello che poi accade nella ripresa.

Una ripresa in cui l'Inter, dimenticatasi della peggior versione di se stessa appena offerta, aspetta, poi riparte e colpisce. Lo fa con una precisione quasi chirurgica iniziando a essere precisa nei cambi di gioco, nei passaggi e nelle scelte. A squarciare la notte di San Siro ci pensa il sinistro al volo di Brozovic dopo un tiro respinto di Candreva: il gol dell'1-2 ha il potere di risvegliare i giganti e far paura a un Milan aggrappato a Ibra perché tutti gli altri, che fino a pochi minuti prima avevano fatto faville, ora sembrano nascosti e impauriti.

Passano solo due minuti e Godin pesca Sanchez, che porta Donnarumma un po' a spasso prima di servire Vecino che trova un gol che azzera tutto quello che si era visto fino a questo momento. Da qui in avanti però è chiara una cosa: non solo l'Inter questo derby non lo perderà più ma sarà capace di andarselo a prendere. E così è: un De Vrij da premiare come miglior attore protagonista sugli sviluppi di un corner riesce con una torsione quasi innaturale a spedire, di testa, la palla in porta con un gol di una bellezza degna della maestosità dei suoi interventi difensivi e delle sue giocate.

Così al minuto 70' è tutto cancellato: il timore di un'Inter incapace di fare il salto di qualità, l'ossessione per un primo posto che sembrava una dannazione e invece diventa realtà. Al minuto 70 non esiste più nulla di un Milan che, eppure, per 50 minuti è stato perfetto. E forse sta qui, la differenza abissale tra le due squadre, distanziate ora in classifica da 22 punti in classifica. Il Milan è stato perfetto e si ritrova distrutto. L'Inter questo derby non lo perderà mai e a nulla serve l'assalto finale rossonero che pure produce un palo di Ibra. L'Inter con Eriksen in campo nel ruolo del doppio regista al fianco di Brozovic rischia più di chiuderla che di pareggiarla. Conduce con sapienza, tiene palla, calcola, affonda, crea spazi.

E a chiuderla, alla fine ci pensa Lukaku, uno che ultimamente nemmeno se lo leghi lo fermi. L'Inter, alla fine, ha la sua di faccia: quella di Lukaku che festeggia ed esulta rabbioso. Con il cuore e con la grinta di chi non ha paura di scivolare all'inferno per risalire, di chi non teme di mangiare polvere e strisciare persino, se serve, nei momenti di difficoltà. L'Inter ha saputo soffrire senza crollare quando tutto sembrava troppo brutto per essere vero. E' servito vivere un incubo prima di vivere un sogno. Ma del resto una sceneggiatura da Oscar non poteva di certo essere banale.

VIDEO - DAL BARATRO AL TRIONFO, IL MERAVIGLIOSO DERBY DI TRAMONTANA

Sezione: Editoriale / Data: Lun 10 febbraio 2020 alle 00:00
Autore: Giulia Bassi / Twitter: @giulay85
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