L'Inter non ha solo vinto, ha stravinto lo scudetto. I nerazzurri, a un certo punto del campionato, hanno strappato in maniera feroce e staccato la concorrenza che si è smarrita sotto gli scatti perentori della squadra di Conte. E così è arrivato il 19° scudetto al culmine di una stagione complicatissima per mille contingenze, dalla pandemia alle vicissitudini societarie. Un ulteriore merito per un gruppo che adesso giustamente si gode il successo. E allora è tempo di dire grazie, di dedicare il trionfo a chi lo ha permesso.
1) Alla famiglia Zhang, perché il percorso tracciato è stato corretto fin dalle basi. Al netto di qualche errore e di qualche valutazione errata, Steven & Jindong hanno riportato il club ai vertici non solo del calcio italiano con idee chiare e senza squilli di tromba.
2) A Spalletti, perché la storia parte da lì, dalla sua gestione che ha riconsegnato all'Inter una grande dignità sportiva e un posto in Champions League, con tutti i pro del caso.
3) A Ranocchia, Handanovic, Brozovic, Perisic, Gagliardini e D'Ambrosio, gente che suda ad Appiano Gentile da anni e che non ha mai mollato, guadagnandosi la giusta ricompensa. Come loro, lo avrebbero meritato anche altri che nel frattempo la Pinetina l'hanno lasciata: Palacio su tutti.
4) A Vecino, perché la capocciata contro la Lazio è stato il momento più alto della storia recente dell'Inter fino all'ultimo biennio. Un frammento decisivo che ha incanalato la storia.
5) A Skriniar, De Vrij e Bastoni, perché alla fine quel muro che si intendeva costruire dopo l'avvento dell'olandese a Milano è stato eretto davvero, per la disperazione degli attaccanti avversari.
6) A Barella, novello Nicola Berti, e a Sensi, tanto geniale quanto sfortunato: il futuro resta per entrambi incredibilmente roseo, ma intanto il presente splende.
7) A Eriksen, capace di buttare giù bocconi amarissimi e di affermarsi con la sua classe cristallina, segnando di fatto il gol scudetto.
8) Ad Hakimi, ultimo della lunga stirpe dei grandi esterni destri nerazzurri, e a Sanchez, che non sarà più Niño ma che resta comunque Maravilla.
9) A Vidal e Kolarov, accomunati dai problemi fisici, ma pure decisivi in due momenti chiave della stagione: il cileno con il gol alla Juve, il serbo con la giocata in Coppa Italia che fa espellere Ibrahimovic e getta il seme del sorpasso psicologico sul Milan.
10) A Darmian, "eroe per caso" nel momento chiave della stagione. Alla faccia di chi ne derideva l'acquisto.
11) A chi ha raccolto scarse soddisfazioni personali come Young, Pinamonti, Radu e Padelli, ma che non ha mai fatto mezza polemica.
12) A chi ha parlato di fallimento, di libri in tribunale, che ogni 6 mesi ci ripete "i big dovranno essere ceduti": il Rumore dei Nemici è un carburante sempre molto apprezzato dalle parti di Appiano.
13) Agli intertristi e ai #conteout, irriducibili fino in fondo. Magari avrebbero preferito il decimo scudetto della Juventus oppure il tricolore per quelli di "Pioli is on fire". Spiace.
14) Agli esteti del gioco, che da mesi ci propinano il loro dogma, giudicando il calcio come fosse materia etica. Se l'Inter gioca male (ma poi cosa significa giocare bene o giocare male?), figurarsi quelli che sono dietro di 13, 18 o 27 punti.
15) Alla dirigenza, perché con la proprietà in difficoltà ha saputo tenere a galla la barca anche nei momenti di tempesta.
16) Alla Lu-La, tandem dei sogni: due attaccanti tanto letali quanto altruisti. Lautaro non gioca con Messi in Catalogna e forse mai lo farà; Lukaku... sì: "quest'uomo" vale eccome i soldi spesi.
17) A Oriali, alfiere interista, da sempre al fianco di chi guida. Anche stavolta ha condotto a termine la sua missione con risultati eccellenti.
18) A Conte, perché ogni impresa che si rispetti ha bisogno del suo condottiero. E stavolta il passato personale ha reso il tutto ancora più complicato. Il lavoro e la serietà parlano per lui, al di là dei risultati. E adesso anche quelli, almeno per chi cercava di tapparsi gli occhi.
19) Ai tifosi, tanto lontani quanto vicini. In una delle stagioni più nere non solo del calcio, ma dell'intera umanità, l'Inter ha saputo offrire ai suoi appassionati un nuovo orgoglio. La fratellanza travalica le barriere, l'amore non ha recinti. E se c'è ancora speranza, molto lo si deve alla passione: il sentimento che non va disperso. Oggi è il giorno della felicità.
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Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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