Se Andrea Stramaccioni avesse inseguito a calci Lucio dopo l’impressionante errore di Parma, forse adesso penserei che Moratti, per quanto innamorato della sua creatura, lo avrebbe esonerato al termine della stagione. Ma ciò non è accaduto, giustamente. Anche se immagino, dopo aver visto la faccia scura del mister a fine partita, quanta rabbia vera abbia dovuto ricacciare dentro, per quei tre minuti di follia, e per una serie di errori in attacco che hanno bruscamente interrotto un filotto di successi che sembrava inarrestabile. Da qui al derby assisteremo a ogni possibile tentativo di destabilizzare la squadra, perché la macchina della comunicazione è potente, oliata, pronta a scattare quando serve, cioè adesso. Se l’Inter vivacchia o perde colpi, veniamo infatti trattati con sufficienza, con bonomia pietosa, o con giudizi livorosamente ripetitivi alla Sconcerti. Ma quando alziamo la testa, e torniamo a fare paura, scatta l’allarme rosso e la grancassa riparte fragorosa. Adesso è l’ora di Bielsa, o di Prandelli, o di qualsiasi altro nome che possa apparire suggestivo, e corrispondere all’idea che il nostro presidente è una specie di pazzo al comando di una nave alla deriva.
Mai come oggi sento un bisogno irrefrenabile di difendere e di sostenere la logicità e la coerenza, anzi la genialità, di tenere sulla nostra panchina anche per la prossima stagione Andrea Stramaccioni. Provo però a ragionare con lucidità, senza passione, basandomi sugli indizi. Il nostro Strama va alla Gazzetta per una lunga intervista prima del derby. Una consuetudine, si dice. Già, ma appare almeno singolare che ad accompagnarlo sia l’intero staff dirigenziale dell’Inter, Branca e Ausilio in testa. Una congiura? Un tradimento perfido dietro il sorrisetto imperscrutabile ed eternamente sfottente del nostro direttore tecnico? A me pare che questa sia, assai più banalmente, una investitura informale, un messaggio a tutti, un segnale di forza. Stramaccioni conclude l’intervista parlando del suo futuro, e dicendo, molto onestamente, che non tornerà alla Primavera. Giusto: si potrebbe interpretare questa affermazione come l’annuncio di una separazione consensuale, ma invece è, secondo me, il primo indizio di un accordo forte con il Presidente. Della serie: indietro non si torna. Ovviamente questa frase prelude a un “ritocco” dello stipendio, ma un allenatore non si giudica da questi particolari. E Moratti, dopo Parma, ha scandito le parole: “Gli errori non sono stati del tecnico”. Non ha bofonchiato: “Vediamo, ci pensiamo domani…”. E’ stato secco e preciso, a difesa del mister.
Stramaccioni è sicuramente uno dei colpi di mercato più clamorosi degli ultimi anni. Tenendolo in panchina l’Inter fa un investimento doppio: la sua quotazione è già sui livelli dei nomi più blasonati, e fra un anno, se la squadra torna a girare, sarà un vero patrimonio fatto in casa. Risparmiando sulla panchina, Moratti può spendere, vendendo qualcuno degli eroi di Madrid e anche della seconda scelta della rosa, e comprando tre o quattro top players che servono come il pane. Può tenere Sneijder, che si è confermato insostituibile, ed è ancora al 70 per cento, forse meno. Può usare l’intera estate per programmare, scegliere, decidere, avendo per la prima volta dai tempi di Mourinho il coltello dalla parte del manico. Può affrontare alla grande la campagna abbonamenti, puntando sull’onda montante dell’entusiasmo per Stramaccioni. La frase di Milito di oggi è molto interessante: “Noi pensiamo che possa restare”. Noi. Non solo “io”. E in quel noi, inutile dirlo, ci vedo gli argentini, gli storici, da Zanetti a Cambiasso, a Samuel.
E poi, diciamolo: Stramaccioni è bravo, ha idee moderne, ci sta facendo divertire (almeno a tratti…), mette in campo una squadra moderatamente offensiva, e comunque non rinunciataria, ma dalle linee corte, con i movimenti giusti, con le aperture sulle fasce e la genialità al centro del campo. E’ un motivatore formidabile, un catalizzatore su di sé delle tensioni e delle paure, un abile comunicatore, capace di snidare le prostitute intellettuali e di fulminarle con una battuta. Stramaccioni è da Inter. E Moratti, per primo, lo sa bene. Andiamo a giocarci il derby, e sosteniamolo con quella passione nerazzurra che non è mai da gonzi, ma anzi, forse, a volte anche troppo critica. Ce la possiamo fare. E l’unico rammarico è che il campionato sta per finire, proprio quando cominciavo a divertirmi. Forza Strama, facci sognare.
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