C'è stato un tempo in cui l'acquisto di Lautaro Martinez veniva messo in discussione. "Non sarà stato pagato troppo?", ci si chiedeva. "Diventerà mai uno da Inter?". I primi mesi di questa stagione hanno decisamente fugato qualsiasi tipo di dubbio, tanto tecnici quanto caratteriali. E, per la verità, già l'anno passato il talento dell'argentino era emerso con puntualità, quasi ogni volta che veniva chiamato in causa. Non ci voleva l'occhio dell'esperto migliore al mondo per capire di che pasta fosse fatto l'ex Racing. Ma si sa: quando si parla di Inter, la prima regola è insinuare il dubbio. Oggi, però, nessuno può evitare di sottolineare la 'pesca miracolosa' dei nerazzurri, che – su suggerimento provvidenziale di Diego Milito – nel gennaio 2018 sorpassarono la folta concorrenza e chiusero l'affare.

Ma la polemica resta viva, semplicemente si sposta il mirino. Ora è la volta di Luciano Spalletti, chiamato in causa dai detrattori di professione per il fatto di 'vederlo' poco. Discorso assurdo, che non tiene conto del fisiologico svezzamento verso un calcio del tutto nuovo e di tantissime altre variabili. Al contrario, se oggi Lautaro scala rapidamente le classifiche dei migliori bomber mondiali lo deve anche al lavoro del tecnico di Certaldo. Con buona pace di chi parla e sparla senza capirci un granché.

E allora non resta che l'ultimo appiglio, quello del "rischio scippo" da parte delle big di mezza Europa. Il Barcellona più di tutte, ma non solo: un giorno sì e l'altro pure, ascoltiamo narrazioni colme di timore per l'addio di Lautaro, sul cui contratto pende una clausola rescissoria di 111 milioni. Un gioco al massacro già sperimentato dai tifosi interisti negli ultimi anni con Milan Skriniar, e altri prima di lui. Una costante sensazione di incertezza instillata con modalità che rasentano il sadismo. Andrà via? Rimarrà? Lascerà l'Inter proprio ora che si è consacrato? Oddio! Paura! Beppe Marotta è stato piuttosto chiaro: "Devo dire che la posizione contrattuale non è compromettente, in primis perché è un bravissimo ragazzo, riconoscente all'Inter e non è in disagio. Poi perché anche questa proprietà ha dalla sua un obiettivo che è quello di crescere, e nella crescita non bisogna necessariamente rinunciare ai propri asset. Il mercato è imprevedibile, c'è sempre la volontà dei calciatori di scegliere il loro destino. Ma non parliamo adesso di trasferimenti o rinnovi, perché lui sa che stima abbiamo nei suoi confronti. È come se giocassimo tutti in casa, non c'è motivo di pensare a contrasti nel negoziare il contratto".

Poi è chiaro, c'è il solito discorso trito e ritrito: nessuno è incedibile. Non lo è Lautaro, non lo è Skriniar, non lo è Dybala, non lo è Immobile, non lo è Koulibaly, non lo è Pellegrini. Nessuno. Ma se qualcuno va, un altro arriva. La storia recente dell'Inter parla in modo limpido in tal senso, basti ricordare l'addio di Ibrahimovic o quello più recente di Icardi. Al di sopra di tutto c'è la società, con la sua strategia: sta lì il segreto del successo, non il singolo giocatore. L'attenzione va data alla Roma, al Barcellona, alla Fiorentina e poi al Genoa: le ultime, importantissime partite prima della sosta invernale. Tutto il resto sono inutili discorsi. Come quelli su Lautaro.

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Sezione: Editoriale / Data: Mar 03 dicembre 2019 alle 00:00
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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