Ci sono tanti, troppi ingredienti in una domenica di festa trasformata con atavico masochismo in un mini-dramma sportivo con ripercussioni che si riverberano sull’Inter.
La partita col Cagliari ha certificato dei dati di fatto che, nell’isterismo generale da una parte e la goduria dei detrattori di Conte dall’altra, vanno analizzati con freddezza.
Il primo aspetto è inspiegabile perché non c’è alcun denominatore comune tra tutte le Inter degli ultimi anni che, pur avendo interpreti diversi in campo e fuori, a gennaio devasta il lavoro di una stagione.
Nessun altra squadra di serie A ha questo genere di frenate da anni.
Il secondo riguarda i secondi tempi, con particolare riferimento al periodo che va dal 70° al termine della gara, un periodo durante il quale l’Inter subisce beffe e viene raggiunta. Riprese di cui hanno beneficiato Juventus, Dortmund, Barcellona, Fiorentina, Atalanta, Lecce e Cagliari.
Il terzo riguarda l’affanno con la quale sono state affrontate le ultime tre gare, l’assenza di energia, tanto che con i sardi i primi quindici minuti sono stati trascorsi senza aggressione ai portatori di palla, se non nella propria meta campo, riuscendo anche a creare delle occasioni da gol ma senza forza, senza l’inerzia da padroni di casa che caratterizzava l’Inter dei primi mesi. Manca il dinamismo, o forse la convinzione, perché si può legittimamente credere in una squadra che ha una flessione ma l’approccio delle ultime partite mostra un collettivo svuotato nella sua anticamera agonistica.
Con il Cagliari la squadra si muoveva con una calma irreale e dagli spalti non era chiaro se fosse l’intento tattico o l’incapacità di dare un proprio ritmo.
Nel secondo tempo l’Inter ha avuto almeno quattro nitide occasioni da gol, fallite spesso per mancanza di freddezza e quella desuetudine al cinismo che serve per poter vincere qualcosa.
Il quarto aspetto interessa Antonio Conte. Il tecnico viene impallinato da circa quindici giorni a causa del suo disagio verso una rosa non del tutto soddisfacente e un mercato che ha tentato comunque di soddisfarlo. “Non abbiamo preso mezzo Real Madrid” è un’espressione che teneva a far presente come l’Inter non potesse essere improvvisamente da scudetto ma l’intenzione non gli è riuscita bene, così stampa e tifosi si sono gettati sulla preda consegnandolo alla storia come un “piagnucolone”, “lamentoso”, “maniavantista”. Quando un uomo porta con sé un simile livello di aspettative, parla in modo muscolare e guadagna tanto, suscita sempre reazioni scomposte. Quello che invece fa sorridere è lo straordinario voltafaccia nel giudizio di un tecnico che in pochi giorni da punto di forza dell’Inter, il top player di un gruppo che andava oltre i propri limiti è stato, come da tradizione, polverizzato e reso un “sopravvalutato che non è capace di far giocare la squadra”. E’ vero che manca il coraggio di giocare a quattro in difesa e non riuscire a far elaborare le partite a piacimento. Il suo gioco vive di impulsi, fiammate e quel tipo di atteggiamento che sembra essere la copia del suo carattere. Se il tecnico ha dei dubbi o è nervoso è possibile che questo si rifletta sulla squadra e non sappiamo quanto sia consapevole che il carattere va modulato anche in base al club in cui si lavora. L’esercizio di piallare l’ennesimo allenatore dando retta agli haters dei social o ai tifosi esasperati che creano paradigmi del ridimensionamento è però poco intelligente.
Gli errori del tecnico valgono quelli che sono stati commessi al primo anno anche da altri grandi tecnici che dovevano costruire. Klopp nel Liverpool il primo anno arriva 8°, il secondo e il terzo anno 4°(ma arriva in finale di Champions), poi 2° e ora già sapete. Guardiola il primo anno al City arriva terzo e non vince niente, Mourinho e Ancelotti senza le condizioni necessarie non possono vincere. Conte è uno dei migliori allenatori in circolazione ma non esente da critiche. Ho detto critiche non devastazioni.
Manganiello ha invece prodotto una prova che non ha molto a che vedere con la sua capacità di giudizio ma con una forma di ottusità che in genere un arbitro debole offre quando perde serenità. Manganiello ha deciso di lasciar correre sui contatti e poi si è incaponito solo contro una parte ammonendo clamorosamente solo giocatori nerazzurri e nessun cagliaritano, fino ad espellere Lautaro, dopo che l’attaccante aveva subito l’ennesimo fallo non sanzionato. C’era anche un possibile rigore sull’ottimo Ashley Young ma l’Inter e gli interisti si sono abbattuti su Manganiello per la sua direzione irritante, pur consapevoli che la maggior parte delle responsabilità sono della squadra e del tecnico.
Lo scudetto è ancora alla portata grazie al clamoroso successo del Napoli sulla Juventus, segno che anche gli altri non sono perfetti e a questo proposito la Lazio meritava di perdere il derby. 
Gli scenari cambiano rapidamente e l'Inter ha ancora la possibilità di fare qualcosa. Per il "tafazzismo" non c'è spazio, perché si può riprendere il cammino senza processi sommari ma anche una buona dose di realismo
Amala.

Sezione: Editoriale / Data: Lun 27 gennaio 2020 alle 00:00
Autore: Lapo De Carlo / Twitter: @LapoDeCarlo1
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