Yuto Nagatomo ha parlato a Drive Inter su Inter Channel del stagione in corso e non solo. Ecco le sue parole in una lunga intervista a Nagaja Beccalossi:
Come guidi?
“Io guido bene, sono tranquillo. Sono disciplinato, i giapponesi sono così. Dopo 3 anni non conosco ancora le strade a Milano (ride ndr)”.
Che bambino eri?
“Ero matto, si vede no? (ride ndr). Facevo casino con amici. Famiglia? Ora vivo con mia sorella qui. Siamo io più due fratelli, il minore vive a Tokyo. A mia sorella piace molto qui, si mangia bene. E’ una bella città, con bella gente. Mi piace l’affetto delle persone. Non esco tanto, devo riposare per la partita”
Quanto riposi?
“E’ fondamentale per correre e giocare bene”
Quando hai iniziato?
“A 7 anni, a scuola, con amici. Quando ho capito che poteva essere il mio lavoro? Da subito, era il mio sogno fin da piccolo”.
Seguivi il calcio europeo?
“No, da piccolo solo quello giapponese. Lì è più famoso il baseball, ora sta crescendo il movimento”.
Sognavi di giocare in Europa?
“Sì, poi vedevo la Serie A anche. Guardavo le gare di Inter, Juve e Milan”.
Sulla scuola?
“Non ero bravissimo. Mi piaceva la lezione di sport, lì ero bravo. Dopo che finivo giocavo a calcio e facevo nuoto. Per 3-4 anni ho nuotato, ma non era una passione. Utile per la resistenza? Forse ha aiutato”.
In ritiro correvi più degli altri.
“Nessuno correva insieme a me, mi dicevano di stare tranquillo. Avevano paura. Chi mi teneva testa? Andreolli e Juan, ma Marco di più. Lui corre, ma io di più”.
Cosa hai pensato quando sei venuto in Italia?
“Ero molto contento perché la Serie A è famosa in tutto il mondo, non solo in Giappone. Anche l’Inter poi è una grandissima squadra, sono contentissimo. Spaventato dal cambio? Ero emozionato a Cesena, poi però è arrivata l’Inter. Nel 2010 hanno vinto tutto, lo vedevo da Cesena, era un’Inter troppo forte con Mourinho”.
E l'Università?
“La ho fatta a Tokyo in economia. Sono attento ai soldi, serve stare attenti e non fare casini”.
Cambio da Tokyo a Cesena?
“Per me è stato come stare a casa mia, campagna e mare. Mi sentivo bene, mi piaceva tanto. La prima cosa che mi hanno insegnato? Non si può dire (ride ndr), forse la frase ‘andiamo a mangiare’. Lì si mangia bene, mi piaceva tutto: risotto, pasta, pizza e pesce. Coi compagni facevo fatica a comunicare all’inizio, il mister mi spiegava e non capivo nulla. Mi diceva di andare destra e andavo dall’altra parte”.
Hai studiato da subito l’italiano?
“Dopo sei mesi inizi a capire e parlare, per comunicare coi compagni. C’era un bel gruppo a Cesena, poi allo stadio intonavano il mio nome”.
L’arrivo all’Inter?
“Non ci credevo, è normale. Sono partito subito, mi stavo allenando, poi il procuratore ha detto di venire a Milano subito. Sono andato in macchina lì, pensavo a tante cose nelle 3 ore di viaggio. Era un sogno”.
Quanta responsabilità di essere il primo giapponese all’Inter?
“C’è tanta responsabilità, sono onorato. Lo stesso vale per aver indossato la fascia di capitano, una grande responsabilità. Ringrazio tutti, anche se i compagni mi hanno preso in giro”.
Con Zanetti come ti trovi?
“Siamo andati subito d’accordo, la prima volta che sono entrato nello spogliatoio mi hanno fatto l’inchino. Da lì ho avuto un buon rapporto con tutti. Mi piace scherzare, soprattutto con Cassano. Ho imparato tante cose da lui, era il mio maestro (ride ndr)”.
Cassano merita il Mondiale?
“Sì, gli vorrei giocare contro. E’ fortissimo, anche come persona”.
Zaccheroni è bravo?
“Molto, sta facendo bene. Lui non ha imparato il giapponese, ma il paesi gli piace molto. Stiamo crescendo tanto, ci ha aiutato”.
Mazzarri ti ha aiutato?
“Sì anche lui, ho fatto 5 gol e 4 assist. Mi immaginavo di poter far bene. E’ importante l’allenatore, il mister mi ha dato fiducia e coraggio mentre gioco. In tanti sono cambiati, anche Johnny. Contro il Verona ha giocato benissimo. Per noi è importante giocare e avere la fiducia, senza sentire pressioni. Cresci di personalità e anche come tattica”.
Dove potete arrivare?
“Credo che bisogna credere al terzo posto, anche se è difficile”.
Consiglio per i giovani?
"Crederci sempre. Ai bambini direi che serve avere un sogno e crederci”.
Pronto per l’allenamento?
“Normale, sempre. Prima della seduta corro, esco da solo e faccio 30 minuti con la palla, è importante. Anche dopo l’allenamento rimango in campo a fare qualcosa”.
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