Che Lautaro Martinez stia vivendo un periodo d'oro è sotto gli occhi di tutti. Liberatosi della zavorra di inizio stagione, quando a causa di un eccesso di foga sprecava più di un'occasione da gol e attirava qualche critica di troppo, el Toro oggi è il vero valore aggiunto dell'Inter. Dal gol lampo (e purtroppo inutile) al Camp Nou per lui è iniziata una parentesi ricca di soddisfazioni, con 5 gol e un rigore guadagnato in 6 partite (a secco solo contro il Parma, anche se un penalty lo avrebbe meritato). Prima o poi l'attaccante di Bahia Blanca sarebbe dovuto esplodere e la sensazione è che ancora non abbiamo mostrato nulla del suo potenziale.
Ma al di là dei numeri, è il modo in cui interpreta il ruolo affidatogli da Antonio Conte che salta all'occhio. Bravo, dopo le prime difficoltà, a interscambiarsi con Romelu Lukaku, Lautaro mostra a ogni partita sprazzi di talento. Una qualità tecnica mista alla forza fisica che lo rende a tratti imprendibile quando parte palla al piede, dopo essersi sistemato il pallone al primo stop oppure essersi fatto spazio in modo robusto, proteggendo il pallone con il corpo e mandando fuori tempo l'avversario. L'arsenale offensivo è più che vario, con alcuni angoli ancora da smussare. Ma è ovvio che a 22 anni non possa essere definito un attaccante completo, per quanto sia chiaramente sulla strada giusta. E non è così sorprendente che le big d'Europa abbiano cerchiato in rosso il suo nome sulla propria agenda.
La prestazione del numero 10 nerazzurro al Rigamonti di Brescia è stata un po' il suo manifesto. Oltre al gol, casuale per la deviazione di Cistana ma frutto della sua fiducia nel cercare la porta anche dalla distanza, Martinez ha svolto un enorme lavoro sul fronte offensivo, svariando e cercando spesso lo scambio sia con Lukaku sia con gli altri compagni che offrivano assistenza. Sportellate, dribbling e falli subiti hanno completato la sua opera, che al termine della partita, dopo una ripresa in sofferenza della sua squadra, ha evidenziato statistiche interessanti: quasi il 60% di precisione dei passaggi, di cui ben il 36% in avanti, a conferma della capacità di andare a ricevere il pallone anche più in basso. A questo si aggiungono 2 falli subiti e 3 commessi, il 100% dei contrasti vinti e il 40% dei duelli portati a casa, statistiche che ribadiscono il lavoro sporco, anche eccessivo, sul rettangolo di gioco (el Toro non si sottrae mai alla battaglia).
Ma il dettaglio più interessante della serata bresciana di Lautaro è la heat map. Nel primo tempo le zone più battute dall'argentino sono quelle dalla trequarti in su. Nella ripresa, invece, il suo raggio d'azione si è abbassato, complice anche la sofferenza tattica e fisica patita dai suoi, al punto che spesso e volentieri Conte lo ha richiamato per salire e tenere alta la squadra. Le tracce lasciate dal numero 10 arrivano fino alla linea di fondo campo, dove si è proposto per aiutare nella fase difensiva. I suoi movimenti in campo hanno tradotto le difficoltà dell'Inter nel secondo tempo, quando tutti gli effettivi in campo hanno cercato di dare il proprio contributo.
Autore: Redazione FcInterNews.it / Twitter: @Fcinternewsit
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