Leader: questa parola racchiude la grande differenza tra Romelu Lukaku e Christian Eriksen. La dimostrazione, oltre che sul campo, arriva anche da fuori. E risulta impossibile non partire dalle recenti dichiarazioni del gigante belga, che dopo aver battuto sul rettangolo verde il compagno di squadra in Belgio-Danimarca di Nations League (tra l’altro segnando una doppietta) ha provato a spronarlo con parole pesanti e da trascinatore: “Ha tutte le qualità per diventare un fuoriclasse e voglio aiutarlo - ha sottolineato Big Rom ai microfoni della danese Kanal 5 dopo il fresco 4-2 dei Diavoli Rossi -. Alcuni giocatori hanno bisogno di più tempo per adattarsi al calcio italiano, io sono stato fortunato ad ambientarmi velocemente. Se impara l'italiano, per lui diventerà tutto più facile. Potrà comunicare meglio e dare un contributo maggiore alla squadra”. 

Romelu, uno che nel primo anno a Milano ha convinto e conquistato tutti facendo dimenticare i gol di Icardi e strappando record su record, dà un prezioso consiglio a Christian, top player spaesato e ancora alla ricerca della giusta dimensione nello scacchiere tattico di Antonio Conte. Dopo i primi tentativi (andati a vuoto) da mezzala nel 3-5-2, il danese è stato provato più e più volte anche da trequartista nel 3-4-1-2, ma senza i risultati sperati: qualche sprazzo di classe offerto ad intermittenza e tante lacune tattiche e di atteggiamento. Da uno con le caratteristiche dell’ex Spurs, ovviamente, non si pretende per forza di vedere la grinta, la garra o il recupero in tackle in mezzo al campo, ma la giocata improvvisa e geniale. Ed è innegabile che nelle ultime chance (alcune consecutive e da titolare) che Conte gli ha offerto - anche a causa delle numerose assenze a centrocampo - non è riuscito ad incidere come ci si attende da un giocatore della sua (indiscussa) qualità. 

Se a questa pecca si aggiungono le numerose frecciate arrivate un giorno sì e l’altro pure dalla lontana Danimarca, allora la salita si fa sempre più ripida: Christian ha reclamato spazio a suo modo, evidenziando la voglia di giocare con più continuità ed invitando maliziosamente i suoi fan a ‘chiedere a Conte’ il perché di un impiego con il contagocce. Senza mai mettersi in discussione. Cosa che invece ha provato a fare il leader Big Rom, a partire dall’invito di una vitale conoscenza della lingua italiana che potrebbe facilitarne l’inserimento nel mondo Inter. 

E anche nelle parole usate dai due si vede la differenza di leadership: se il 24 nerazzurro si limita a far intravvedere un po’ di malumore scaricando comodamente il barile delle responsabilità, l’altro dribbla i complimenti per l’ennesima doppietta in carriera dichiarando che la testa è ora tutta per l’Inter e per le delicate sfide in calendario contro Torino e Real Madrid. Certo, non va dimenticato che Conte ha smosso mari e monti pur di avere il gigante belga ad Appiano Gentile, mentre Eriksen è arrivato a Milano in un altro contesto e senza le esaltazioni pubbliche del tecnico salentino. Ma adesso sia Romelu che Christian indossano gli stessi colori: uno è un leader che c’è e trascina l’Inter, l’altro è quello che manca e che è obbligatoriamente da ritrovare. O sarà un peccato per tutti. 

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Sezione: Editoriale / Data: Sab 21 novembre 2020 alle 00:00
Autore: Stefano Bertocchi / Twitter: @stebertz8
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