Il giorno dopo è persino peggio. Emerge la consapevolezza del fallimento non solo di un obiettivo, ma di tutto il sistema del calcio italiano, incapace di costruire qualcosa di solido da 10 anni a questa parte. Ieri sera bisognava vincere contro un avversario ampiamente alla portata, che si è limitato a contenere e lo ha fatto senza troppi patemi, al cospetto di un'Italia incapace di dare continuità logica alla spinta offensiva, sostenuta più emotivamente dal pubblico che da raziocinio. Difficile trovare giocatori meritevoli nonostante l'impegno, tecnicamente gli azzurri hanno fatto enorme fatica, così come in panchina Giampiero Ventura non ha saputo sfruttare le note qualità dei propri giocatori, lasciandoli spesso e volentieri a interpretare un ruolo non propriamente nelle loro corde. 

Tra questi Antonio Candreva, senza dubbio tra i più attivi dall'inizio fino alla sostituzione al 76' con Federico Bernardeschi, che ha rafforzato il concetto di confusione offensiva e disperata della Nazionale. La prestazione dell'esterno romano non arriva alla sufficienza, per il semplice fatto che, probabilmente troppo caricato dall'importanza della partita, dall'ambiente di casa e dalla voglia di trascinare i compagni alla conquista della sua ultima chiamata Mondiale, è inciampato in quella che è una nota lacuna: l'eccesso di foga a discapito della lucidità. Nella stragrande maggioranza dei casi in cui ha ricevuto il pallone, Candreva si è esibito nel suo classico finta e contro finta alla ricerca dello spazio per il cross, che spesso veniva respinto dall'avversario davanti salvo poi arrivare in zone dell'area non presidiate dai compagni (anche loro colpevoli). Il numero 87 dell'Inter non è riuscito, come accadeva sovente nella scorsa stagione, a trovare alternative al solito movimento, che al massimo sfociava in un retropassaggio ad Andrea Barzagli, sempre alle sue spalle in appoggio.

Proprio il difensore della Juventus è stato la spalla di Candreva sulla corsia di destra, e lì è emersa in maniera lampante lo scarso feeling tra i due, abituati nei rispettivi club a movimenti differenti. Nello specifico, all'esterno è mancata la classica sovrapposizione di Danilo D'Ambrosio (ieri in tribuna), un meccanismo ormai ampiamente oliato nell'Inter grazie al martellamento di Luciano Spalletti. L'assenza di una (qualsiasi, non per forza D'Ambrosio) valvola di sfogo ha impedito a Candreva di variare il proprio gioco, riportandolo al periodo in cui si limitava alla finta e al tentativo di cross con scarsa lucidità. E alla conseguente insufficienza. Responsabilità evidenti al singolo per la prestazione, ma con l'attenuante di essersi dovuto esibire in giocate che in maglia nerazzurra sono state limitate al minimo sindacale grazie alle esercitazioni tattiche ad Appiano Gentile.

Impensabile non attribuire pertanto colpe anche a Ventura, che pur sostenendo di scegliere in base ai suggerimenti del campionato, ha costretto Candreva e altri compagni di squadra a compiti cui non sono abituati. E in campo si è visto. Così come in campo, anche in panchina la lucidità è venuta a mancare. 

Sezione: In Primo Piano / Data: Mar 14 novembre 2017 alle 12:08
Autore: Redazione FcInterNews.it / Twitter: @Fcinternewsit
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