Squadra che vince non si cambia. È a lungo stato questo il motto di Simone Inzaghi fino a qualche tempo, quando in alcune battaglie era solito schierare il suo undici tipo, spesso definito dei ‘titolarissimi’. Motto - e diktat - che il piacentino è stato gradualmente costretto ad abbandonare con l’avvento della straordinaria stagione da maratoneta che con i sempre nuovi infortuni succedutosi nel tempo suona ad oggi persino strano. Di sicuro straordinario. Eccezione che non è accaduta ieri pomeriggio contro l’Udinese e che peraltro potrebbe non verificarsi neppure al derby di Coppa Italia a giudicare dalle parole di Inzaghi in conferenza che con il dribbling alla domanda su Lautaro non lascia ben auspicare. La buona notizia in vista del Milan c’è e si chiama Marko Arnautovic. L’austriaco, fin qui uomo dal gettone d’oro nelle coppe, accende il pre derby con un gol che apre la partita del Meazza contro l'Udinese, gara dalle plurime sfumature e sfaccettature che l'Inter vince mantenendo il passo con il quale aveva salutato la Serie A prima della sosta per le Nazionali.
I campioni d’Italia ci avevano lasciati con l’importantissima vittoria di Bergamo dove avevano scavato un solco piuttosto netto con l'Atalanta e allungato rispetto al Napoli, inciampato nello 0-0 in casa del Venezia sotto il muro eretto da Radu. Combo equivalsa ad un +3 dalla squadra di Conte che ha pigiato il tasto pause del campionato che ha permesso a Inzaghi di ritrovare più di un paio di giocatori, mancati come il pane, ma senza i quali era riuscito a venir fuori da un periodo insidioso in maniera egregia. Contro la squadra di Runjaic l’Inter ritrova Darmian quinto a destra e Dimarco a sinistra e proprio il figlio della Nord dopo ventinove giorni di trepidante attesa, torna a fare quello gli riesce meglio e più gli piace: far esultare il Meazza. Non importa come e senza dare importanza al nome nello specifico da far urlare allo speaker, costretto ad un inaspettato e imprevisto silenzio per tutto il primo tempo e soprattutto dopo i due assist al bacio serviti dal 32 di Inzaghi. E alla fine, a San Siro non importa neppure quello: a far rumore ci pensa Dimash, due volte su due servito da Mkhitaryan, tornato - per quarantacinque minuti - in versione magister. Mkhi per Fede che la prima volta serve Arnautovic, la seconda Frattesi ed è Inter magia in un primo tempo che stava per fruttare pagelle da 10 e lode ai padroni di casa e tante insufficienze ai friulani, arrivati in versione 'anti-Lazio' e uno straordinario 3-5-1-1 che si poneva l’obiettivo di un gioco a 'semi'-specchio rispetto al 3-5-2 dei milanesi che non dà i frutti sperati.
Nell’intervallo il tecnico tedesco fa un ritocchino al suo undici e inserendo Bravo al posto di Lovric muta leggermente l’assetto tattico davanti alzando ritmo e intensità dei suoi uomini che approfittano della rilassatezza dell’Inter, penalizzata anche dai cambi: Correa subentrato ad Arnautovic non rende alla squadra quel brio qualitativo sperato dalla panchina. L’argentino entra in campo con poca cattiveria e altrettanta ce ne mette nei contrasti, che perde quasi nella sua totalità, mettendo una dose di colpevolezza nel gol di Solet che arriva al 72esimo con una prodezza da otto in pagella manda al bar proprio Correa, prima di approfittare della marcatura altrettanto debole di Pavard, e riapre dalla distanza una partita che improvvisamente sembra essersi imbattuta in una sliding doors che Lorenzo Lucca fallisce di innescare qualche giro d’orologio dopo quando a murarlo c’è un immenso Yann Sommer che reattivo in allungo felino salva il vantaggio dell'Inter. Miracolo che lo svizzero replica a recupero inoltrato quando spazza in angolo un altro velenoso tiro del tanto apprezzato dalle parti di Viale della Liberazione, Solet che non fa nulla per non lasciarsi ammirare dalla dirigenza nerazzurra che dall’alto della tribuna VIP del primo rosso rabbrividisce non poco al 92esimo. Brividi che, come i nervi, restano tesi persino fino al triplice fischio quando Chiffi mette in bocca il fischietto che decreta la fine del match e la consegna dei tre punti alla sì, solita borderline Inter.
Match dai due volti quello giocato dalla squadra di Inzaghi nel pomeriggio di San Siro, dove all’alba di una tiepida primavera che inizia a farsi sentire, i campioni d’Italia soffrono, ma resistono. Fanno temere qualcosa, ma ottengono ciò che si erano prefissati: la vittoria. Successo preso di forza, e non senza sacrificio, contro un’arcigna squadra ben attrezzata e piena di giocatori qualitativi e pericolosi - che non a caso piacciono anche da queste parti, vedi il sopraccitato Solet o Lucca o Bijol - e dovendo fare a meno dello squalificato Bastoni e degli infortunati Lautaro, Zielinski, Dumfries e Taremi, indisponibile dell’ultimo momento, in un post-sosta che non è mai un appuntamento qualunque. Altro segmento tracciato dai campioni d’Italia che fanno fuori un altro avversario potenzialmente ostico e invalidante nella sempre meno lunga corsa al titolo e aprono così il road to ennesimo derby stagionale e ad un mese di aprile che richiederà ancora nervi saldi, mente lucida e soprattutto gambe e cuori forti. Altro giro, altra corsa (stavolta determinante) chiamano e l'Inter, intanto, risponde presente.
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