Lunga intervista di Massimo Moratti sul Corriere della Sera, che parla dell'attualità calcistica ma non solo. Ecco alcuni frammenti delle parole dell'ex presidente nerazzurro tra passato e presente.
Qual era il suo calciatore preferito?
"Benito Lorenzi, detto Veleno. Fuori dal campo era dolcissimo: si prendeva cura teneramente dei figli di Valentino Mazzola, Sandro e Ferruccio. Ma in campo diventava tremendo. Provocava il pubblico, prima e dopo aver segnato. Fu Lorenzi a soprannominare Boniperti Marisa, nonostante fossero amici. Boniperti si arrabbiava moltissimo".
Peggio il Milan o la Juve?
"La Juve, senza dubbio".
Il calciatore più forte che abbia mai visto?
"Ve ne dico due: Angelillo e Ronaldo. Due storie parallele. Come Herrera e Mourinho".
Cioè?
"Angelillo era classe pura. Fece un campionato straordinario, da 33 gol. Poi si innamorò perdutamente di una cantante, e si perse. Lo vendemmo e con il ricavato comprammo Luisito Suarez: intelligentissimo".
E Ronaldo?
"Era venuto a trovarmi quando giocava nel Psv, con una fidanzatina olandese... Quando arrivò all’Inter era il calciatore più forte del mondo. Dopo gli infortuni non è più tornato a quel livello".
Si sentì tradito quando andò al Real Madrid, dopo che l’Inter l’aveva aspettato?
"No. Mi ero immedesimato in lui, nel suo dolore. Trovavo giusto che volesse cambiare, dopo aver sofferto tanto".
Chi era il suo eroe?
"Mariolino Corso. Mai vista un’ala con tanta classe. Ho amato Recoba perché in lui rivedevo l’imprevedibilità di Corso".
Cosa accadde il 5 maggio 2002, la sconfitta con la Lazio che vi costò lo scudetto?
"I giocatori credettero di aver avuto segnali dai colleghi della Lazio: non si sarebbero impegnati, per non favorire la Roma. Tutte balle. Ne ero convinto già prima del fischio d’inizio, e li avvisai: “Nessuno ci regalerà nulla”. Eppure entrarono in campo con una sicurezza eccessiva. E non sono mai riusciti a prendere in mano la partita. Mi sentivo così responsabile che mi dissi: non lascerò il calcio finché non avrò la rivincita".
Il vostro centravanti era Bobo Vieri.
"Un bastiancontrario, sempre critico verso la dirigenza; ma non un cattivo ragazzo. All’Inter fece tutto quello che poteva fare; eppure non ha vinto nulla".
Poi arrivò Ibra.
"Simpaticissimo. Avevo l’abitudine di consultare i giocatori più importanti per la campagna acquisti, e con Zlatan avevamo un rito. Lui mi diceva: “Di Cambiasso l’anno prossimo potremmo anche fare a meno...”. Io ridevo. Poi andavo da Cambiasso, che mi diceva: “Di Ibra l’anno prossimo potremmo anche fare a meno...”".
E nello scontro tra Ibra e Lukaku per chi parteggiava?
"Pareva un match di boxe tra due campioni del mondo. Lukaku è un tesoro... Mi sarei frapposto tra i due, a rischio di prenderne da entrambi".
Mazzola ha raccontato di aver lasciato l’Inter perché lei si consultava con Moggi.
"Non è andata così. È vero che Moggi voleva venire all’Inter, e io non gli ho mai detto esplicitamente che non lo volevo; ma non l’avrei mai preso".
Perché?
"Perché la Serie A era manipolata; e noi eravamo le vittime. Doveva vincere la Juve; e se proprio non vinceva la Juve toccava al Milan. Una vergogna: perché la più grande forma di disonestà è imbrogliare sui sentimenti della gente".
All’Inter comandava Facchetti.
"Un uomo splendido. Una volta gli dissi: “Giacinto, possibile che non si trovi un arbitro, uno solo, disposto a dare una mano a noi, anziché a loro?”. Mi rispose: “Non può chiedere a me una cosa del genere”".
Alla Juve tolsero due scudetti, e uno lo assegnarono a lei. Lo rivendica?
"Assolutamente sì. So che gli juventini si arrabbiano; e questo mi induce a rivendicarlo con maggiore convinzione. Quello scudetto era il risarcimento minimo per i furti che abbiamo subìto. Ci spetterebbe molto di più".
Ora l’Inter è cinese, forse ancora per poco.
"Gli Zhang, sia il padre sia il figlio, mi sono sempre parsi in buona fede. All’inizio mi chiedevano di parlare ai giocatori, di motivarli. Ma oggi reggere a lungo nel calcio è impossibile. Ogni anno le perdite raddoppiano o quasi: 50 milioni, 100 milioni, 150 milioni...".
Come finirà?
"Forse arriverà un fondo americano. Ma attenti alla speculazione. Il calcio non è costruito per fare soldi. Gli americani vorrebbero trasformarlo in spettacolo. Show-business. Ma non so se in Italia sarà mai possibile".
E il nuovo stadio?
"Non mi convince. Buttare giù San Siro sarebbe un delitto. Dice: così i club guadagnano 30 milioni l’anno. Ma cosa sono 30 milioni, rispetto alla storia? Vedrete che alla fine nessuno oserà demolire il nostro tempio".
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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