L’hanno pensato tutti: finalmente, una partita tranquilla. L’Inter scende in campo a San Siro, arrabbiata per i punti persi con il Sassuolo e per aver arrancato a Parma. Quattro punti che non raccontano il vero desiderio della squadra di Conte: ecco una prestazione completa, totale, sigillata da sei gol a un Brescia che nel giro di venti minuti scompare dal campo.
Perché l’Inter straripa e convince grazie ai suoi uomini dei prestiti: con un Sanchez extra lusso e un Moses supersonico, il gioco è facile e dà i suoi frutti. L’Inter segna sei gol in 90’ per la prima volta dal 2014, mantiene la porta inviolata e prova a stabilizzare la terza piazza, visto che oggi va in scena Atalanta-Napoli. In attesa di poter sferrare un assalto al secondo posto, qualora la Lazio dovesse cedere. Per l’Inter non c’è più spazio per gli errori.
IL MIGLIORE - Alexis Sanchez è l’uomo di copertina della goleada contro il Brescia. Un gol, due assist e una presenza continua sulla trequarti avversaria. Spalle alla porta si muove, propone linee di passaggio, fa sponde e azzanna lo spazio palla al piede.
La Maravilla si è tolta la ruggine di dosso e non poteva festeggiare meglio la sua permanenza a Milano (almeno) fino a inizio agosto. L’Inter con il cileno in campo ha sempre giocato un ottimo calcio e questo è un fattore che non sarà passato inosservato in quel di Appiano Gentile: provare a confermarlo anche per l’anno prossimo potrebbe essere uno degli obiettivi di Marotta e Ausilio, quando inizierà l’off-season. Sanchez ha fame e l’essere rimasto in campo fino alla fine è un ulteriore segnale della sua voglia di conquistare la fiducia di Conte e la possibilità di giocarsi qualcosa di importante a Milano. Sarà sufficiente?
LA FASCIA - L’altro volto che farà capolino negli incubi dei difensori del Brescia è Victor Moses: l’esterno scuola Chelsea ha creato scompiglio fino alla sostituzione con Candreva. Moses ha dimostrato di avere lo spunto nello stretto e la forza fisica per creare vantaggi nelle situazioni di 1vs1 e ieri a San Siro è salito in cattedra per una lezione ai pari ruolo avversari: corsa, sensibilità nel dribbling e la testa alta a cercare l’inserimento sul secondo palo. I suoi cross, morbidi e calibrati, possono essere un’ulteriore arma nella faretra di Conte, come ha scoperto Kjaer nel recupero del Derby (a febbraio scorso, ormai) o, ancora, la difesa del Parma domenica sera.
Quando Moses si accomoda in panchina, Candreva incomincia a sua volta a bombardare la porta del Brescia: prima con un destro che si stampa con la traversa, poi con un sinistro che piega le mani a Joronen, per l’ultima marcatura che regala una sfumatura tennistica al match. Se a tutto questo s’aggiunge la rete funambolica di Young, il quadro è completo: in attesa di Hakimi, le corsie esterne dell’Inter possono incidere nel gioco di Conte.
LA RABBIA - A fine primo tempo, un suono sordo s’è impadronito di San Siro: dopo un’occasione sprecata, Martinez ha sfogato la sua frustrazione colpendo con i tacchetti della suola il palo di una porta che sembrava stregata. Nel secondo tempo, un’altra sua giocata nello stretto (su assist di Borja) non è stata premiata, con il corpo del Toro che all’ultimo si sbilancia e consegna la palla al secondo anello.
La rabbia genuina, straboccante del numero 10 dell’Inter è forse il miglior segnale per l’ambiente Inter: anche in una giornata facile, Lautaro vuole essere protagonista, segnare e convincere. Per un calciatore che sembrava avere indosso la maglia di un’altra squadra, non è scontato. Anche perché le facce dei giocatori dell’Inter la dicono lunga: vincere partite come quella contro il Brescia è diventato il minimo sindacale, anche se in goleada. Al triplice fischio, le espressioni degli interisti non tradiscono un’emozione diversa dalla concentrazione. Fatti questi tre punti, ci sono altre nove giornate per provarci. L’obiettivo? Migliorare, costantemente. Perché magari lo Scudetto è sfuggito, ma l’Inter non vuole più avere rimpianti.
Autore: Marco Lo Prato / Twitter: @marcoloprato
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