Quarant'anni dopo lo splendido scudetto del 1979/'80, a raccontarsi a Tuttosport è uno dei protagonisti di quel trionfo, Evaristo Beccalossi, amatissimo dai tifosi interisti e che in quel successo fu un indiscusso fattore. Nella chiacchierata con il quotidiano torinese, il "Becca" racconta del suo arrivo a Milano negli anni '80, da Brescia, dei tanti amici nel mondo dello spettacolo (Jannacci e Paolo Rossi) e anche del giornalismo (Beppe Viola), nonché delle ramanzine di Bersellini. "E' quello che mi ha controllato più di tutti. E quindi anche quello che mi ha punito maggiormente. Però assieme abbiamo vinto un fantastico scudetto. Ricordo quella volta che mi rinchiuse per 10 giorni ad Appiano, in punizione con il preparatore atletico che mi controllava. Una notte, alle due, affamato come non mai, mi infilo silenziosamente in cucina. Tempo di aprire il frigo e mi trovo una torcia che mi illumina e una pistola puntata contro: era il guardiano del centro sportivo che pensava a un ladro".

Sempre riguardo a Bersellini, Beccalossi racconta che "dopo un Inter-Lazio in cui ero stato il migliore in campo, mi prese da parte. Ecco, Becca, è così che devi fare. Se vuoi diventare il numero uno devi fare in modo che quei 10 giorni di ritiro diventino la regola. Sapevo che lo diceva per il mio bene, ma poi fuori di lì c’era Milano...".

Quell'Inter, ricorda Beccalossi, è stata l'ultima squadra ad aver vinto un campionato con tutti italiani in campo. "C’ero io, Spillo, e poi Marini e Oriali che si facevano il culo per me e non si dimenticavano mai di ricordarmelo. Era il periodo in cui mi chiedevano, entrando in campo, se avremmo giocato in 10 o in 12... Ma vi garantisco, non lo si poteva sapere. A volte mi sentivo un mostro, giocavo per spaccare tutto e non azzeccavo uno stop. Altre volte ero reduce da una settimana di bagordi e veniva fuori una partita pazzesca".

Altri aneddoti riguardanti gli esordi ("Quando in sede mi hanno messo davanti il contratto, non ho nemmeno guardato la cifra che ci fosse scritta La mia attenzione era tutta sulla carta intestata, la carta della grande Inter") e la rivalità con Hansi Muller ("Un problema solo tattico, finivo a fare la seconda punta e non mi andava").

Infine, un pensiero a Brescia. "Sono partito dall’oratorio di Brescia, ho ancora casa, il mio percorso e le mie origini non le dimentico. Conosco i bresciani, la fatica non esiste: ce la faranno, perché è nella loro indole".

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Sezione: Rassegna / Data: Lun 06 aprile 2020 alle 10:38
Autore: Redazione FcInterNews.it / Twitter: @Fcinternewsit
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