Normalmente, la sosta per gli impegni delle nazionali è un periodo di stanca, quasi di noia mortale: 15 giorni o giù di lì un po’ così, quasi monotoni. E invece, questa settimana che va a concludersi, malgrado l’assenza del massimo campionato, è stata un po’ atipica. Nel senso che di spunti ne ha saputi regalare, eccome. In campo, specie con l’amichevole contro il Chiasso, e anche fuori. E ripensando a tutto questo, mi viene in mente come tante sentenze virtuali siano state emesse senza magari usare la dovuta cautela, e come tanti giudizi siano stati forse un po’ troppo affrettati. Insomma, certe volte si fa presto.

Si fa presto, ad esempio, a dire che Diego Milito ormai non c’è più. Certo, i troppi infortuni, la poca incisività sotto porta, i troppi errori anche grossolani commessi in momenti cruciali, insomma quel Principe che ci ha portato in alto in tempi ben noti ormai è solo un ricordo sbiadito. Eppure, Diego non si arrende, per fortuna: non solo per il gol contro il Lille, ma anche per quanto ha fatto vedere due giorni fa contro la formazione ticinese, anche se si è trattato solo di un’amichevole. Il paragone con l’anno del Triplete pesa su di lui come un macigno, ma finché si vede un Milito così voglioso, combattivo, carico, allora si può essere più che soddisfatti.

Si fa presto a dire che i giocatori arrivati quest’anno non sono all’altezza di una squadra come l’Inter. Certo, gli erroracci di Castaignos, anche in amichevole; i chiari di luna calcisticamente parlando offerti da Alvarez, le poche presenze di Jonathan e lo scarso impatto di Forlan danno da pensare, presi per come sono. Ma non dimentichiamo che l’olandese è giovane e sta facendo i conti con l’impatto in una lega forse diversa a livello tecnico rispetto alla Eredivisie; che Ricky è cresciuto parecchio nelle ultime partite e se con l’Argentina non ha brillato, certo finché non ha lasciato il campo per Lavezzi l’Argentina non è che avesse fatto faville; che il robusto esterno brasiliano va affrancato dall’etichetta di erede di Maicon perché nessuno è paragonabile al Colosso quando è in forma, e che per quel poco che è stato chiamato in causa il suo ha provato a farlo. E soprattutto che Forlan finché non è stato messo fuorigioco dall’infortunio è stato impiegato quasi sempre fuori ruolo e che quando ha giocato con Ranieri ha mostrato segnali di progresso; e adesso, il Cacha scalpita per ritrovare un posto da titolare.

Si fa presto magari anche a rimpiangere le partenze di giocatori che erano nostri e ora non lo sono più vedendo quanto di buono stanno combinando ultimamente, Mario Balotelli e Mattia Destro tanto per fare due nomi. Certo, forse si poteva usare un po’ più di cautela prima di operare cessioni definitive, specie con Destro, avvenuta forse un po’ a cuor leggero. Ma chi lo dice che il buon Mattia, che nelle giovanili nerazzurre ha fatto gol a grappoli, avrebbe superato subito l’impatto coi grandi? E che al primo errore non sarebbe stato messo subito all’indice? Destro adesso è nell’ambiente ideale per lui, con un tecnico che ne ha saputo massimizzare le qualità, e con tutto l’affetto io gli auguro davvero di ritornare all’Inter da campione affermato. Ma deve dare continuità a questi primi segnali, e a Siena lo può fare perché in un ambiente che concede poca pressione. Tanti, poi, io per primo, ebbero delle riserve quando si venne a sapere che il giovane Acquafresca sarebbe passato al Genoa nell’affare legato a Milito. I fatti sono davanti a tutti… In quanto a Balotelli, una sola domanda: come si pensava di ricucire una frattura con l’ambiente che aveva assunto le dimensioni di un canyon?

Si fa presto, tanto presto, ad emettere comunicati scaricabarile di fronte a certe sentenze inattese, distaccandosi da un ex addetto ai lavori in maniera tanto repentina quanto inopportuna, come a voler dare un colpo di spugna su dodici anni di gestione. Adesso affermano di voler andare avanti nella loro battaglia per la parità di trattamento; auguri, dopo quanto accaduto il rischio è che sia più facile pensare di scalare l’Everest nudi…

Infine, un piccolo pensiero: si fa presto a non dire gatto se non ce l’hai nel sacco anche in inglese, ma non è mai troppo tardi per dirti ti voglio bene, caro Trap!
 

Sezione: Editoriale / Data: Dom 13 novembre 2011 alle 00:01
Autore: Christian Liotta
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