Essere donne non è mai stata, di per sé, cosa facile. Essere donne e avere la pretesa di seguire il calcio, addirittura di scriverne, lo è ancora meno. Non per questione di capacità, quelle non mancano a nessuno, quanto di passione e di retaggi tutti italiani. E' infatti una teoria tutta italiana quella secondo cui per poter davvero capire qualcosa di calcio devi necessariamente averlo praticato. E per quanto il calcio femminile si stia sempre più affrancando da quello maschile, raggiungendo una propria dignità, l'equazione di base resta sempre "sei donna = non puoi aver giocato a calcio = non puoi capirlo pienamente". E poco importa se la giornalista, ma anche una semplice appassionata, risponderà che due dei più grandi allenatori della storia del calcio, Sacchi e Mourinho, i campi da calcio da giocatori li hanno calcati a malapena: non ha giocato a calcio, quindi non può essere pienamente credibile.

Ma non è l'unica difficoltà. In Italia, con rarissime eccezioni, ti viene inculcata fin da bambina l'idea per cui il calcio è una roba da maschi. Per questo sviluppare un'autentica passione per il pallone diventa sempre più un aspetto personale, maturato magari crescendo, o ambientale nel momento in cui si proviene da una famiglia di appassionati (il secondo è stato il mio caso).

L'altro luogo comune è che la donna media guardi il calcio solo per rifarsi gli occhi sul bell'aspetto dei calciatori. Per carità, gli occhi li abbiamo tutti, ma è lo stesso concetto per cui un ragazzo guarderà una trasmissione piuttosto che un'altra usando come discriminante la presenza o meno di conduttrici avvenenti. Anzi, è molto più probabile trovare un uomo che faccia commenti esplici sulla presentatrice di turno piuttosto che una donna si perda in lodi sperticate sugli addominali di Campagnaro.

E poi c'è IL pregiudizio supremo: "le donne non capiscono il fuorigioco". Può anche essere vero, ma non certamente per incapacità. Una cosa non la si capisce nel momento in cui non interessa o non appassiona: mai mi è capitato di incontrare una giornalista o una tifosa che non conoscesse le regole del fuorigioco o che non riuscisse a riconoscerne uno anche ad occhio nudo. E quando dico tifose, intendo tifose vere, non le tifose occasionali che vengono fuori durante i Mondiali quando gioca la Nazionale, quelle che "ma noi chi siamo, da che parte dobbiamo segnare?". Lì il calcio diventa più un'occasione conviviale e di aggregazione (gli uomini sarebbero comunque irreperibili visto il grande evento) che una reale passione. Ma il tifo E' passione ed è alle appassionate vere che mi rivolgo: non permettete mai a nessuno di dirvi che non siete all'altezza solo perché siete donne, probabilmente sono gli altri a sentirsi minacciati da voi.

Sezione: La Rubrica / Data: Sab 21 settembre 2013 alle 00:30
Autore: Alessandra Stefanelli / Twitter: @Alestefanelli87
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