Mettiamoci d'accordo: occorre trovarci un obiettivo, un qualcosa da fare. Non soltanto, infatti, la stagione nerazzurra è andata da tempo, ma col finire dell'ennesima annata maledetta si fa largo un corrosivo sapore amaro che va ricacciato al più presto nello stomaco. Di espedienti per ingannare il tempo, per la verità, ne esistono a sufficienza: siamo infatti alle soglie di un mese di maggio bollente, tanto è gravido di novità e generoso di sogni per un pubblico, com'è quello nerazzurro, sempre pronto a riaccendere in un amen la fiammella della speranza, vessata dalle ripetute delusioni del campo di gioco. Chissà se basteranno, quindi, le numerose voci di mercato che gioco forza voleranno sulle teste dei tifosi, vista la promettente potenza economica di Suning e la necessità di una netta sterzata a brevissimo termine che riporti sicurezza e qualità a un club ricco di storia, ma col blasone oramai impolverato dai tanti anni bui che si susseguono senza soluzione di continuità. Eccolo, il primo, grande passatempo: il mercato, coi tanti sogni che, a furia di parlarne, rischiano di concretizzarsi nelle prossime settimane. Ma la domanda viene facile: il tam-tam su acquisti, cessioni e toto-allenatore può bastare ai tifosi, e in qualche misura anche a chi racconta il calcio; appare invece più interessante interrogarsi su come possa muoversi in questo limbo la società nerazzurra, nel difficile tentativo di sintesi tra un presente povero e un ricco futuro, che è però ancora troppo di là da venire perché l'Inter possa curarsene in modo esclusivo.
QUESTIONE DI TESTA - Chi scrive è propenso a credere che la dirigenza nerazzurra non abbia bisogno del mese di maggio per decidere chi tra gli attuali componenti della rosa sia tecnicamente da Inter. Ciò che invece può risultare utile e intonato al momento è una valutazione precisa e, a suo modo, spietata delle capacità mentali di questi ragazzi. In ogni luogo di lavoro, infatti, esiste il collega guizzante e svogliato, quello che potrebbe dare mille ma temporeggia pigramente, si defila quando il termometro scotta e, soprattutto, soffre da cani nei momenti di stress: ebbene, in questa Inter, a occhio, si muovono troppi elementi del genere, che abbinano doti tecniche spesso indiscutibili a una gestione, questa sì, più che discutibile della propria professionalità. Non è pensabile riproporsi l'anno venturo sventolando agostane ambizioni di vittoria, se la rosa sarà ancora infarcita di ragazzi timidi, di uomini lunatici e personaggi disinteressati. Certo, non è neppure il caso di riempire la gabbia con 25 leoni, pronti a sbranarsi a vicenda con l'arrivo del primo pareggio casalingo: occorre semmai inserire scientificamente individualità importanti, guide sicure e avvezze a platee esigenti, e sceglierle studiandone la compatibilità con quei nerazzurri considerati irrinunciabili per ragioni tecniche o semplicemente invendibili per una mera questione di opportunità economica. I problemi ambientali, la pressione di un San Siro sempre pieno e giustamente esigente, il vortice che travolge ogni nerazzurro nei momenti di crisi non è un fattore su cui la società possa intervenire; tale clima, semmai, è destinato a peggiorare, diventando assai meno incline al perdono con l'arrivo dell'ennesimo anno zero. Proprio in questo momento di massimo malcontento, allora, la dirigenza può e deve passare la rosa al setaccio, optando per decisioni drastiche laddove si ritenga che un determinato elemento non potrebbe reggere senza fatica le pressioni di un campionato che si prospetta ben più caldo e stressante di quello che oramai volge al termine.
QUESTIONE DI PIEDI - Abbiamo relegato in coda una sommaria analisi di quanto si è visto in campo ieri sera, dal momento che è inevitabile esitare quando si commenta una prova che è apparsa priva di una precisa finalità. Persino dopo la follia di Nagatomo e il vantaggio napoletano, infatti, i nerazzurri sono parsi oltremodo tiepidi nella ricerca del pareggio, cui ci si è dedicati con una certa veemenza soltanto nei soliti, inutili minuti finali; un po' come se ci si fosse dimenticati, insomma, che a calcio si gioca per segnare, tanto più se sei sotto. Non avrebbe senso, da queste righe, scagliarsi contro il singolo calciatore, che sia quello reo di uno svarione di Greskiana memoria o, magari, il campione intorpidito da una sorta di presuntuosa apatia quando entra in campo a gara in corso e corre a piccoli passi sulla fascia di competenza. Ci auguriamo, chiaramente, che certi colpi non trovino più posto sul prato di San Siro, che trasuda prestigio ed è degno di ben altre sensibilità tecniche. La questione meramente calcistica dovrà necessariamente costituire il più basilare criterio nella scelta dei prossimi giocatori, nella speranza che gli uomini mercato nerazzurri sappiano costruire una rosa non soltanto di livello, ma soprattutto sgombra da sovrabbondanze, ballottaggi e affollamenti in alcuni settori che lasciano inevitabilmente sguarnite altre zone del campo: tali deformità, insomma, non producono nulla di buono, e vanno evitate senza se e senza ma. Non ha poi un'importanza secondaria la questione della guida tecnica, con un Pioli oramai delegittimato dai risultati e la volontà, che pare ferma e decisa, di puntare su un condottiero che sappia dar grinta anche ai pesciolini rossi negli acquari degli studi milanesi. Guai, però, a dimenticare la testa: la selezione su queste basi, la creazione di un'ossatura che manca dai tempi degli argentini e la tutela di questo delicato equilibrio sarà il compito primario dei dirigenti nerazzurri i quali, oggi più che mai, dovranno riscoprirsi anche un po' psicologi.
Autore: Antonello Mastronardi / Twitter: @f_antomas
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