Un giorno racconteremo di aver vissuto un tempo in cui non era consentito abbracciarci. Un tempo in cui sono successe molte cose, tragiche, e altre probabilmente altrettanto drammatiche le dobbiamo ancora affrontare. Ma la distanza che gli uomini sono costretti a mantenere tro loro è un aspetto di questa vicenda che continua a colpirmi più di altri. Persino più delle ultime norme, della nuova ordinanza con cui la Lombardia prova a chiudere quasi tutto e chiudendosi in se stessa cerca così una salvezza che appare ogni giorno un metro più distante. Ma che arriverà, questo è certo.

Racconteremo di un tempo in cui tutto è piombato nel silenzio, lasciandoci in preda al rumore dei soli pensieri e al dolore di certe notizie. Ecco: un tempo fatto di silenzi e di mancati abbracci potrebbe mai essere anche il tempo dello sport e del calcio? No, perché ne sono elementi fondamentali, essenziali, naturali. Come si fa a non abbracciarsi e a non gridare dopo un gol? E' impossibile. Infatti questo è il tempo in cui molte cose non trovano spazio, nemmeno tra i nostri interessi, nemmeno tra le possibili distrazioni.

Perché è diventato impossibile fare previsioni persino sulla ripresa degli allenamenti, figuriamoci sul come e quando potrà mai ripartire un campionato. E del resto, di fronte a quasi 800 morti giornalieri, che importanza potrebbe avere? Nessuna. L'emergenza coronavirus oltre a dilatare il nostro tempo e il modo nuovo in cui siamo costretti a trascorrerlo, si sta anche dilungando rispetto alle previsioni. E' passato un mese esatto da quando il primo caso di contagio ha fatto scattare l'allarme in Italia. Ci ritroviamo a non aver ancora raggiunto il picco, a non aver ancora visto il peggio, a non sapere quale sia il modo migliore per uscirne.

Potremmo certamente discutere dei casi di positività in Serie A, di alcuni giocatori che hanno lasciato l'Italia, dell'ipotesi del taglio degli stipendi dei calciatori. Ma, di nuovo, di fronte a una regione che decide di lasicare aperti solo alimentari, farmacie ed edicole per provare a rallentare un contagio, che importanza potrebbe avere? Nessuna.

Non è il momento di tracciare bilanci, dare giudizi, fare previsioni. E' il momento di fare quello che viene chiesto, è il momento di aspettare. Aspettare che ogni città e ogni angolo tornino rumorosi. Aspettare di poterci abbracciare ancora. Provate a pensare a quante persone, magari anche sconosicute, avete abbracciato dopo un gol. Perché il calcio ha sempre avuto questo potere: far abbracciare tra loro anche persone che non si conoscono. Allo stadio o in un pub. O rendere meraviglioso quell'abbraccio con una persona speciale. Allo stadio o a casa o in una piazza. Da un casuale estraneo alla donna o all'uomo più importante della vostra vita.

Provate a pensare: chi avete abbracciato al gol di Milito a Siena o a quello di Vecino a Roma? Vi verrà in mente senza dubbio. Così come vi verrà in mente il grido di qualche vicino di casa o di qualcuno che stava in un'altra stanza della casa. Abbracci e rumore. Ciò che ora ci è stato tolto. E infatti ci è stato tolto anche il calcio. Tanto che è persino difficile parlarne e me ne scuso. Ma dove non c'è, al momento, vita, non ci può essere altro. Solo l'attesa di un tempo migliore.

Ma poi, alla fine, racconteremo di aver vissuto un tempo in cui ci siamo ripresi quello che ci mancava. Ricordatelo bene chi abbraccerete appena tutto questo sarà finito. Ricordatelo bene chi abbraccerete al prossimo gol dell'Inter. Ricordatelo e pensate a quanto, nel frattempo, vi sarà mancato. E sarà bellissimo.

Sezione: Editoriale / Data: Dom 22 marzo 2020 alle 00:00
Autore: Giulia Bassi / Twitter: @giulay85
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