Senza dichiarazioni a cui far riferimento per provare a decifrare il disegno tecnico-tattico di Antonio Conte, in sciopero dalle interviste dopo Siviglia-Inter, bisogna per forza affidarsi ai numeri per conoscere il primo capitolo della nuova storia nerazzurra che sarà chiaro solo dopo il 5 ottobre. Sono loro a dare il vero codice d'accesso alla nuova stagione sulla quale martedì si è alzato il sipario in quel di Appiano Gentile: solo a venti minuti dal kick-off di Inter-Lugano, all'atto della pubblicazione della distinta ufficiale, sono venuti a galla alcuni indizi importanti di mercato altrimenti non facili da cogliere in una rosa extra-large composta in totale da 32 elementi. Detto di Matias Vecino, ancora ai box per infortunio, e Joao Mario, stipendiato dal club ma desaparecido sui campi della Pinetina formalmente per 'questioni familiari', sono balzate agli occhi le assenze di Diego Godin (in trattativa non più segreta col Cagliari), Kwadwo Asamoah (fantasma da mesi) e Antonio Candreva, ex pretoriano del tecnico leccese. Giocatori senza diritto di sedersi nemmeno sulla panchina allungata a bordo del campo centrale del Suning Training Centre, che ha ospitato – tra gli altri – anche Ivan Perisic e Radja Nainggolan, i due cavalli di rientro che si sono simbolicamente scambiati la maglietta senza aver la certezza assoluta di poterla vestire anche dopo il gong finale di questa strana sessione estiva-autunnale. Nella girandola di cambi innescata all'intervallo da Conte, con la squadra rivoluzionata per 11/11, sono rimasti seduti a guardare la sgambata contro gli elvetici solo Padelli, retrocesso al ruolo di terzo portiere, oltre ai 2002 Esposito e Pirola, pronti a farsi le ossa in prestito in qualche club di Serie A.
Sul rettangolo verde, la serie numerica più interessante della prima non ufficiale della Beneamata versione 2020-21 è stata sicuramente quella che ha definito il modulo: 3-4-1-2. Una traccia di lavoro su cui si possono imbastire alcune riflessioni tra campo e mercato, a partire dal trequartista, il ruolo forse più decisivo di questa scacchiera. In quella porzione di campo si sono alternati il redivivo Stefano Sensi, rinfrancato dal gol in Nazionale, e Christian Eriksen, l'uomo per cui Conte potrebbe pensare di derogare dal 3-5-2 puro. Senza per questo rallentare l'inserimento lampo di Arturo Vidal. Uno che, per intenderci, arriva con i galloni del giocatore vincente e di esperienza, nonché come prediletto del tecnico per la sua non comune duttilità. L'overbooking nel reparto, al netto della scrematura auspicata da Marotta e Ausilio, non impedirà al cileno di avere una posizione di vantaggio nella corsa alla titolarità circoscritta a tre posti per 6/7 giocatori. Senza addentrarci in pronostici sulla fattibilità dell'eventuale colpaccio N'Golo Kanté, che altererebbe gli equilibri al vertice della Serie A alzando il livello già alto della mediana, è chiaro che la posizione più a rischio – con l'arrivo di Re Artù – sarebbe quella del Ninja, giocatore poliedrico ma decisamente meno affidabile ad alti livelli del (futuro) compagno di cresta, almeno per quello che ci ha insegnato la storia personale dei due.
E, allora, che tipo di triangolo di centrocampo dobbiamo aspettarci? Tutto, come sempre, ruota attorno a Christian Eriksen, messo frettolosamente nel dimenticatoio, nonostante il suo status tecnico superiore: il danese, se libero di agire tra le linee senza l'assillo di troppe corse all'indietro, diventa una risorsa che va tutelata con due giocatori complementari e abili nelle due fasi. In attesa di Vidal, Barella + Brozovic è il mix ideale perché garantisce copertura e inserimenti allo stesso tempo. Difficile, invece, la convivenza dell'ex Cagliari con Arturo, che a quel punto verrebbe depotenziato con l'abbassamento del suo raggio d'azione. Uno spreco potendo contare sulle doti in fase d'uscita del pallone di Sensi, che non ha disimparato il ruolo originario (citofonare Mancini per avere ragguagli). La variabile impazzita resta, appunto, il Guerriero sudamericano, perfetto da mezzala e prezioso come guastatore dietro le due punte. Caratteristiche che lo rendono non migliore del biondo di Middelfart ma senz'altro più utile nei pensieri dell'allenatore, che all'occorrenza potrebbe tranquillamente tornare al suo amato 3-5-2. Non per una questione di equilibri quanto piuttosto filosofica: dato il materiale a disposizione (in questo caso non pre-confezionato), secondo King Antonio è preferibile aggredire gli spazi dopo il recupero del possesso palla che dominarli con il controllo della stessa. Ecco perché la 'vittima sacrificale', quel numero '1' che segue il 3 e precede il 2 nel primo messaggio in codice mandato dal silente Antonio, sembra avere un nome e un cognome: Christian Eriksen. Mentre Marcelo Brozovic, unico per caratteristiche nel ventaglio di possibilità della mediana, per ora resiste, salvato dalla sua capacità di adattamento e da un mercato povero che non può portare in dote N'Golo Kanté se non a fronte della cessione di un big.
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Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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