Frank De Boer ha chiesto pazienza ed è giusto accordargliela. Tra tutti, è decisamente il meno colpevole per questo avvio di stagione col freno a mano tirato. Un punto in due partite non è altro che la logica conseguenza di un'estate tormentata, in cui il club è arrivato al divorzio con Mancini col campionato ormai alle porte. Non è interessante capire dove e perché siano nati i malintesi con l'ex allenatore, l'unico aspetto che conta è che una società come l'Inter non può sostituire la guida tecnica a meno di due settimane dalla prima giornata. In qualunque caso, e al netto delle attenuanti generiche, le responsabilità sono di chi comanda.
Chiarito questo punto, torniamo al campo e a De Boer. Se ne sono lette parecchie contro l'olandese, anche di pessimo gusto. La verità è che niente si può improvvisare nel calcio, soprattutto in un club come l'Inter. L'ex Ajax non sta facendo altro che cercare di capire come meglio assemblare i suoi giocatori, peraltro palesemente fuori condizione: raramente si è visto a questi livelli una squadra così tanto in ritardo fisicamente.
Accantonato il 3-5-2 del Bentegodi, De Boer ha sdoganato il tanto caro 4-3-3 con risultati insufficienti. Poca velocità in transizione, poca qualità nei laterali bassi, poca concretezza negli interni di centrocampo e meccanismi ancora quasi totalmente da oliare. Contro un avversario davvero scadente come il Palermo (zero tiri in porta, Handanovic bucato solo da una deviazione fortuita di Santon su conclusione velleitaria di Rispoli), i nerazzurri hanno faticato nel creare gioco e le occasioni sono arrivate quasi tutte da calci piazzati o da iniziative personali. Nonostante il netto divario, tutto sommato i rosanero non hanno sofferto enormemente il forcing avversario. Per larghi tratti, si è rivisto il canovaccio dell'anno scorso, quando l'Inter comandava in fatto di possesso palla, ma poi era prevedibile in attacco.
Tra gli altri, due i fattori che sono saltati all'occhio: il Banega depotenziato nel ruolo di regista basso e l'Icardi ancora una volta corpo estraneo.
Partiamo dal Tanguito. De Boer ha sperimentato l'ex Siviglia in cabina di regia, con Kondogbia e Medel ai suoi lati. Scelta che potrebbe anche avere una sua logica, se non fosse che: a) Togliendo Banega dalla trequarti non si hanno altri elementi che possano farne le veci 10-20 metri più avanti; b) Servirebbe un attaccante totale, predisposto a cucire la manovra e che sappia andare negli spazi: l'Inter non ce l'ha. E il punto b) ci conduce direttamente alla questione Icardi. Maurito – per l'ennesima volta – è stato quasi uno spettatore non pagante. Svagato negli agganci, nullo nei duelli fisici (tanto palla a terra quanto aerei), macchinoso negli scambi e pure impreciso sotto porta. Per livellare tutta questa serie di mancanze, il capitano dovrebbe buttare dentro almeno tre palloni su sei: ecco perché il golletto (gentile cadeau di Candreva) non lo assolve.
Immaginiamo che De Boer abbia annotato tutto. Banega a fare il vigile davanti la difesa senza la possibilità di poter essere decisivo (non solo per i suoi limiti congeniti di ruolo, evidentemente) non è concepibile in questa squadra. Nessun allenatore al Barça si è mai sognato di piazzare Iniesta davanti la difesa. Ok, all'Inter non c'è un Busquets, ma non per questo devi peggiorare la situazione. Per il bene di tutti (di Ever, di Frank, della squadra e della salute dei tifosi interisti), meglio che si esca al più presto da questo equivoco tattico.
E poi sarebbe ora che Icardi si sforzasse di migliorare a 360 gradi, dalla tecnica individuale alla propensione nel lavoro di squadra. Al contrario, non esistono leggi per cui il numero 9 debba essere per forza titolare. C'è Palacio, c'è Eder e, soprattutto, ora c'è pure Gabriel Barbosa. Gabigol non sarà un centravanti puro, ma una soluzione va trovata e l'ex Santos può essere la chiave. I saggi del calcio dicevano: "E' l'attaccante che fa giocare bene una squadra". E De Boer ci pare uno piuttosto saggio.
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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