Chi ha avuto la pazienza e il buon cuore di leggere qualche valutazione del sottoscritto sul cosiddetto tavolo della pace non si stupira' nel leggere nella riga seguente che, se il fallimento dello stesso era cosa scontata, io ne avevo previsto la rovinosa deflagrazione. Mancava al puzzle che si e' via via composto, a formare un quadro incandescente dei rapporti tra tifoseria nerazzurra e bianconera, l'ultimo pezzo, che e' stato scovato con pavida ed incosciente dabbenaggine dai vertici dello sport e del calcio italiano. Da ieri la rappresentazione d'insieme puo' dirsi completa e una volta di piu' si e' compreso che nel calcio, come nella vita di tutti i giorni, a fronte di situazioni oltremodo critiche non possano esistere azioni inutili. O esse sortiscono un beneficio, o inevitabilmente determinano effetti perniciosi, sedimentando ulteriormente il terreno di coltura per il cui dissodamento erano state predisposte. Da ieri Andrea Agnelli e' ancora piu' il sosia incarognito di Andrea Agnelli, stretto in un abbraccio ulteriormente soffocante con la tifoseria che ha blandito ed adescato, definitivamente liberato dal giudizio storico e morale sui personaggi che hanno incarnato la juventinita' per tanti anni, dal quale si e' peraltro subdolamente sottratto anche dopo le plurime affermazioni della giustizia in merito. E, per converso, Massimo Moratti sara' sempre piu' un Massimo Moratti da attaccare alla baionetta con le formule fruste in uso alla comunicazione invitta ed aggressiva che ha dimostrato di voler modulare il periodo di Calciopoli come un fatto illecito di breve durata decontestualizzandolo arbitrariamente dai propri confini temporali autentici e facilmente riscontrabili. Anche in questo senso percio' non illudiamoci che in discontinuita' col passato vi sara' una parita' di trattamento ma un ulteriore, esiziale accanimento nei confronti di chi non cerca abbracci propagandistici e pelosi ma richiede dal calcio solo che rispetti un minimo di decenza per quello che ha subito per tanti e tanti anni dai soliti immanicatissimi e cinici noti. Ovvero il rispetto, postumo, per se' stesso. Che rimarra' definivamente sotto quel tavolo.

Alla Scala col traviato. Nella magnifica cornice del Teatro alla Scala di Milano e' andata in scena la prémiere pubblica del melodramma in parecchi atti della love story tra l'attaccante rossonero Pato e la mancata presidentessa milanista Barbara Berlusconi. In questi casi nella drastica terminologia mutuata dal politichese di infimo bordo si definirebbe trombata all'ultima curva, ma considerate le circostanze ed il personaggio in gioco, preferiamo diffonderci  in forme espressive piu' eteree e sfumate. Ma tant'e', presidentessa o no, melomane o no, la giovane e probabilmente liftata damigella ha scelto l'occasione piu' conclamatemente mondana esistente in natura - almeno dalle nostre parti - per rendere partecipe l'umanita' intera del grande colpo di fortuna capitatole in amore. Pato dal canto suo non aveva capito proprio benissimo il contesto e la situazione in cui era destinato a cacciarsi. Anche perche' l'innamorata, temendo uno scontato no alla profferta di accompagnamento, era risultata piuttosto vaga nelle parche informazioni recatigli. Risultato, la punta era arrivata alla conclusione che nel corso  ella serata avrebbe conosciuto i Soprano, ovvero gli incontrastati protagonisti della sua formazione televisiva, cioe' culturale, nella spensierata  gioventu' brasileira. Allo scopo si e' fatto trovare impomatato con tanto di sguardo impostato di fronte ai fotografi da far rinvivere la sagoma di Marlon Brando nel Padrino. Aveva solo per questo equivoco rinunciato a malincuore al 7 sulla schiena poco indicato diciamo la verita' allo smocking in generale e ancor di piu' al patinato contorno. Il tempo di andare ad importunare l'usurpatore del posto del suocero per capire se la sua macchina fosse in odore di superbollo e via sul palco. Pato ha assistito - gli astanti hanno contato solo cinque colpi di sonno di una durata media di 3 minuti e mezzo - in maniera eroica alla pièce, il Don Giovanni, durata quanto la versione originale della famigerata Corazzata Potemkin, quella immune dagli stagliuzzamenti censorei. Purtroppo l'ultimo mini abbiocco, spezzato da un impertinente acuto proveniente dal palcoscenico e seguito dal singolare controcanto di una leggera gomitata sul costato sferratagli dalla fidanzata, infastidita dal  suo rumoroso ronfare, gli e' stato fatale. Lo scatto di dignita' "porco giuda mi stanno guardando tutti" ha determinato l'ennesimo infortunio stagionale. Una dolorosissma  contrattura al collo. Dolorosissima per lui naturalmente che, come sappiamo, ha una soglia di resistenza al dolore pari a quella degli studenti del "nido".  Per l'anno prossimo si e' pero' gia' attrezzato. E non lo fregheranno piu'. Il 7 dicembre ha gia' deciso che si asserragliera' in casa come un rivoltoso, staccando la corrente - in certe situazioni anche il citofono e' un nemico - e sprangando la porta di casa. Con robuste sbarre di ferro? Macche', con le compagne di una vita, le stampelle.

Come sa bene Renato Pozzetto, il Natale quando arriva, arriva. Per il Milan quest'anno e' arrivato in treno vista la location prescelta per la festa d'ordinanza, la Stazione Centrale di Milano. Non potevano mancare Zlatan Ibrahimovic, quello che, come e' noto, ha messo nero su bianco di essere stato mendace complice della societa' rossonera  nel tentativo di evitare una sicura e meritata squalifica; Clarence Seedorf, quello che domenica ha pubblicamente contrabbandato un evidentissimo fallo di mano per qualcos'altro. Per la categoria scivolatori d'area: Pippo Inzaghi, che non ha piu' smesso di "provarci" da quando sfidava il fratello per l'evoluzione piu' spettacolare e credibile in casa dopo che la mamma aveva darto la cera e Massimo Ambrosini che non ha mai brevettato il suo ingresso in area palla al piede sincopato alla ricerca del contatto con la gamba dell'avversario di turno, ma a fine carriera ci pensera' seriamente. Il brevetto in questione sara' esteso al movimento di braccia "non sto chiedendo niente" astuta coda della furbata non coronata da successo e passibile di ammonizione. Il presente elenco comprende solo e alcuni calciatori per non complicarci troppo la vita... ci siamo capiti. Beh, come era inevitabile, al passaggio di un simile corteo, l'umanita' minuta e palpitante, stanziale  ed insidiosa ospite della Centrale, dedita ad espedienti di ogni tipo non ha potuto mascherare la propria indignata e mugugnante esecrazione. L'affaire Tevez ha tenuto inevitabilmente banco: parole di benvenuto all'asso argentino sono arrivate proprio da C. Seedorf: "Tevez va dove gli danno piu' soldi". Anche stavolta, forse, volendo dare una mano ad inserirsi al futuro compagno ha confuso la mano con l'omero.

Sezione: Editoriale / Data: Ven 16 dicembre 2011 alle 00:01
Autore: Giorgio Ravaioli
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