Partiamo dai fischi. No, non vanno bene. Primo perché non erano meritati in assoluto. E poi perché noi siamo l’Inter. A futura memoria, quando il cantiere che sta producendo la squadra del futuro girerà a meraviglia, mi piacerebbe che i fischiatori di oggi evitassero di applaudire e di esaltarsi domani. Così, giusto per un po’ di coerenza. Ero lì a soffrire, come tutti. Non fa piacere veder perdere l’Inter due a zero in casa con il Siena. Eppure non sono uscito depresso. E mi sono stupito io per primo di questa considerazione psicologica immediata. Mi sono chiesto perché. La risposta è semplice: l’Inter c’era, ed è stata anche bella, per larghi tratti. Oserei dire piacevole, ma mi rendo conto che il risultato è quello che parla.
Il tentativo di costruire sempre la manovra ragionando palla a terra trova limiti maggiori quando incontriamo, in casa, squadre schierate con cinque difensori e tre appena davanti la linea di difesa. Vero è che il Siena non ha mai rinunciato a giocarsela, con buone geometrie e una velocità nelle ripartenze che ci porta al secondo problema. Quando costruiamo gioco in avanti e spostiamo anche i cursori di fascia a sostegno della manovra offensiva, soffriamo le ripartenze nella zona più vulnerabile, un centrocampo dove oggi Guarin e a volte anche Gargano non sono riusciti a dare il meglio di sé. Logico, a questo punto, che Ranocchia e Juan Jesus tenessero la linea difensiva non troppo alta, per paura di essere saltati. Ma così troppo raramente abbiamo potuto bloccare con il fuorigioco le azioni di contropiede degli uomini di Cosmi, e, soprattutto, la nostra squadra tendeva ad allungarsi pericolosamente, perdendo intensità e lucidità.
Ecco, l’intensità: forti e arrembanti nella seconda parte del primo tempo, e se avessimo raccolto quanto seminato avremmo chiuso la prima frazione almeno con due gol di scarto, forse tre. Inutile invocare le prodezze di Pegolo: ormai lo sappiamo che i portieri appena approdano sull’erba del Meazza vengono posseduti dallo sciamano e non sbagliano un intervento. Se poi Sneijder decide di cedere a Milito l’onore del gol anche quando la porta è lì a sua disposizione, allora c’è da cominciare a temere il peggio. Ma Wesley, nel complesso, assieme a Cassano, ha costruito gioco in quantità e in qualità, caricandosi la squadra sulle spalle. Cambiasso sta migliorando di partita in partita (che bello il suo colpo di testa!), Pereira e Nagatomo non hanno sbagliato quasi niente, e Ranocchia e Juan Jesus sono sicuramente sempre più affidabili.
Giocare in casa con una sola punta autentica è sicuramente rischioso. Milito svaria molto, ci mette l’anima, ma non possiamo pensare che ogni volta riesca a fare da solo quello che normalmente è il compito di due o tre punte. L’assenza di Palacio un po’ si sente, il che non è di per sé negativo, anzi è la conferma che abbiamo bisogno anche della trenza, per creare spazi e alternative. Cassano è eccellente come qualità, ma sicuramente deve muoversi per ora a ritmi non velocissimi, e quando la difesa avversaria è già piazzata per definizione, la conseguenza è che il novanta per cento dei tiri o dei cross vengono ribattuti e rimpallati, vanificando un lavoro prezioso. Livaja in certe partite potrebbe entrare in campo un po’ prima, dando quell’energia in più, condita dall’esuberanza degli esordi, che in questa Inter sperimentale potrebbe diventare oro. Alvarez fatica, a mio parere, a entrare in gioco a partita ormai incanalata, ha bisogno di serenità e di tempo per carburare, e lo stesso discorso, in altro modo, vale anche per Coutinho.
Tutto da buttare, dunque? Niente affatto. Bisogna lavorare molto di fino, direi di brugola. Avvitando, stringendo bulloni, provando e riprovando, discutendo, studiando. Stramaccioni in questo senso è la persona più adatta (ho sentito di nuovo alcuni tifosi sostenere che “non è da Inter”…). Zanetti dalla panchina forse avrà visto cose che a noi sfuggono, e mi sa che era questo che oggi il mister voleva da lui.
Dobbiamo mai come adesso circondare la squadra e l’allenatore di affetto e di sostegno morale. Il che non vuol dire non avere dei rilievi o dei suggerimenti da proporre. Ma evitando il richiamo irresistibile e snobistico della saccenteria da tribuna, luogo di sfogo dei pensieri peggiori e più ingiusti. Io ho la sensazione, dentro di me, che questa squadra ci regalerà grandi soddisfazioni. A Verona e poi domenica con la Fiorentina avremo altre due partite importanti, ma da affrontare senza l’acqua alla gola, anzi, con la maggiore serenità possibile. E poi il derby lo giocheremo in trasferta, il che, di questi tempi, è una buona notizia…
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