Il numero uno, semplicemente. Il 25 luglio 1997 approda a Milano uno dei giocatori più forti della storia del calcio mondiale, sicuramente l''extratterrestre' che ha fatto innamorare qualsiasi interista e l'Italia calcistica intera. Perché sì, ognuno di noi non poteva fare altro se non ammirare un giocatore del genere, la perfezione racchiusa in un solo uomo: potenza, tecnica, velocità, esplosività. Il suo nome è diventato, nel corso del tempo, una 'ritornello', una sorta di 'frase sacra' paragonabile alla leggendaria 'Sarti, Burgnich, Facchetti...'. Luís Nazário de Lima, per tanti Ronaldo, per tutti Il Fenomeno.
FcInterNews.it ha intervistato in esclusiva Giovanni Branchini, uno dei più riconosciuti e apprezzati agenti internazionali che curò in prima persona il passaggio del fuoriclasse brasiliano dal Barcellona all'Inter, durante l'estate del 1997, in veste di suo agente per il mercato europeo. Tutti i retroscena dell'affare, tutti gli aneddoti, gli ostacoli che hanno portato Ronie a dire addio a un club prestigioso come il Barcellona per 'sposare' il progetto di Massimo Moratti ("Il giocatore aveva sempre ritenuto l'Inter il club più pulito, il più serio"), passando poi per la 'notte folle' dell'addio ai colori nerazzurri, per volare in Spagna, per giocare col Madrid dei Galacticos, senza far mancare una frase clamorosa, che forse nessuno ha mai avuto modo di apprendere prima d'ora, pronunciata dallo stesso Fenomeno durante quelle ore.
Sig. Branchini. Ronaldo arrivò all'Inter, ma inizialmente la trattativa per continuare il rapporto con il Barcellona sembrò vicina ad una positiva conclusione. Può spiegarci questo passaggio?
"L'anno che Ronaldo passò a Barcellona fu semplicemente stratosferico e questo ci rese forti a livello contrattuale. La società blaugrana era conscia del fatto che il giocatore potesse andar via in ogni momento, per via del contratto che era stato siglato, quindi iniziamo le negoziazioni per il nuovo accordo. Il Barça voleva blindare il giocatore togliendo la famosa clausola di rescissione e la trattativa andò avanti per molti mesi perché l'accordo non era improntato soltanto sull'aspetto economico, per migliorare le condizioni economiche stesse, ma la nostra intenzione era quella di arrivare ad un contratto a 'prova di bomba', con una corretta impostazione dello stesso che ci permetteva di arrivare ad un accordo non discutibile. Andammo avanti per più di 5 mesi a trattare, con alti e bassi, in quanto in alcuni momenti l'accordo sembrava imminente mentre in altri appariva praticamente impossibile".
A quel punto cosa accadde?
"Arrivai al punto che valutai altre situazioni, considerando altre soluzioni possibili, gradite al giocatore. L'epilogo arrivò verso fine stagione, la rottura con il Barcellona avvenne nella notte precedente la finale di Champions League che si giocò a Monaco di Baviera tra Juventus e Borussia Dortmund, la situazione era già in stato avanzato. Il giorno della definizione del contratto con i catalani arrivò, ci fu la tretta di mano e, siccome fuori dagli uffici dell'allora Presidente Nunez c'erano un qualche centinaio di televisioni e giornalisti, il Barça decise di fare una mini-conferenza stampa, per poi passare in un secondo momento alla stesura del nuovo contratto".
Cosa venne comunicato in quella conferenza stampa?
"Mi ricordo perfettamente che il Barcellona diede l'annuncio, il giocatore non c'era perché era in Nazionale, mentre noi, in veste di agenti, eravamo presenti. Intervistato per commentare l'esito di questa trattativa, il sottoscritto dichiarò che l'accordo era stato raggiunto verbalmente, sperando di non vederlo incorrere in qualche problema nella fase di trascrizione su 'carta'. Come per incanto, verso le 17.30, tornammo negli uffici del Presidente e ci accorgemmo che alcuni aspetti che noi davamo per assodati furono letteralmente dimenticati dalla società, come se non fossero mai stati discussi e concordati".
Fu questo il momento in cui entrò in scena l'Inter?
"Ci fu una vera e propria esplosione. Dagli uffici dell'impresa edile di Nunez io chiamai un paio di società, tra le quali l'Inter con cui avevo avuto un approccio per predisporre la base di un eventuale accordo futuro, per informare che la trattativa con il Barcellona si era interrotta".
Il Barça, fino a quel momento, era comunque la vostra prima scelta?
"Esattamente. Tutti erano consapevoli che, in assenza delle problematiche che incontrammo, il giocatore sarebbe rimasto al 'Camp Nou', quindi la priorità, almeno inizialmente, era per il Barcellona".
Quando parlò con Massimo Moratti?
"Proprio in quei giorni. Ancor prima che tutto saltò con gli spagnoli avvisai io personalmente il Presidente per informarlo che la trattativa con gli spagnoli era andata a buon fine, comunicandogli il mio dispiacere. Questo accade un'ora prima della conferenza stampa di cui sopra. Dopo ci fu la conferenza stampa, saltò tutto e alla sera alle 22 uscimmo dagli uffici del Barcellona per non rientrarci mai più, la trattativa saltò definitivamente perché risultò impossibile trovare un accordo in buona fede. A quel punto richiamai Moratti per aggiornarlo della situazione, gli dissi che ci saremmo sentiti nei giorni seguenti, la cosa certa era che Ronaldo non avrebbe più vestito la maglia del Barcellona".
Quali erano le squadre interessate a Ronaldo, oltre all'Inter?
"Anche a distanza di tanti anni preferisco non rispondere a questa domanda. Sono aspetti basati sulla fiducia e sul rispetto delle persone".
La priorità del giocatore qual era?
"Le squadre interessate a Ronaldo erano parecchie. Devo dire che il giocatore, sulla base di quanto gli avevamo illustrato, mise sin da subito la società nerazzurro in cima alla lista, di fronte a varie ipotesi che avevamo sul piatto. Ma lui volle l'Inter".
Il motivo di questa scelta da parte del brasiliano?
"A suo tempo conobbe personalmente Massimo Moratti a Milano e sapeva della correttezza della società. C'era un'aurea positiva intorno all'Inter che, purtroppo, nel corso del tempo è andata perduta in modo irreparabile. L'Inter a quei tempi era unica e quindi fu per noi facile trovare l'accordo, facendo dei semplicissimi contratti in cui tutte le cifre erano dichiarate, tutto era tassato, in cui nessuno cercava di imbrogliare l'erario o di mettere qualcuno in imbarazzo. Ecco, questo è stato essenzialmente il motivo".
Fece un passo indietro venendo a Milano rispetto al Barcellona?
"Direi il falso dichiarando che l'Inter aveva in quel momento maggiore appeal rispetto al Barça. Ronaldo, però, era il più forte del mondo, era in cima al mondo, il migliore di tutti con tutta la carriera davanti, aveva una vasta scelta e optò per il club che riteneva il più pulito, quello più serio. Il rapporto con il mondo nerazzurro rimane buono ancora oggi".
Ma cosa accadde dopo? Cosa fece degenerare il rapporto?
"La vita è strana, il rapporto fu eccezionale, ma ad un certo punto qualcosa si ruppe. La società scelse, al posto suo, l’allora tecnico Hector Cuper e, forse, gli argentini. Da quel momento il rapporto non fu più lo stesso ma nel tempo è rimasto ugualmente grande affetto e attaccamento alla famiglia Moratti e all'Inter stessa".
I tifosi, però, non dimenticano il passaggio al Milan dopo l'esperienza al Real Madrid.
"Il passaggio in rossonero non vuol dire nulla, Ronaldo è legato all'Inter. Il suo percorso è stato quello di un professionista, lui ha Milano e il club nerazzuro nel cuore, Moratti in primis".
Clausola di rescissione, è stato l'aspetto determinante dell'affare?
"Ovviamente, infatti l'Inter pagò la cifra che c'era sul contratto".
A quanto corrispondeva la cifra?
"Mi dispiace ma, essendo passato tanto tempo, non ricordo la cifra esatta. Quello che posso dire è che Moratti, vendendolo al Madrid, fece una grande plusvalenza".
Quando Moratti e Ronaldo ebbero modo di vedersi e conoscersi per la prima volta?
"Ai tempi del PSV Eindhoven. Ronaldo passò due giorni a Milano, io ho sempre avuto buoni rapporti con il Presidente anche da prima che acquistasse la società, quindi passammò per una visita di cortesia. In ogni caso, prima del Barcellona, non ci fu mai l'occasione per portarlo all'Inter".
Ronaldo e l'addio all'Inter nell'estate del 2002. Lei può dirci qualcosa che non si è mai saputo nel corso degli anni successivi?
"In quel momento non ero più direttamente coinvolto con Ronaldo, ma alcuni aspetti venni a saperli comunque".
Ci può spiegare?
"Ad un certo punto dell'interminabile trattativa tra Inter e Real Madrid Ronaldo stesso disse al dottor Ghelfi - ministro delle finanze nerazzurre, ndr - 'Dottore, mettiamoci io e lei al tavolo, accordiamoci per due cifre, sigliamo il contratto e rimango all'Inter'. Questo è l'episodio più significativo e divertente che ricordo di quella notte".
Ronaldo, quindi, era stanco di quel tam-tam mediatico e di quella trattativa infinita.
"Sì sì, esattamente. Fu una trattativa andata avanti ad oltranza".
Come andò esattamente?
"Fu il giocatore a chiedere la cessione per via del deterioramento del rapporto con l'ambiente. Ci furono delle incomprensioni e quindi scelse così".
Il vero problema fu con l'allora tecnico Hector Cuper?
"Esattamente, alcune prese di posizione non furono gradite da Ronaldo, non c'era sintonia con l'allenatore. L'Inter non c'entrava nulla. Il giocatore stesso e i miei colleghi brasiliani che in quel momento lo gestivano avevano assunto una posizione propensa all'addio. Io personalmente mi ero allontanato dal giocatore, ma in quel momento alcune cose non le accettai e ritenni giusto allontanarmi dal 'coro di approvazione'".
La trattativa con il Barça era vista, inizialmente, come una cosa impossibile da raggiungere? Considerando che si andava a prendere il giocatore più forte del mondo.
"No perché la trattativa é stata portata avanti in maniera totalmente segreta, al contrario di oggi che il mondo mediatico è padrone. All'epoca noi facemmo tutto anche grazie all'intervento del dottor Tronchetti Provera. Devo dire che fu una trattativa estremamente facile, sin dall'inizio".
Nike e Pirelli che ruolo ebbero in tutto questo?
"Per quanto riguarda Nike, nessuno. Pirelli, invece, era socia del club e quindi, indirettamente, grazie alla collaborazione tra Moratti e Tronchetti Provera, ebbe anch'essa un ruolo".
L'approdo di Ronaldo fu il motivo per cui la società decise di cambiare sponsor tecnico?
"Grazie alla vicenda Ronaldo l'Inter passò da Umbro a Nike, ma non è che Nike determinò qualcosa nell'ambito del trasferimento del giocatore. Diciamo che è una cosa che portò in dote Ronaldo. Ancora oggi l'Inter sta beneficiando della partnership con Nike".
Si sente di smentire che l'impiego di Ronaldo nella finale Mondiale '98, nonostante le non perfette condizioni fisiche del giocatore, fu 'spinto' dall'azienda americana?
"Il ruolo di Nike è sempre stato quello di decidere quali campagne pubblicitarie portare avanti e quali foto scegliere. Per quanto riguarda il match con la Francia, dico che è una totale 'bufala', tutte cose ridicole frutto di un giornalismo che diceva qualsiasi cosa".
Tornando al suo arrivo in nerazzurro, chi fu la prima persona che informò Ronaldo stesso della possibilità Inter?
"Avevamo molto confronti, quando chiamammo Ronaldo nella famosa notte dell'addio alla Catalogna lo informammo della nuova soluzione,ma non ricordo chi fu la primissima persona che lo informò personalmente".
Può svelarci qualche dettaglio in più circa la 'rottura' con il Barcellona?
"Ricordo che - per usare una metafora - arrivai quasi a strozzare il loro avvocato. Il Barcellona non voleva avere un rapporto univoco con il giocatore ma, al contrario, preferiva che i compensi di Ronaldo fossero riconosciuti da tanti partner esterni per avere una sorta di contratti di immagine più o meno simulati, mentre noi non volevamo assolutamente una cosa di questo genere. Volevano un accordo diretto senza aspetti lacunosi. Volevamo coinvolgere addirittura, alcune televisioni e fu un peccato per un club che è sempre stato e rimane stupendo. Il problema non era economico, il valore del giocatore era noto ed era semplice fare uno stima. Degenerò tutto per colpa della prepotenza del club catalano".
Il problema, per dirla in sintesi, furono i tanto famosi diritti d'immagine?
"Essenzialmente sì. La nostra intenzione era che lo stipendio del giocatore fosse interamente a carico del club, con un contratto chiaro, senza nessun aspetto lacunoso, come ho detto prima. In Italia, con l'Inter, questo non accadde e non ci furono problemi".
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