Dopo undici anni l’Inter di Antonio Conte torna sul tetto d’Italia riportando lo scudetto a casa. Un trofeo 'not for everyone' ma di certo sentito da tutti gli interisti, di ieri e di oggi. Per l’occasione Inter Tv ha intervistato un protagonista dell’ultima cavalcata valsa il titolo di campioni d’Italia in quell’annata memorabile, parola a Maicon Douglas Sisenando, uno dei terzini più amati della storia della Beneamata, oggi al Sona. L’ex numero 13 comincia la sua lunga intervista osservando una foto che lo ritrae durante il derby di Milano del 29 agosto 2009: "Dove sono qui? Io lo chiamo il gigante, a San Siro. L’urlo di quello stadio è unico, poi ad una partita così come il derby, è davvero speciale".
Quel giorno hai contribuito ad alzare i decibel di San Siro…
"Sì, era il mio primo gol in una partita speciale come il derby, sicuramente l’urlo si è alzato ancora di più".
Quel giorno cominciava una corsa inarrestabile. Lo percepivate anche per voi?
"Sì, sicuramente. Il mister quando è arrivato ha messo i giocatori nel posto giusto per fare qualcosa di vincente. La prima partita l’avevamo pareggiata con il Bari, una squadra che arrivava dalla B. Sabato arrivava di venerdì, la partita era sabato e Mourinho subito lo mise in campo e lui fece vedere subito che giocatore era. Abbiamo fatto una gran partita, vinto 4-0 e lì abbiamo fatto vedere che l’Inter quell’anno faceva qualcosa di straordinario".
Tu hai esultato facendo tutto il campo. Dove sei andato?
"Dai miei amici perché avevamo fatto una scommessa qualche giorno prima, lui purtroppo era milanista ma era comunque una brava persona (ride, ndr). Gli dissi che avrebbe pagato quella scommessa e così fu".
Seconda foto… Genoa-Inter 2009/10
"Tutte partite in cui abbiamo fatto tanti gol. Questa sicuramente fu una grandissima partita, c’è pure il mister che esulta. Questa partita a Genova, abbiamo fatto uno 0-5 molto bello. Eravamo una squadra molto forte psicologicamente. Avevamo grande forza mentale".
Sembrava che vi conosceste da una vita. Giocavate quasi a memoria tu e Zanetti?
"Zanetti faceva quel ruolo benissimo, oltre al fatto che tutto ciò che faceva il Capitano era bellissimo. Tatticamente eravamo fortissimi, riuscivamo a fare gare in cui magari la gente si chiedeva che partita avremmo fatto e noi la facevamo come se fossimo tigri. Si vedeva che eravamo mentalmente forti. Abbiamo fatto gare strepitose, Stankovic faceva questi tiri impressionanti, non so come riusciva a farli. È stata una partita meritata da tutti, ha segnato anche Vieira con un gran gol. Ero molto felice per lui, faceva fatica con gli infortuni, aveva già fatto tanto nel campo, e quel giorno eravamo felici per il suo gol. Ho segnato pure io ma fu il quinto gol…".
Nell’azione del gol di Stankovic ci sei tu dietro di lui che fai il suo stesso movimento di calciare il pallone…
"Sì, sì (ride)… Ho già visto questa cosa. Balotelli che alza le mani e io di dietro che faccio lo stesso movimento dietro. È stato un grandissimo gol".
Terza foto…. Gara con la Juventus
"Questo è il gol più difficile, ma bellissimo. Era un momento particolare del campionato in cui dicevamo ‘o ce la facciamo o sarà difficile’, il derby d’Italia contro una squadra fortissima. La Juve era impressionante in quel momento, ma ce l’abbiamo fatta. Ho segnato questo bellissimo gol, dando il mio contributo alla squadra che era la cosa più importante. Andavo in campo e se non segnavo comunque facevo sempre partite per aiutare i miei compagni, per me era quello l’obiettivo principale".
Raccontaci il momento di quel gol. Sembrava fossi ad aspettare quel pallone. Il tuo gol più bello?
"Tatticamente facevamo sempre così, io aspettavo sempre fuori area nei calci piazzati. Mi hanno lasciato da solo, poi non sapevo che mi sarebbe arrivato il pallone e devi fare tutto nel giro di pochi secondi. Devi fare velocemente e io ci sono riuscito. Meno male che mi hanno lasciato solo e sono riuscito a fare questo gesto. Lo faccio vedere ai miei figli e gli dico ‘guarda, papà è riuscito a fare una cosa importante’, quesì sono cose belle da ricordare".
Contro Amauri per quel gol, saper ballare è servito? E poi l’esultanza, eri quasi commosso…
"Amauri è un attaccante quindi non sa marcare come un difensore… L’esultanza è stata quella perché in quel momento la gente parlava troppo del modo in cui mi stavo comportando in campo, ma nessuno sapeva ciò che facevamo in settimana e dicevano cose non vere. Dicevano che sarei andato via a fine stagione e ho fatto il gesto sul cuore dicendo ‘no, no io resto qui’, per dire ‘io ho l’Inter nel cuore’, come la ho adesso. È stato un gol giusto al momento giusto".
Quarta foto. Gol scudetto di Milito a Siena…
"Gol del principe… Purtroppo mio papà non è potuto venire a questa partita, l’aereo era pieno. Era a Milano ma non potè venire perché c’erano troppi famigliari dei giocatori che venivano dall’estero e non è potuto venire. C’erano i papà degli altri che hanno goduto di questo momento e vincere il campionato italiano quel giorno è stato bellissimo. Ha segnato la Roma a Chievo se non sbaglio e ancora una volta c’era chi sugli spalti diceva ‘vediamo l’Inter adesso che fa’. Poi una cavalcata del capitano e poi quel gesto di Milito, conosciuto da tutti, che sapeva farlo come nessuno. Poi la cosa più bella di quel giorno è stato Stankovic e Chivu che saltano i cartelloni dietro Milito. L’immagine più bella. Paura che si facessero male? Ma no… Quelli non si facevano mai male, c’era la finale di Champions".
Che emozioni c’erano prima di scendere in campo con il Siena?
"Mi ricordo pure le emozioni della sera prima, dalla finestra dell’hotel si vedeva lo stadio ciò che facevano in campo. La Figc doveva preparare le Coppe, una che andava a Verona e una da portare a Siena. Io dissi ‘quella vera devono portarla qua perché la vinciamo noi’. A un certo punto ci è arrivato un messaggio dicendo che la Coppa vera era a Siena, è stato uno stimolo in più. Ma eravamo mentalmente forti, sapevamo che sarebbe stata una gara difficile perché giocare lì non era mai stato facile però vedendo la squadra che avevamo eravamo tranquilli. Una gara del genere, sapendo di poter fare un altro pezzetto grande della storia dopo la Coppa Italia… C’era grande consapevolezza".
Quanti palloni hai messo in area quel giorno?
"Una cosa impressionante, credo sia stata la partita in cui ho messo in mezzo più palloni. Poi Mario che prendeva una traversa, il portiere che parava sempre… Un assedio".
Hai mai avuto un pensiero negativo?
"No, mai. Il Mister ci metteva sempre in testa questa cosa dicendoci: 'Non entrate mai in partita con pensieri negativi se no le cose che volete non succedono. Anche nei momenti brutti restate concentrati, sappiamo la nostra forza e la squadra che siamo quindi non abbiate mai pensieri negativi'. Quindi anche nei momenti difficili non abbiamo avuto nessun pensiero negativo".
Tra il primo e il secondo tempo Mourinho cosa vi disse?
"Di continuare a fare la partita che stavamo facendo. Se non mi ricordo male, loro hanno sprecato un’occasione clamorosa, Mourinho ci disse: ‘Hanno avuto una sola occasione per un nostro errore, la partita è nostra. Continuate così che la vittoria arriva e così è stato e abbiamo festeggiato lo scudetto".
Quinta foto che lo ritrae a fianco di Cambiasso, Cordoba e Zanetti…
"I sudamericani… Questi giocatori qua erano i pezzi importanti della squadra. Il capitano lasciamolo stare perché sta fuori ad ogni discorso. Ivan una persona incredibile, ho avuto il piacere di conoscere anche la famiglia, persona di umiltà grandissima. Anche se non giocava era sempre pronto ad aiutare e motivare la squadra, era bellissima come cosa. Cuchu a centrocampo era quello che faceva giocare la squadra, stava sempre al momento e al posto giusto. Questa foto la voglio per me. Ho avuto compagni bellissimi, questi sono tra quelli che rimarranno per sempre nel mio cuore perché mi hanno aiutato tanto quando sono arrivato. C’erano da prima e mi dicevano ‘questa società non è normale, è una famiglia’ ed è la cosa che ho capito per prima. Resteranno sempre nel mio cuore".
Chi è stata la prima persona che hai abbracciato a Siena e la prima che hai pensato?
“La prima persona che ho abbracciato in campo è stato Julio. Io sono caduto sulle ginocchia e lui è venuto di corsa dalla porta. Poi quando sono arrivato a casa ho abbracciato mio padre, lui non è solo un padre ma è un compagno, un amico, quello che mi ha dato tutto. Senza di lui non avrei mai potuto fare questo mestiere. Quando sono arrivato l’ho abbracciato, abbiamo pianto e abbiamo festeggiato insieme. Sono momenti che ricorderò per sempre. In quei momenti devi abbracciare persone positive, che ci sono sempre per te e lui è una di quelle persone. Non mi ha mai lasciato solo, lo ringrazio ogni giorno, c’è sempre stato e ci sarà sempre”.
Nella classifica dei trofei personali a che posto lo metti?
"Lo mettiamo al secondo posto. C’è anche quello del 2007 perché era il primo anche se tutti dicevano che era falsato perché non c’era la Juve che era in B e il Milan era 18 punti dietro. E questo lo metto al secondo posto perché è stato l’ultimo della società e mi dispiace perché questa società si merita di vincere tutti gli anni e purtroppo è rimasta tanto tempo senza vincere. Ora faccio i complimenti a tutti per aver vinto quest’anno. Lo scudetto del 2010 lo metto al secondo posto anche perché poi la Coppa dei campioni sarà al primo posto sempre".
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Autore: Egle Patanè / Twitter: @eglevicious23
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