Fateci caso. Quando l’Inter segna c’è un uomo che va sempre verso l’allenatore. Non lo fa per esultare, comunque non solo, ma perché gli tocca ascoltare il predicozzo della panchina. Anche in quel momento. Quell’uomo si chiama Javier Zanetti, dei nerazzurri è il capitano e questa sera a San Siro contro il Bologna eguaglia Beppe Bergomi, altro colosso del club, nelle presenze in campionato: 519. La prima volta fu il 27 agosto 1995, Inter-Vicenza, l’ultima nessuno sa quando arriverà. Non Moratti, non Leonardo e nemmeno Zanetti: ci sono le colonne d’Ercole da oltrepassare, 758 partite in nerazzurro. Mare in cui solo Bergomi, e chi se no, ha navigato. Lui è a 724, un altro giro e ci arriva.

Zanetti, 37 anni mai sopra le righe. E la riga. Lo stesso taglio di capelli del giorno in cui fu presentato: 5 giugno ‘95. Sullo sfondo il Duomo, cravatta con i cavallini, abito crème. Al suo fianco Rambert, detto anche Avioncito. Lui doveva essere quello forte. La storia fece un’altra strada: Rambert la meteora, Zanetti la cometa. Tanto calciatore da essere diventato l’anti-calciatore. Ci mette cuore, testa e muscoli: l’ordine lo decide lui, il prodotto però non cambia. Non si ricordano sceneggiate e neanche spacconate; veline o copertine lontano dal pallone. Per dire dell’uomo: con l’Inter ha deciso di festeggiare il record di presenze oggi e non la settimana prossima quando supererà Bergomi, la storia deve essere condivisa anche quando la si fa. Una speciale fascia di capitano, i profili stilizzati di Zanetti e dello Zio e il 519 ricamati sul tessuto. L’ha voluta lui. Come a Firenze, nel 2006. Giacinto Facchetti era morto da venti giorni. Sulla fascia, quel giorno, un requiem laico: «Tu sei tutto quello che un uomo dovrebbe essere. Ci mancherai. Ciao Giacinto».

Zanetti è così. Ha un pensiero per tutti. Ad Abu Dhabi ha ritirato la Coppa Intercontinentale con la maglia di Samuel, il difensore argentino infortunatosi gravemente, il nome sul petto perché la dedica si vedesse in mondovisione. Traduce la solidarietà in fatti: lo chiamano Pupi e il soprannome è diventato il nome della sua Fondazione, ci lavora con la moglie Paula e insieme aiutano i bambini poveri dell’Argentina. Si sono sposati il 23 dicembre ‘99 «e il 23 di ogni mese Javier, in qualunque parte del mondo si trovi, mi manda dei fiori» ha raccontato la moglie. Hanno due figli, Sol e Ignacio, insieme a papà finirono sul prato del Bernabeu nella notte da campioni d’Europa: alti come la Coppa dei Campioni, anche loro campioni. Per Moratti è un figlio, per l’Inter il parafulmine. Da mandare in conferenza stampa nei momenti caldi, sicuri che da Javier non uscirà una parola di troppo. A volte neanche una parola. Ha difeso Benitez come gli altri precedenti 12 tecnici (facciamo 11, con Tardelli proprio non si prendeva), solo quando è arrivato Leonardo («Con lui c’è una stima particolare anche fuori dal campo») si è capito che l’Inter poteva svoltare. Il capitano aveva dato il suo imprimatur.

Tutti in fila dietro Zanetti. Quando si entra in campo come sull’aereo al momento del mate, la bevanda degli argentini che in casa Inter va più della Coca-Cola: lo prepara lui, lui passa la bombilla, la cannuccia, ai compagni. Tutti in fila dietro al capitano: quando si ritirano i trofei e quando si va a messa il sabato nella cappella di Appiano Gentile, il collegio nerazzurro. Per Leonardo, Zanetti «è un caso da studiare, la costanza, il modo in cui gioca è incredibile». Ode e lode al capitano. Perché non c’è niente fuori posto nella sua carriera: una sola espulsione, Inter-Parma di Coppa Italia (arbitro Braschi), mai un personalismo se non qualche vezzo: l’anno scorso i giocatori nerazzurri chiesero per ognuno una 500 personalizzata, il capitano fu l’unico ad avere il numero sulla portiera. Ovviamente il 4, gemello di campo. Oggi gli regaleranno un bracciale speciale, l’hanno deciso nella cena di giovedì. Quello con il numero 759 inciso, sicuri, è già pronto.

Sezione: News / Data: Sab 15 gennaio 2011 alle 12:24 / Fonte: Calcionews24-Paolo Brusorio per La Stampa
Autore: Redazione FcInterNews
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