L’Inter come Milan Skriniar. O Milan Skriniar come l’Inter. Scegliete voi la formula che più vi piace, ma il concetto è lo stesso della conosciuta proprietà commutativa studiata alle elementari, dove “cambiando l’ordine degli addendi (o, in questo caso, degli ‘addetti’) il risultato non cambia”. Perché sia il classe ’95 di Žiar nad Hronom che la squadra di Antonio Conte, ora capolista, hanno tante cose in comune in questa annata: dall’aver limato i difetti (nella difesa a tre e nel famoso gap da colmare) fino alla definitiva rinascita, sintetizzata con una maglia da titolare ritrovata per l’ex Samp ed un prezioso primo posto in classifica per la Beneamata. 

Dopo le difficoltà dei meccanismi del terzetto di difesa che l’hanno portato più volte in panchina nella prima stagione contiana nella Milano nerazzurra, lo slovacco si è rilanciato come meglio non poteva. Silenzio nei momenti di difficoltà, testa bassa e tanto lavoro, con l’unico obiettivo di ritrovare quel posto in campo che sotto la guida di Luciano Spalletti non era mai stato in discussione. Ai quei tempi, però, si giocava con la classica difesa a quattro: “Con la linea a cinque non avevo mai giocato e, all’inizio, ho avuto un po’ di difficoltà. Lui (Conte, ndr) però è bravissimo nel far capire bene cosa chiede ai giocatori e questo, ogni giorno, ti migliora. Se oggi sono un difensore completo, è grande merito suo” aveva ammesso in un’intervista rilasciata a Tuttosport lo scorso 11 marzo.

In quella chiacchierata con il quotidiano torinese, Skriniar non aveva neanche nascosto lo stato d’animo avuto in estate, quando nel percorso in Europa League che ha portato l’Inter a giocarsi il trofeo in finale contro il Siviglia è sceso in campo solo per sei minuti in totale: Conte in quel periodo storico gli preferiva l’esperienza di Godin o la duttilità di D’Ambrosio come ‘braccetto’ di destra. “Sicuramente uno, quando non gioca, non è contento. Però, quando mi è capitato di star fuori, sapevo bene pure il perché, ovvero che avevo tanti difetti nel difendere a tresottolineava umilmente nella stessa intervista a TS, senza nascondere che “non ero contentissimo perché non giocavo, però volevo comunque stare all’Inter. E, grazie al lavoro, mi sono ripreso il posto”. Idee chiare per recuperare quella maglia nella difesa a tre che l’ha portato al risveglio all'Inter (prestazioni convincenti e reti pesanti, come la zampata che ha steso l’Atalanta a San Siro) e nella sua Slovacchia, dove giovedì sera ha ufficialmente fatto sua anche l'edizione 2020 del premio di calciatore dell'anno slovacco, istituito dalla Federcalcio nazionale e dal quotidiano Pravda. 

Un riconoscimento che Skriniar ha commentato a caldo in patria al momento della cerimonia: “Sono molto contento di essere riuscito ad ottenere il premio: non è solo merito mio, ma anche dei miei compagni di squadra del club e della nazionale. È una motivazione per me in futuro. Pensavo di essere tra i primi tre. La stagione è stata buona, ma non perfetta. Sono contento di aver vinto”. Tra i motivi che l’hanno portato al bissare il successo della scorsa annata c’è anche il fatto che sia nata la figlia (gli ha dato “nuovi stimoli”), ma non solo: “Ho riottenuto un posto all'Inter e credo che lo manterrò” il messaggio che rimbalza dall'Hotel Senec di Senec e rimbomba all’ombra del Duomo. Skriniar ha ripreso il posto e non lo vuole mollare. Proprio come questa Inter, che ha la faccia di Milan e che ora vuole conservare quel (primo) posto ottenuto con il lavoro. Fino a cucirsi sul petto un tricolore che farebbe felici entrambi. 

Sezione: Editoriale / Data: Sab 27 marzo 2021 alle 00:00
Autore: Stefano Bertocchi / Twitter: @stebertz8
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