Lunga intervista per Alessandro Bastoni nel podcast Supernova con Alessandro Cattelan. Tantissimi i temi trattati.
La scaramanzia.
"Io scaramantico? Nì, non ho grandi riti né pre né post".
L'importanza del percorso e la figura del calciatore.
"Io ho incontrato tante persone che mi hanno portato alla tranquillità che ho oggi in campo e fuori. Davanti a tutto metto il lavoro che ho dovuto fare per arrivarci. Quello che dico sempre io è che chi non è dentro questo mondo si fatica a capire il sacrificio del calciatore. Giochiamo talmente tanto che siamo via da famiglia, figli e moglie ed è la cosa che pesa un po' di più. Il discorso si riduce sempre all'idea che guadagni milioni, ma il tempo è impagabile. Veder crescere mia figlia attraverso i video che mi manda mia moglie non è il massimo, ma riconosco anche che non siamo gli unici a star via tanto tempo. La nostra settimana tipo è che sabato siamo in ritiro, domenica giochiamo, lunedì ci alleniamo, martedì andiamo in ritiro, mercoledì giochiamo, giovedì e venerdì giochiamo, sabato andiamo in ritiro e domenica giochiamo. Dormo a casa due-tre giorni a settimana e i giorni in cui ci alleniamo sono via fino alle 2/le 3 del pomeriggio perché ci alleniamo".
La finale col Bayern del 2010.
"Avevo 11 anni nel 2010. La stavamo guardando, perché papà mi ha trasmesso la passione per l'Inter. Ero a casa a gioire per quella finale".
Giocare nella squadra che ami da bambino.
"Io ho fatto 11 anni di Atalanta, a un certo punto l'Inter non mi era così simpatica perché la affrontavamo spesso. Però poi da grande, quando conta davvero rappresentare i colori che ami è il massimo a cui puoi ambire".
La prima a San Siro da spettatore.
"Ricordo la prima a San Siro, ho visto Inter-Roma che vinsero 1-0 i giallorossi. Mio fratello tifa per la Roma".
Gli inizi.
"Nasco calcisticamente in oratorio, sono sempre stato affiancato da mio fratello che ha quattro anni in più ma giocavo con loro perché ero avanti come livello. Ero timido, ho fatto il provino all'Atalanta e al cerchio iniziale sono scoppiato a piangere. Mi sono inventato che avevo mal di gola e sono rientrato negli spogliatoi. Facevo fatica a stare in un gruppo. In più non conoscevo nessuno a 7 anni, perché abitavo lontano. Andando avanti poi acquisisci sicurezza in te stesso e diventi più espansivo".
Il "nonnismo" in spogliatoio e la differenza col passato.
"Adesso in spogliatoio parlo. Non per forza perché penso ci sia un livello talmente alto che uno sa dove sbaglio. Magari posso dire qualcosa sull'atteggiamento, ma lo trovo anche abbastanza inutile, se devo dirti la verità. Nel nostro spogliatoio parla molto Lautaro, ogni tanto anche Barella. Ma non abbiamo il nonnismo che c'era una volta. Nei primi anni di carriera ho avuto anche spogliatoi così, ma sono cose fortunatamente passate. Non c'è più la dinamica di un tempo, che era anche imbarazzante. Io all'Atalanta ho avuto i vari Masiello, Stendardo, Zukanovic. Gente pesante. Ho fatto un tunnel in allenamento e sono dovuto andare via sennò smettevo. Se mi fai un tunnel sei bravo, non devo mica spaccarti una gamba. Se hai 15 anni e mi fai un tunnel, lo prendo e vado avanti ad allenarmi. Adesso c'è anche un po' più di cultura generale rispetto a prima. Adesso i ragazzini sanno già cos'è il calcio vero, è più facile andare in prima squadra o in nazionale. Prima dovevi essere più forte per arrivare in prima squadra. Sono cambiate completamente le dinamiche. Nel mio percorso all'Inter è successo che qualcuno attaccasse al muro un altro, ma è una cosa un po' antica".
Gli esordi e l'importanza di Conte.
"Chi mi ha fatto esordire è stato Gasperini, poi sono andato nel dimenticatoio. Ho giocato molto bene, avevamo vinto 1-0 contro una Sampdoria forte, ma poi sono stato lasciato là... Io avevo 17 anni e non potevo permettermi di dire 'ah'. Finché sei nella squadra in cui hai fatto tutto il vivaio ti vedono sempre come il ragazzino. Fare tutto il settore giovanile nell'Atalanta mi ha fatto crescere tanto, con Mino Favini che penso sia il Pippo Baudo dei responsabili del settore giovanile. Ma andar via quando devi fare il salto è quel che ti salva. Credo che per me sia stata la salvezza. Io ho fatto dall'Atalanta al Parma, il salto era all'indietro. Non avevo delle aspettative da mantenere, dovevo dimostrare il mio valore. Fortunatamente D'Aversa mi ha dato fiducia, ho fatto bene. Poi il vero Baudo è stato Conte perché io ho fatto le guerre per andare via considerando che avevo davanti Godin, Skriniar, De Vrij. Lui mi ha chiesto di restare e una volta che ho giocato non sono più uscito".
L'interpretazione del ruolo.
"A farlo così tanto penso di essere stato uno dei primi, grazie anche agli allenatori che ho avuto. Se vado io devono fermarsi altri, però. Quindi devi avere dei compagni che lo sanno. Lo faceva già Toloi all'Atalanta, ma con così tanto interscambio nei ruoli penso di essere uno dei primi. Le mie caratteristiche aiutano, a me piace avere la palla e quindi vado avanti. Poi devi avere la fortuna che allenatore e giocatori lo capiscano. In nazionale per esempio non lo posso fare, perché giochiamo in maniera diversa".
Il miglior giocatore in determinati aspetti.
"Senso della posizione: Chiellini. Anticipo: Cannavaro. Colpo di testa: Van Dijk. Lancio: stavo per dire io... Senso del gol: Sergio Ramos. Io di gol ne faccio pochi, mi dà più soddisfazione l'assist".
Le interviste ai calciatori.
"Le domande spesso non sono così diverse tra loro. Dall'altra parte il lessico dei calciatori non è così vario, per cui cerchi di non rischiare di dire cose sbagliate".
Gli anni della scuola.
"Finché riuscivo a combinare scuola e calcio mi piaceva, poi è diventato impossibile. Fino alla quarta superiore riuscivo a fare mattina a scuola e pomeriggio ad allenarmi. La quinta è stata complicata, perché ero in prima squadra ed era già un lavoro. Come in tante famiglia, mio papà mi diceva di allenarmi e giocare. Lui non è mai riuscito a fare lo step, è arrivato fino all'U21 e alla Cremonese in B. Mia madre invece era 'studia, studia'. E quindi ho portato avanti entrambe le cose. Mia mamma ancora oggi non riesce a vedere le partite, ha paura mi faccia male. Ogni tanto butta l'occhio. Mio padre invece mi guarda. Però è sempre stato molto nel suo, in disparte. Succede molto più nel dilettantismo di vedere giocatori che pensano di avere Messi come figlio. Nel professionismo se ne vedono molto meno. In generale poi io non sono uno che litiga, lascio passare".
Inzaghi.
"Inzaghi è come se fosse il 26esimo calciatore. Ci puoi parlare, chiaramente mantenendo le distanze allenatore-giocatore, ma come carattere e inserimento nel gruppo è uno di noi. E' stato calciatore e capisce le dinamiche di uno spogliatoio. Un aneddoto: quando Pavlidis era arrivato a 4 gol in una partita tremava perché ci teneva al record di 5... Se è scaramantico? Non si può dire, sennò accade come ai capelli di Sansone. Ma qualcosa abbiamo visto... (ride, ndr)".
Scegli tra due giocatori.
"Stam o Chiellini? Chiellini. Chiellini o De Vrij? Chiellini. Chiellini o Materazzi? Chiellini. Chiellini o Pujol? Chiellini. Chiellini o Barzagli? Chiellini. Chiellini o Bonucci? Chiellini. Chiellini o Cannavaro? Chiellini. Chiellini o Van Dijk? Van Dijk. Van Dijk o Bastoni? Van Dijk. Van Dijk o Ramos? Ramos. Ramos o Maldini? Ramos, l'ho vissuto di più. Ramos o Nesta? Ramos, ma ho sempre detto di essere innamorato di lui, ci sono cresciuto. Conta tanto".
Il fuorigioco semi-automatico.
"Il fuorigioco semi-automatico è l'unica cosa che non cambierei. Se arriva un centimetro prima di me, quel centimetro ha fatto la differenza, è fuorigioco e fine. Nel nostro sport, un centesimo di secondo cambia una partita. Un millimetro davanti a me, anche se non ne trai chissà che vantaggio...".
La preparazione alle gare.
"Adesso tatticamente le squadre sono molto preparate. C'è il video, c'è il match analyst. Sai contro chi giochi. Sai chi è mancino, destro, a che velocità va, che movimenti fa. Solitamente l'undici che poi va in campo fa l'Inter e gli altri fanno la squadra avversaria, tentano di fare la squadra avversaria. Non viene sempre benissimo perché capita di andare fuori giri. Ma in allenamento ci provi. Nelle sedute video vedi cosa hai fatto tu e cosa fanno gli avversari. Spesso facciamo sedute di 20-25' e alla fine arrivi più stanco. Ci metti la stessa attenzione in Inter-Empoli come in Inter-Juve, ma in Inter-Juve c'è un'attenzione involontaria istintiva. Ci sono anche giocatori che hanno analisti personali, ma io non porto a casa perché altrimenti diventa troppo".
Il lavoro coi preparatori.
"Come c'è il talento nel calciatore, c'è quello nel preparatore. Io ho avuto la fortuna di avere Pintus, che ora è al Real Madrid. Lui è un fenomeno, è il Messi dei preparatori. Come ci sono i livelli nei giocatori, ci sono nei dietro le quinte. Mi piace allenarmi, anche se poi lo facciamo poco. Non c'è più nemmeno il ritiro. Tempo di finire con la nazionale, vai in vacanza e torni dopo poco stacco. Il lavoro col gps? Noi non abbiamo un gps in casa, perché c'è un satellite che ci prende i movimenti a San Siro. In allenamento ce l'abbiamo ed è abbastanza scomodo. Ma ormai giochiamo talmente tanto che anche l'allenamento è più un recupero".
Gli amici nel calcio.
"Barella, Darmian e Dimarco. Ormai è anche tanto che giochiamo assieme. Con Barella da sei anni, con Dimarco ho cominciato a Parma e con Matteo anche ormai da 4-5 anni. E' difficile non essere amici con Barella, ha un'energia che non si scarica mai. Anche fuori dal campo. Lui non riesce a star fermo, ma è più un problema per gli altri che per noi in campo. Anche perché poi impari a conoscerti. Lui e Brozovic erano devastanti tra di loro".
Il trash talking nel calcio.
"Il trash talking c'è poco, anche perché è rischioso. Hai mille telecamere...".
La reazione alla sconfitta.
"Dopo la sconfitta un po' ti rimane l'amaro. Dipende anche da che sconfitta è e da come arriva. Io ho un po' la cultura da Nba, la perfezione non puoi raggiungerla, per cui dopo aver rimuginato un po' pensi alla prossima. Ma è molto individuale come viene presa la sconfitta. Quando gioco male preferisco essere lasciato stare. So perfettamente cosa posso far meglio per cui venire a dirmelo è un girare il coltello nella piaga. Anche i tecnici a volte vengono lì a dirtelo, ma rispondo che lo so e basta".
Altro gioco. Bastoni o...
"Bastoni o Izzo? Bastoni. Bastoni o Buongiorno? Bastoni. Bastoni o Calafiori? Bastoni. Bastoni o Maguire? Bastoni. Bastoni o Gvardiol? Bella, ma metto un uguale. Bastoni o Acerbi? Brutto gioco, ma siamo diversi. Passo. Bastoni o De Ligt? Bastoni. Bastoni o Kim? Ma è diverso, per le cose che facciamo in campo. Meglio il gioco di prima, comunque...".
Maguire diventato un meme.
"Una cosa del genere è pesante per lui. Quando vieni pagato un tot e hai la responsabilità di dimostrare... Poi a Manchester la situazione non è così facile, un po' capisco che sia molto difficile rendere".
Le critiche.
"Manca completamente il rispetto verso la nostra persona. Io posso sbagliare una partita, tu puoi sbagliare un'intervista, però non puoi insultarmi la famiglia o augurarmi la morte perché ho sbagliato un gol. I social hanno portato a questa cosa completamente malsana. Chi ha un carattere forte va avanti, altri possono avere difficoltà nella prestazione. Parlo al tifoso dell'Inter, se insulti un giocatore non stai facendo bene a lui, alla squadra e alla società. A me non interessa, li vado a leggere e mi dà fastidio, ma la domenica non gioco in maniera differente. Alcuni giocano col freno a mano tirato perché qualcuno ha scritto che fa schifo. Poi chi ti scrive una cosa del genere la trovi 5' dopo sotto casa che ti chiede la foto. Chiaramente anche se non vuoi ti arrivano le notizie e tutto, ma sta a te dare il peso giusto a chi non è mai stato in uno spogliatoio, non ha mai giocato o allenato. C'è una cattiveria, un'invidia che fa spavento".
Sanremo.
"A Sanremo tifavo Olly. E' andata bene. Dopofestival? Troppo tardi, ho la bambina... La domanda a Rose Villain sull'Inter? Si è salvata con 'tutte e due sono impossibili', la perdoniamo... Se a me cambierebbe tanto vincere la Champions? Be' sì...".
Il giocare contro un allenatore.
"Anche volendo non ce la fai a giocare contro l'allenatore. Magari non rendi al 100% perché non sei al 100% mentalmente. Avere anche un minimo di rapporto al di fuori cambia, come vivi la partita e gli allenamenti. Condividere qualcosa ti dà maggiore unione con gli altri. A livello umano è importante non volersi male".
La finale persa col City.
"Chiaramente era meglio vincerla, ma giocare una competizione così, affrontare così il City, ti ha fatto capire che puoi stare a quel livello. Come consapevolezza ti lascia qualcosa. La sera dopo per dormire prendi pastiglie, vai in coma farmacologico praticamente. Sennò vai alle 6, le 7 del mattino. Passa dopo un bel po', era anche l'ultima della stagione. Le vacanze ti servono perché stacchi, ma anche lì ci pensavo. E' una cosa che magari non giochi più in carriera. E' dura, non è una partita come le altre".
La nuova formula della Champions.
"La nuova formula all'inizio ti avrei detto no, invece mi piace. Tutte le partite sono importanti, ci sono squadroni fuori dalle prime otto. E' bello perché trovi squadre forti dall'inizio, come stimolo e bellezza della partita è più bello. Normale è che si vanno ad aggiungere ad un calendario intasato. Fisicamente non è devastante, ma mentalmente sì. La Nba gioca 100mila partite, ma finiscono a giugno e riprendono ad ottobre. Io avrò nazionale e Mondiale per club fino a metà luglio. A metà agosto devo ricominciare la stagione. Il Mondiale per club non è mai stato fatto per cui vediamo come andrà la prima. Farà molto caldo e arriva a fine stagione. Vedremo che importanza assumerà da qui a dieci anni. Meno male abbiamo fatto qualche ritiro a luglio in Cina o a Tokyo per cui siamo abituati".
Le reazioni del pubblico allo stadio.
"Allo stadio se vai bene e sbagli un passaggio senti il mormorio. Non oso immaginare quando vai male. Si torna al discorso che non stai facendo bene alla squadra, ma il tifoso ha diritto di fischiare".
Meglio l'Inter che vince la Champions o Olly all'Eurovision?
"Ma no, l'Inter. Sarebbe d'accordo anche lui...".
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