Marcello Lippi torna a parlare e stavolta lo fa alla Gazzetta dello Sport. Argomento principale, manco a dirlo, l'emergenza coronavirus.

Vedremo diversamente la vita, e il calcio, dopo?
"Probabile. Ma non parlo solo di incazzature per una sconfitta. Spero che, chi decide, stia pensando al calcio dilettantistico che rischia di scomparire. Spero lo protegga. Quello d’élite ne uscirà sicuramente ridimensionato, ma tutto sommato non sarebbe neanche un male".

Ridimensionati anche i giocatori?
"Sì. E accetteranno. Si è portati a credere che siano tutti viziati e ricchi, che pensino solo a soldi, macchine, belle donne. Demagogia. Ci sono quelli così come in tutte le categorie. Ma poche hanno la stessa sensibilità sociale dei calciatori".

Lei quando ripartirebbe con il calcio?
"Soltanto quando saremo a contagi zero. Non importa se a porte aperte o chiuse: non è questo il problema. Il problema è che impossibile non succeda qualcosa se una squadra, una cinquantina di persone in tutto, viaggia e incontra camerieri, cuochi, autisti... Solo quando questa guerra sarà vinta dovremo ripartire. E dalla 26ª giornata. Niente play-off o altre formule, per carità. Dodici giornate. Non è giusto che chi ha fatto sei mesi eccezionali debba giocarsi tutto in due partite, e lo stesso per chi sta lottando per la retrocessione. Campionato e coppe: non si comincia la nuova stagione prima di aver finito questa. La prossima partirà più tardi, avrà qualche turno infrasettimanale. Non importa. E non è soltanto questione di campo...".

Perché?
"S’immagina che cosa accadrebbe con un’assegnazione straordinaria? Tra reclami, ricorsi, avvocati, tribunali… non ne usciremmo più".

Sezione: Rassegna / Data: Mar 07 aprile 2020 alle 11:43 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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