E' un Mario Balotelli a tutto tondo quello che si concede ai microfoni de L'Uomo Vogue, che gli dedica il servizio di copertina dell'ultimo numero in edicola da domani. Balo comincia parlando del suo rapporto a dir poco conflittuale coi tabloid britannici, che spesso e volentieri gli lanciano accuse e critiche fuori luogo: "Se compro una Fiat Uno, leggo che per un tipo come me era più adatta una Ferrari; se scelgo la Ferrari, scrivete che avrei dovuto stare con i piedi per terra e comprare la Uno. Se rido, non sono serio; se non rido, sono un musone ricco che nemmeno si diverte a fare il mestiere più bello del mondo. La stampa scandalistica inglese scrive di tutto ed esagera sempre, ma la cosa che mi dà fastidio è che in Italia le fesserie dei tabloid siano riprese e amplificate senza verifiche. Così molti connazionali prendono tutto per oro colato".

A Mario viene spesso rimproverato di non esultare mai dopo un gol. Lui si difende così: "Quando vedo festeggiare Inzaghi, non posso fare a meno di chiedermi perché a lui non viene fatto notare che gesticola come un matto". Al City va tutto bene ma in caso di addio Balotelli deciderebbe di tornare in patria. "Ho 21 anni e già da quasi due sono lontano da casa. Mi sono adattato abbastanza bene, nonostante differenze abissali. Ma non ho amici veri, qui. Se dovessi muovermi, ora come ora, sceglierei l'Italia. Giocando in Inghilterra parlo poco, ma se tornassi interverrei su diversi argomenti. Per esempio, quando ho saputo dell'agghiacciante doppio omicidio razzista di Firenze, ho provato anche io un grande dolore. Fossi stato ancora nel nostro paese avrei preso posizione pubblicamente. Avrei avuto voglia, in qualche modo, di dare una mano".

Italia dove purtroppo ha vissuto sulla sua pelle tanti beceri episodi di razzismo: "Non mi pare un tema necessariamente legato al tifo: conosco supporter sfegatati, eppure correttissimi, in Italia, e ancora di più in Inghilterra. Il razzismo nasce dall'ignoranza più bassa; è sui bambini che bisogna agire, e soprattutto a scuola - dice rivolgendosi all'intervistatore -. Non ridere, eh...  L'ho capito tardi che la scuola è essenziale; ringrazio i miei genitori che hanno insistito perché prendessi il diploma superiore". Infine, le sue scelte: "In quanto a feeling personale, scelgo prima Mancini e poi Mourinho. Josè è tra i migliori, ma un allenatore deve saper tirare fuori il 100% da un calciatore e Mancini lo sta facendo, almeno con me. La vittoria più bella è il primo scudetto, un brivido indimenticabile. Ovvio che anche la Champions mi abbia entusiasmato. Il triplete è stata una conquista ottenuta da un grande gruppo, a cui mi sento affettivamente legato".

Sezione: In Primo Piano / Data: Mar 10 gennaio 2012 alle 14:48
Autore: Christian Liotta
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